La fine del saliente di Kursk
Defence & Security

La fine del saliente di Kursk

By Emmanuele Panero and Francesco Bellato
03.14.2025

La sostenibilità tattico-operativa delle difese ucraine nel saliente occupato all’interno dell’Oblast russo di Kursk appare giunta al termine, con il dispositivo militare russo che dopo aver sensibilmente incrementato il ritmo operativo della propria controffensiva nel settore, al culmine di mesi di lente ma progressive avanzate, risulta prossima ad espellere le forze di Kiev dall’area. Le truppe ucraine erano penetrate nella zona ad Agosto 2024, in un’azione a sorpresa che oltre a permettere la rapida conquista di 1.376 chilometri quadrati di territorio della Federazione Russa aveva generato rilevanti effetti, attraverso l’ambiente informativo, nella dimensione cognitiva avversaria e non solo. I circa 11.000 militari ucraini, impiegati a seguito di un’accurata pianificazione volta a prioritizzare la sicurezza, e riservatezza, delle operazioni (OP SEC – Operational Security), avevano infatti condotto una manovra combined arms meccanizzata, diffusamente supportata da droni (UAV – Unmanned Aerial Vehicle) e sistemi di guerra elettronica (EW – Electronic Warfare) nella profondità del territorio russo prima di essere arrestati dal dispiegamento di un contingente di riserva delle forze del Cremlino superiore in termini di massa e potenza di fuoco. Il consolidamento del fronte ha poi rappresentato la premessa per l’avvio, a partire da Settembre 2024, di una frammentata serie di operazioni controffensive, in gran parte condotte a livello di minori unità da reparti di fanteria leggera del Cremlino, forti di un organico di oltre 50.000 militari, incluso personale nordcoreano. Gli assalti russi si sono in particolare concentrati a nord-ovest di Sudzha, principale abitato al centro dell’area sotto controllo ucraino ed hanno causato, nel corso di cinque mesi di scontri di attrito, il ridimensionamento della superficie occupata a soli 400 chilometri quadrati.

L’incremento del ritmo operativo della controffensiva russa ad inizio Marzo 2025 si è concretizzato con una manovra di doppio avvolgimento del saliente, mirata preliminarmente a controllare mediante il fuoco e poi ad interdire fisicamente le linee logistiche (GLOC – Ground Line of Communications) delle forze ucraine dispiegate nel settore. La situazione è diventata critica quando le unità di Mosca hanno raggiunto Sverdlikovo, a soli sei chilometri dalla principale via di rifornimento per Sudzha, avanzando ulteriormente nel nord dell’Oblast ucraino di Sumy, presso Basivka e Zhuravka, mirando così ad interrompere l’autostrada H-07, fondamentale collegamento tra la città di Sumy ed il saliente di Kursk. Parallelamente, i reparti del Cremlino hanno notevolmente aumentato il ricorso a droni tattici d’attacco (FPV UAV – First Person View Unmanned Aerial Vehicle) proprio per interferire nella rotazione e nell’approvvigionamento delle truppe ucraine in prima linea. Con l’attraversamento russo del fiume Psel e l’interruzione della seconda via di rifornimento, la situazione è peggiorata ed il 7 Marzo le forze di Mosca hanno apparentemente avviato la manovra finale per causare il collasso del saliente ucraino, esercitando una crescente pressione su più fronti.

La paralisi logistica, acuita dagli attacchi dei droni FPV UAVs e dal concreto rischio di un accerchiamento, ha indotto le forze ucraine a disingaggiare e ritirare per tempo alcune delle formazioni con maggiore esperienza operativa e competenza tattica, nell’ottica di preservarle, limitandosi a combattimenti di retroguardia con reparti di riserva. Nei giorni successivi, le unità russe hanno conquistato rapidamente la parte settentrionale del saliente, occupando Malaya Loknya e Martynovka, mentre le truppe di Kiev ripiegavano verso Sudzha. Successivamente, elementi provenienti dalle Truppe Aviotrasportate (VDV – Vozdušno-Desantnye Vojska) e da formazioni paramilitari russe hanno effettuato un attacco a sorpresa, aggirando le difese ucraine attraverso un gasdotto abbandonato fra Martynovka e Sudzha, ed attestandosi così a nord della città nella profondità del dispositivo ucraino. Quest’azione, combinata con la progressiva strozzatura delle GLOC ucraine, ha così costretto le forze di Kiev a ritirarsi ad ovest del fiume Psel. Entro l’11 Marzo, i reparti del Cremlino hanno poi penetrato le difese perimetrali di Sudzha, avanzando nei quartieri centrali e conquistando pressoché definitivamente la città il 14 Marzo.

Nonostante la rapidità dell’avanzata e le rilevanti perdite umane subite dalle forze ucraine, queste risultano aver complessivamente mantenuto la coesione, limitando l’attrito sotto il profilo dei mezzi, materiali e sistemi d’arma. Plausibilmente questo è stato conseguito anche attraverso un’accuratamente condotta battaglia di ripiego, la quale risulta coerente con i limitati combattimenti registratisi nell’abitato di Sudzha. Il tentativo di doppio avvolgimento da parte russa, per quanto non terminato, ha consentito l’isolamento unicamente di piccoli nuclei delle forze di Kiev, soprattutto a causa dei contingentamenti alla mobilità delle formazioni russe causati da carenze nel parco mezzi e dallo stagionale peggioramento della rete viaria per effetto delle condizioni metereologiche. È tuttavia plausibile che le forze del Cremlino persistano nel manovrare ai fianchi dello schieramento ucraino al fine di espellere interamente le truppe avversarie, costituendo una limitata zona cuscinetto nell’Oblast di Sumy.

La neutralizzazione completa del saliente ucraino nell’Oblast russo di Kursk sottolinea l’impatto tattico-operativo della persistente asimmetria di massa e potenza di fuoco in favore delle formazioni di Mosca sull’intera linea di contatto del conflitto e tende a negare a posteriori l’efficacia dell’operazione extraterritoriale condotta dalle truppe di Kiev. Questa ha infatti comportato un ulteriore allungamento della linea di contatto erodendo risorse e riserve capacitive, già di per sé limitate, delle forze ucraine, senza pregiudicare in modo apprezzabile il concentramento del potenziale russo di combattimento nel Donbass. L’insuccesso nel mantenere il settore fino ad un ipotetico negoziato appare infine contraddire la residuale efficacia strategica dell’operazione.