Adesso si spacca l’asse  tra Mosca, Ankara e Teheran
Occhi della Guerra

Adesso si spacca l’asse tra Mosca, Ankara e Teheran

04.09.2018

A meno di una settimana dal vertice di Ankara che doveva sancire la “pax siriana”, il presunto attacco chimico nell’enclave ribelle di Douma ha fatto ripiombare il Paese nel caos.

Il presidente americano, Donald Trump, accusa il governo siriano di aver colpito i civili con agenti chimici. Mosca, Teheran e Damasco rispediscono le accuse al mittente. Ma al coro dei difensori di Bashar al Assad non si unisce il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Già domenica scorsa il ministero degli Esteri di Ankara aveva espresso “il forte sospetto” che l’attacco con il cloro a Douma “fosse stato condotto dal regime, il cui uso di armi chimiche è noto alla comunità internazionale”.

Una presa di posizione in linea con quella espressa dagli alleati Nato e distante da quella russa e iraniana, che è stata ribadita dal presidente turco anche all’indomani del colloquio telefonico con l’omologo russo, Vladimir Putin. “Maledico chi ha commesso il massacro, chiunque essi siano. Coloro che hanno commesso questo massacro devono inevitabilmente pagare un prezzo elevato”, ha tuonato Erdogan durante una riunione con i parlamentari del suo partito, l’Akp, ad Ankara.

La strage di civili nell’ultima roccaforte ribelle alle porte di Damasco, insomma, rischia di far scricchiolare l’alleanza dei Paesi garanti del cessate il fuoco in Siria. Ad ammettere la mancanza di una posizione comune sulla vicenda di Douma è stato anche il Cremlino. Ieri il portavoce del presidente Putin, Dmitrj Peskov, ha reso noto che al momento non è possibile “parlare di una posizione concorde” tra Mosca, Ankara e Teheran, riferendosi, con tutta probabilità, ai sospetti avanzati dalla diplomazia turca.

Del resto, ad esprimere perplessità sulla tenuta dell’asse russo-turco-iraniano era stato, qualche giorno fa, anche il nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari. “Ciascuno ha i suoi interessi da tutelare”, aveva commentato il diplomatico intervistato dall’Adnkronos. La foto della stretta di mano tra Putin, Erdogan e Rohani non rafforzerebbe automaticamente il potere di Assad in Siria, aveva avvertito il cardinale, aggiungendo che “dopo anni di conflitto lo stato d’animo prevalente è di scetticismo, se non di vero e proprio scoramento”.

Per il presidente del Centro Studi Internazionali (Ce-SI), Andrea Margelletti, il patto fra Russia, Turchia e Iran sarebbe “frutto dell’inazione” di Usa e Unione Europea in Siria e legato “all’incapacità o alla mancanza di volontà di trovare una politica comune occidentale su quel fronte, non solo diplomatico”. La Turchia, insomma, resta pur sempre un importante membro dell’Alleanza Atlantica. “Bisogna verificare sia quanto la Turchia voglia restare all’interno del perimetro occidentale, sia quanto gli alleati atlantici vogliano che la Turchia ci rimanga”, sottolinea l’analista.

Per ora i contatti tra Putin ed Erdogan proseguono. Altre consultazione sono previste in questi giorni, mentre la presidenza turca ha fatto sapere che nei colloqui di ieri le “preoccupazioni” di Ankara sono state riferite al presidente russo.

Fonte: Occhi della Guerra

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