GUERRA IN SIRIA/ Usa e Russia senza strategia, scontro possibile in ogni momento
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GUERRA IN SIRIA/ Usa e Russia senza strategia, scontro possibile in ogni momento

04.10.2018

In Siria si stanno facendo “giochi di guerra” che rischiano di portare al conflitto tra Stati Uniti e Russia, ce lo spiega in questa intervista l’analista Lorenzo Marinone

“Si corre su un filo sottilissimo, dove la reazione americana promessa da Trump contro Assad può scatenare, anche senza volerlo, una escalation pericolosissima con la Russia”. E’ quanto ha detto a ilsussidiario.net Lorenzo Marinone, analista del CeSi, Centro Studi Internazionali, commentando lo spostamento di una nave da guerra statunitense verso la costa siriana, subito intercettata da jet militari russi. Marinone cita quanto successo circa un anno fa, quando Trump ordinò un lancio di missili sempre in reazione a presunti attacchi chimici di Damasco, che di fatto fu puramente simbolico evitando accuratamente di colpire obbiettivi russi, ma “ogni reazione di questo tipo può sfuggire di mano e procurare reazioni impensabili”.

Marinone, Trump ha promesso una “reazione decisa”, una nave da guerra americana si è già mossa verso la Siria. Che scenario popperebbe profilarsi?

Naturalmente possiamo solo fare ipotesi e come bussola per definirle bisogna considerare il costo politico di ogni tipo di azione.

Cosa intende?

Prendiamo la reazione americana dello scorso anno, il lancio di missili Tomahawk ordinato da Trump. Questo lancio aveva due significati precisi.

Quali?

Il primo era quello di sottolineare una enorme differenza tra lui e Obama e cioè dire: se tracciamo una linea rossa questa linea rossa va tenuta, se diciamo che una reazione ci deve essere, essa ci sarà.  Attenzione che tale atteggiamento ha però più valore dal punto di vista interno americano che da quello della Siria.

Dimostrare agli americani di essere diverso da Obama. L’altro punto?

Dall’altro lato una reazione di quel tipo, diciamo militarmente contenuta, come fu quella dello scorso anno, permette a Trump di non avere conseguenze. Usando i Tomahawk segnalava alla Russia di non volere una escalation, infatti gli Usa bombardarono una base usata dai siriani senza danni a postazioni russe, evitando in questo modo uno scontro diretto. Anche oggi questi interrogativi rimangono sul tavolo.

Possiamo perciò dichiararci non preoccupati dalla reazione americana?

Non proprio. Solo se si cercherà di evitare di colpire obiettivi importanti per la Russia come il porto di Tartus dove si trova la flotta russa, o la base aerea dove è stanziata l’aviazione di Mosca e tutte quelle infrastrutture, che Washington conosce benissimo, dove sono stanziati interessi russi.

Che scenario prevede allora?

Uno scenario in cui Trump con l’ausilio di Francia e Inghilterra faccia un’azione militare contro Damasco e obbiettivi iraniani. Diversamente si avrebbe una reazione russa preventiva: il fatto che due jet di Mosca abbiano interferito con la nave americana fa ben capire che Mosca sta segnalando che non tollererà un certo tipo di reazione.

E’ una sorta di gioco molto pericoloso, sembra di capire.

Si sta correndo su una linea sottile, cosa è accettabile o no può variare, rimane altissimo il rischio di una risposta che porti a una escalation che nessuna delle parti vuole ma che nessuna delle parti può contenere.

Tra Obama e Trump resta però uguale il desiderio di colpire e abbattere Assad, è esatto?

L’opposizione politica e diplomatica americana ad Assad risale al 2011, va però preso atto del fatto che per quanto le cancellerie europee e in primis gli Usa possano vedere in Assad una persona sgradita, di fatto la volontà di eliminarlo passa dalla posizione russa. Non si può ignorare che Putin supporta in modo esplicito il presidente siriano, per cui qualunque tentativo di farlo cadere trascinerebbe la Russia in un conflitto contro l’occidente. Il costo politico è oggi altissimo rispetto al 2015, prima che i russi arrivassero in Siria.

Si rischia di fare come in Serbia dopo l’intervento occidentale, una frantumazione della Siria?

Questa è un’altra differenza tra Trump e Obama. Il primo ha a disposizione truppe sul terreno nel nord est della Siria. Di fatto oggi c’è già una divisione della Siria e il confine è l’Eufrate. Se questo continuerà e si arriverà a una spartizione della Siria dipende da un insieme di fattori molto ampio. Ma c’è un altro problema.

Quale?

Se da un lato abbiamo gli Usa che faticano a elaborare una strategia complessiva per la Siria, che vede il Pentagono contro Trump, anche la Russia non ha una vera e propria strategia perché ciò che sta facendo passo dopo passo è quello di mettere insieme una riconciliazione che però è a livello di villaggi e capi tribù, ma non dà una vera prospettiva su un piano nazionale. Proprio per questo possono scappare di mano le tensioni che già esistono.

Fonte: ilSussidiario.net

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