Siria, attesa riunione del Consiglio sicurezza Cameron: «No attacco senza ok da Onu»
Dopo il nulla di fatto di mercoledì, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu tornano a vedersi sulla Siria in serata. La prima riunione con gli stessi partecipanti era finita con Russia e Cina che avevano abbandonato l’incontro perchè contrari ad esaminare la bozza di risoluzione presentata da Londra che invece chiedeva di adottare «le misure necessaria per proteggere i civili siriani», ricorrendo anche all’uso della forza. Il nuovo incontro sembra essere positivo per il raggiungimento di un accordo e vedrà un confronto tra Russia, Usa, Cina, Regno Unito e Francia. Proprio Mosca ha spinto per una nuova riunione urgente.
GRAN BRETAGNA -La Gran Bretagna, in prima fila nella preparazione di un attacco alla Siria, per il momento rallenta il passo. Un’azione militare sarebbe «impensabile» in caso di «vasta opposizione» al consiglio di sicurezza dell’Onu, ha detto il premier britannico David Cameron, sottolineando tuttavia che l’approvazione dell’Onu non costituisce l’unica base legale per un intervento.
ONU - Da parte sua l’Onu sta ritirando i suoi ambasciatori. Sabato dovrebbero tornare tutti e da quel momento ci potrebbe essere campo libero per un attacco armato. Il portavoce del’Onu Farhan Haq ha comunicato che il segretario generale dell’Onu Ban Ki moon si aspetta di ricevere un briefing dagli ispettori non appena avranno lasciato la Siria. Per un rapporto completo, i campioni raccolti nelle ispezioni sulle armi chimiche dovranno essere analizzati da vari laboratori in Europa, ma probabilmente i risultati arriveranno già sabato
MEDIORIENTE - La Siria nel frattempo si prepara «Ci difenderemo contro qualsiasi aggressione», ha avvertito il presidente Bashar Assad che ha aggiunto, «Vinceremo e ne usciremo più forti». La situazione rischia di capitolare anche per i paesi confinanti: «Un’azione militare internazionale contro la Siria costituirebbe una grave minaccia» per la sicurezza e la stabilità della regione e soprattutto del Libano», ha detto il ministro degli Esteri libanese, Adnan Mansour, in un’intervista ad Associated Press, aggiungendo che eventuali attacchi punitivi contro la Siria senza un mandato delle Nazioni unite saranno considerati «una diretta aggressione» contro Damasco. Un intervento militare contro la Siria, ha avvertito Mansour, inasprirebbe le tensioni in Libano e aumenterebbe in misura drammatica il numero di rifugiati siriani nel Paese dei cedri. Il Libano, che ha una popolazione di 4,5 milioni di abitanti, ospita attualmente quasi un milione di profughi siriani.
VOTO ALLA CAMERA DEI COMUNI - L’opinione pubblica statunitense e britannica è decisamente allarmata. Molti sono contrari, si ha paura di un ingresso in guerra pari a quello avvenuto ai tempi dell’Iraq. Anche se Cameron ha cercato di calmare le acque. Nel frattempo si attende il voto, previsto per la serata, alla Camera dei Comuni sulla mozione presentata dal governo per un intervento in risposta all’uso di armi chimiche in Siria. «Qualunque cosa faremo dovrà essere legale, proporzionata e finalizzata nel prevenire ulteriori attacchi con armi chimiche», ha detto ancora il premier britannico. «Non dimentichiamo i bambini, Assad è il responsabile - ha spiegato il premier durante la discussione alla Camera - Il governo siriano ha già utilizzato armi chimiche in quantità inferiore almeno 14 volte in passato, mentre questa volta si è trattato di un attacco più massiccio».
DIPLOMAZIA USA - L’America per ora, sul piano strettamente diplomatico, rimane a guardare, ancora indecisa su un intervento diretto o meno. Nelle ultime ore però appare sempre più chiaro che le prove sull’utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Assad sono state fornite agli Stati Uniti dall’intelligence israeliana. Lo sostiene il Centro studi internazionale (Cesi), segnalando che «si tratterebbe di alcune registrazioni audio in cui si possono ascoltare ufficiali siriani che danno l’ordine di sparare gli agenti chimici su determinati quartieri di Damasco». Propri questi rapporto «top secret», sarà diffuso entro la fine della settimana. Il Congresso pressa il presidente, attaccala massiccia fuga di notizie e attende una decisione. La Casa Bianca fa però sapere che l’organo rappresentativo non sarà necessariamente interpellato nel caso di un attacco alla Siria.