Il Parlamento Europeo non riconosce la validità delle elezioni in Bielorussia
Lo scorso 17 settembre il Parlamento Europeo, tramite una risoluzione non vincolante approvata con 574 sì, 37 no e 82 astensioni ha dichiarato di non riconoscere i risultati delle elezioni presidenziali bielorusse del 9 agosto scorso e, di conseguenza, di non considerare il Presidente Lukashenko quale legittimo Capo di Stato del Paese. Le ragioni di tale decisione risiedono nella convinzione europea dei brogli e delle irregolarità che hanno caratterizzato le consultazioni a Minsk. Inoltre, nel documento si invocano anche sanzioni individuali ai maggiori responsabili dei brogli elettorali e delle violenze ai danni dei manifestati anti-governativi e degli oppositori, tagli agli investimenti per lo sviluppo da parte della Banca Europea per la Ricostruzione e aumento di fondi per la società civile bielorussa. Si tratta della prima presa di posizione forte di Bruxelles nei confronti del regime di Lukashenko e delle proteste di piazza che hanno infiammato Minsk all’indomani delle elezioni-farsa.
L’alto valore simbolico e politico della presa di posizione dell’UE nei confronti di Lukashenko potrebbe costituire una svolta decisiva a favore dei manifestanti, finalmente forti dell’appoggio internazionale.
La reazione di Lukashenko si è concretizzata con l’immediata chiusura dei confini con Paesi baltici, Polonia e Ucraina, nonché con l’ormai tristemente consueta ondata di arresti dei manifestanti. Consapevole dell’appoggio della Russia, interessata a disinnescare la crisi per mantenere Minsk nella propria orbita ed evitare rischi di contagio, Il Presidente bielorusso sembra poco incline a compromessi con le opposizioni.
Con l’ingresso dell’UE nella crisi bielorussa, il rischio di ulteriore polarizzazione del conflitto cresce di giorno in giorno. Qualora Lukashenko non riuscisse a ristabilire l’ordine nel Paese, non sarebbe da escludere un intervento russo. In quel caso, l’internazionalizzazione della crisi a Misk sarebbe definitiva.