L’Arabia Saudita dopo Abdullah bin Sa’ud
Dopo la morte di Sultan bin Abdul Aziz, Principe Ereditario del Regno di Arabia Saudita, la famiglia reale, per la prima volta nella storia del paese, ha ritardato le esequie per decidere il nome di colui che avrebbe preso il suo posto nella linea di successione.
Sultan era il secondo in ordine di nascita dei figli del re Abdul Aziz Bin Sa’ud e Hassa bint Ahmad, detti anche i ”sette Sudairi”, divenuti il ramo più influente della famiglia Sa’ud. L’attuale re Abdullah bin Abdul Aziz, succeduto al fratello Fahad nel 2005, è uno dei figli della principessa Fahda, appartenente al ramo Shammar della famiglia dei Sa’ud che in passato dava il nome ad un emirato nel Nord dell’Arabia Saudita. Quando Abdullah fu designato al trono dal re Khalid, nel 1982, emersero delle frizioni in seno alla casata dei Sa’ud: Fahd e gli altri Sudairi sostenevano, infatti, Sultan. Con la morte di quest’ultimo, Nayef bin Abdul Aziz, suo fratello, gli è succeduto nella carica di Principe Ereditario. Ministro degli Interni dal 1975, è stato secondo vice Primo Ministro dal 2009. Attualmente ricopre anche la carica di Primo Ministro.
La sua successione pone una serie di problematiche sul piano interno ed internazionale.
Dopo la morte di re Abdullah, la Guardia Nazionale Saudita (SANG) continuerà ad essere gestita dagli Shammar. Nel novembre 2010, infatti, il re ha nominato il figlio Mutaib come suo successore nel comando della SANG ed altri tre dei suoi figli in posizioni chiave della Guardia. La SANG costituisce una forza a se stante rispetto alle forze regolari. Costituita da circa 250 000 uomini, di cui 25 000 appartenenti a milizie tribali fedeli ad Abdullah, ha vari ruoli tra i quali quello della tutela del paese dalle minacce esterne ed interne, delle infrastrutture strategiche e degli impianti petroliferi, della salvaguardia dei Luoghi Santi e, soprattutto, della protezione della famiglia saudita da possibili colpi di Stato. Ciò spiega perché Abdullah si sia rifiutato di cederne il controllo dopo essere stato designato Principe Ereditario. Il fatto che la SANG continui ad essere gestita dagli Shammar potrà comportare una posizione di vulnerabilità del futuro re Nayef.
Le forze regolari continueranno tuttavia ad essere dominate dal clan dei Sudairi, cui il futuro re Nayef appartiene. Sultan venne nominato Ministro della Difesa nel 1962, lo stesso anno in cui Abdullah assunse il comando della SANG; ciò ebbe l’effetto di controbilanciarne il potere militare.
Dopo la morte di Sultan, suo fratello Salman, un altro dei Sudairi, ha assunto l’incarico di Ministro della Difesa. Come ministro degli interni, Nayef controlla attualmente anche i Servizi di Sicurezza Pubblica, la Guardia Costiera, la Polizia di Frontiera e le Forze Speciali.
Se la politica di Abdullah è stata definita riformatrice, su quella di Nayef non si nutrono aspettative analoghe. Il nuovo Principe Ereditario appartiene agli elementi più conservatori sia sotto il profilo religioso che politico. E’ vicino al clero tradizionalista, guida il Comitato Supremo per l’Hajj e il Comitato Ministeriale sulla Moralità e come Ministro degli interni controlla anche la polizia religiosa. Pertanto da lui si attendono politiche conservatrici sia sotto il profilo della concessione dei diritti politici e sociali, dell’educazione e dei costumi che sotto il profilo giudiziario.
E’ sostenitore di una linea dura nei confronti delle minoranze religiose sciite e si è mostrato sinora molto rigido contro le manifestazioni popolari. Nel marzo 2011, quando ai tentativi di rivolta nelle regioni orientali dell’Arabia Saudita, ricche di risorse petrolifere e a maggioranza sciita, si è risposto con la repressione, sono state le forze di sicurezza di Nayef ad essere dispiegate nelle provincie rivoltose. Nayef ha inoltre appoggiato l’invio da parte del Consiglio di Cooperazione del Golfo di truppe e blindati in Bahrein a sostegno della famiglia Khalifa e contro le manifestazioni organizzate dalla maggioranza sciita.
