Niger, Mohamed Bazoum vince le elezioni presidenziali
Al secondo turno delle elezioni presidenziali, con il 55% dei consensi, il leader del Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo (PNDS) Mohamed Bazoum ha vinto il ballottaggio contro il candidato di opposizione Mahamane Ousmane, Segretario Generale del Rinnovamento Democratico e Repubblicano (RDR) e Capo dello Stato tra il 1993 ed il 1996.
L’elezione del nuovo Presidente nigerino, ex Ministro dell’Interno, fedelissimo dell’ex Presidente Mahamadou Issoufou ed esponente di spicco dell’establishment di potere che governa il Paese dal 2011,. ha infiammato le vie della capitale Niamey, attraversata dalle proteste popolari che lamentano brogli ed irregolarità.
Durante la campagna elettorale si sono registrati episodi di violenza ed intimidazione verso i votanti e le figure di opposizione. A riguardo, risulta indicativa l’esclusione dalla corsa alla presidenza del più accreditato rappresentante dell’opposizione, Hama Amadou, a causa dell’accusa (non ancora confermata) di traffico di minori. Le manifestazioni seguite alla dichiarazione della vittoria di Bazoum testimoniano non solo l’insoddisfazione verso la poco trasparente condotta delle elezioni e i dubbi sull’effettivo risultato, ma anche un desiderio di cambiamento rispetto ad un governo che fondamentalmente incarna la continuità con la precedente amministrazione, segnata da autoritarismo, corruzione e nepotismo.
L’elezione di Bazoum rappresenta un elemento di continuità rispetto all’ultimo decennio e costituisce un segnale positivo per i partner occidentali del Niger, impegnati con Niamey nelle politiche di contrasto al traffico di esseri umani ed al terrorismo jihadista.
Proprio per queste ragioni, occorrerà monitorare con attenzione lo sviluppo delle proteste post-elettorali in Niger e verificare la solidità dell’amministrazione Bazoum. In un momento estremamente critico per il Paese e per tutto il Sahel a causa delle vulnerabilità economiche, sanitarie e securitarie, la spinta popolar e al cambiamento e alla riforma potrebbe assumere forme violente o di mobilitazione di massa, provocando esiti imprevedibili. In questo senso, Niamey guarda con preoccupazione agli umori della piazza, temendo di condivedere lo stesso fato toccato, nell’ordine, al sistema di potere di Bouteflika in Algeria (destituito nel 2019 nel contesto delle proteste del movimento Hirak) e di Keita in Mali (esautorato da un golpe militare nel 2020).