Merita di essere accennato il fatto che il nuovo Principe Ereditario abbia giocato un ruolo chiave nella decisione di accogliere Zine El Abidine Ben Ali in Arabia Saudita dopo la caduta del regime in Tunisia, il 15 gennaio 2011.
Il fatto di aver ricoperto fino ad oggi la carica di Ministro degli Interni lo ha reso meno partecipe alla vita internazionale del paese rispetto a Sultan Bin Abdul Aziz. Gli stessi rapporti con gli Stati Uniti sono stati sino ad oggi meno immediati di quelli dell’attuale re o dell’appena defunto principe ereditario Sultan. Quest’ultimo, in qualità di Ministro della Difesa, ha riformato l’esercito e l’aviazione saudita grazie al supporto americano. L’ultimo caso significativo è stato quello del 2010: l’Arabia Saudita ha richiesto l’acquisto di sistemi d’arma, in particolare di 84 F-15 SA, per un ammontare di 60 miliardi di dollari, stabilendo un record nella storia dei rapporti commerciali tra questi due paesi. Nayef, di converso, è stato uno degli imputati nel processo, poi archiviato, avviato dalle famiglie delle vittime dell’11/09. E’ inoltre il Supervisore Generale del Comitato Saudita per il supporto ad “Al Quds Intifada”, un fondo creato nel 2000 in sostegno dei congiunti dei palestinesi deceduti nella resistenza contro Israele.
Tra il 2003 e il 2006, tuttavia, dopo una serie di attacchi terroristici condotti su larga scala in Arabia Saudita, Nayef ha combattuto efficacemente contro al Qaeda e ha smantellato il sistema di associazioni di beneficienza attraverso i quali veniva mascherato il trasferimento di fondi al network terroristico. L’esposizione mediatica ma soprattutto il successo conseguito nel porre fine agli attacchi gli hanno permesso di allacciare legami più consistenti con gli Stati Uniti.
Occorre poi tenere presente che la fazione dell’attuale re Abdullah è stata una delle più critiche riguardo alla dipendenza militare saudita dagli Stati Uniti, prediligendo le forme di cooperazione tra gli Stati Arabi. Gli Stati Uniti, nella crisi interna per la successione del 1992-1996, si erano schierati contro la nomina di Abdullah preferendogli invece Sultan ed in generale il ramo dei Sudairi. I rapporti vennero ricuciti solo dopo che dispiegò in prima linea il SANG contro al Qaeda. Il fatto che Nayef appartenga al ceppo dei Sudairi, al contrario, fa presupporre una sostanziale continuità con le loro linee di politica estera, tra le quali riveste particolare importanza quella delle relazioni con Stati Uniti. Ciò è tanto più indispensabile alla luce del ritiro delle truppe americane dall’Iraq ed in generale nel contesto della competizione con l’Iran. Infine, va ricordato il fatto che molti dei funzionari del Ministero degli Interni siano stati collocati da Nayef nelle varie ambasciate saudite nel mondo.
Se l’avvicinarsi del regno di Nayef bin Abdul Aziz consente di prevedere quali potrebbero essere alcune delle componenti della sua politica, ben più grande questione è quella relativa al nome di colui che gli succederà. L’età avanzata dei figli del re Abdul Aziz fa si che non si possano prevedere periodi di regno molto lunghi (lo stesso Nayef ha problemi di salute) e tali da influenzare in profondità la politica saudita. Ciò apre pertanto una riflessione sulle generazioni più giovani, ovvero i nipoti e bisnipoti del re Abdul Aziz, il padre dell’attuale re Abdullah e del futuro re Nayef. Un secondo problema è la numerosità dei potenziali aspiranti al trono. Ogni figlio di Abdul Aziz ha cercato di collocare i propri figli in posizioni di rilevo. Questa è la ragione per la quale nel tempo si è avuta necessità di rivedere le leggi di successione.
Nel novembre 2006 il re Abdullah ha fondato un Consiglio di Fedeltà rivoluzionando le regole di successione dinastica. La creazione di quest’organo fa si che sia la famiglia saudita nel suo insieme, e non più il re, a scegliere il principe ereditario. Il 27 ottobre, tuttavia, il Consiglio di Fedeltà, scegliendo il secondo vice primo ministro Nayef, ha di fatto convalidato la scelta fatta dal re Abdullah nel 2009, portando avanti una consuetudine vigente dal 1975: la carica di secondo vice primo ministro è corrisposta, infatti, prima del 2006, ad una nomina ufficiosa da parte del re per il secondo posto nella linea di successione.
Tra i potenziali futuri re, destinati a succedere a Nayef, ci sarebbe innanzitutto suo fratello, il principe Salman bin Abdul Aziz. Anch’esso membro del ramo Sudairi è il governatore di Ryad, attuale Ministro della Difesa e secondo vice primo ministro. Segretario dell’Alto Consiglio per gli Affari Religiosi, è vicino ai Wahabiti ed è considerato più conservatore di Nayef. Su un’ottica di più lungo periodo si possono invece citare innanzitutto Bandar bin Sultan e suo fratello Khaled, figli dell’appena defunto principe ereditario. Bandar, in particolare, ha avuto un ruolo fondamentale nelle relazioni tra Stati Uniti ed Arabia Saudita, in qualità di ambasciatore a Washington dal 1983 al 2005 e per i rapporti molto stretti con la famiglia Bush. Rappresenta il principale oppositore al Principe Ereditario Nayef. Khaled, invece, è il viceministro della difesa dal 2002 ed ha guidato le forze armate saudite durante la guerra Iran-Iraq, negli anni 80.
Un’altra figura di punta è Muhammad, figlio del re Fahd, governatore della Provincia Orientale ed una delle figure favorite dagli Stati Uniti per il suo atteggiamento ostile al fondamentalismo religioso e per essersi distinto nella lotta al terrorismo. C’è poi Sa’ud , figlio del re Faisal, Ministro degli esteri dal 1975 ed uno dei più stretti collaboratori ed alleati di Abdullah; il re ha cercato di anteporlo a Bandar bin Sultan nelle relazioni con gli Stati Uniti. Turki, suo fratello, è stato capo dell’intelligence fino al 2001 per poi rivestire la carica di ambasciatore presso gli Stati Uniti per quindici mesi dopo il termine del mandato di Bandar bin Sultan. Gli si rimproverano i rapporti intrattenuti con Osama bin Laden ed il Mullah Omar dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Come Nayef è stato chiamato in giudizio dalle famiglie delle vittime dell’11/09. I rapporti con gli Stati Uniti, come il suo breve mandato da ambasciatore dimostra, non sono stati buoni come per Bandar che ha invece continuato ad essere considerato un interlocutore anche dopo la fine del suo mandato. Particolarmente importante appare la figura di Mutaib, figlio dell’attuale re Abdullah, che ha ricevuto da suo padre il comando del SANG. Anche se non dovesse mai essere nominato principe ereditario, questa carica lo pone in una posizione di indiscusso potere. Si può infine citare Muhammad, figlio dell’attuale principe ereditario Nayef e viceministro degli Interni. E’ l’attuale Capo dei Servizi Antiterrorismo ed ha guidato la campagna antiterroristica saudita contro al Qaeda.
È possibile in generale individuare una linea di divisione tra i sostenitori ed alleati dell’attuale re Abdullah, e quella del ramo dei Sudairi. Quest’ultima, a sua volta, risente della competizione tra i figli dei sette fratelli. Abdullah non ha un suo clan in quanto unico figlio maschio della settima moglie del re Abdul Aziz, Fathda Asi al Shuraim. Per questa ragione l’alleanza con i figli del re Faisal è sempre stata strategica. Al contrario gli Al Faisal non sono i favoriti di Nayef, che sostiene invece i suoi figli, Muhammad in particolare. Gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto quei principi aventi le caratteristiche tali da tutelare le relazioni tra i due paesi. Al momento la loro politica consiste nel rinforzare soprattutto le generazioni più giovani che si sono formate in America. Il loro ruolo nella successione non va tuttavia sopravvalutato, e la nomina dell’attuale re Abdullah lo ha dimostrato.