Geopolitical Weekly n.110

Geopolitical Weekly n.110

By Andrea Ranelletti and Giulia Tarozzi
05.02.2013

Algeria

I problemi di salute del Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika tornano al centro delle attenzioni in Algeria. Sabato 27 aprile, Bouteflika sarebbe stato trasportato d’urgenza in Francia in seguito a una lieve ischemia: la stabilità delle sue condizioni di salute non hanno fermato le speculazioni riguardanti il possibile abbandono della scena politica da parte del Presidente. Bouteflika non ha ancora sciolto i dubbi su una sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2014 per un quarto mandato e l’assenza di chiarezza sui possibili successori contribuisce ad aumentare l’incertezza sulle prospettive future per Algeri.
A fianco alle incognite politiche, permane il timore per la situazione della sicurezza nel Paese. Il 26 aprile si sono verificati scontri tra Esercito algerino e un gruppo terroristico armato nel Sud dell’Algeria. Gli uomini sarebbero stati intercettati da agenti della Guardia di Frontiera mentre cercavano di far transitare un carico di armi proveniente dalla Libia in territorio algerino. Il forte dispiegamento di militari nelle aree di confine, aumentato in seguito agli eventi di In Amenas dello scorso gennaio, ha consentito il respingimento del gruppo e avrebbe causato la morte di due terroristi. L’instabilità dei Paesi vicini e la minaccia jihadista stanno richiedendo un incremento dello sforzo per mantenere la sicurezza nel Paese ed evitare che le ampie aree desertiche del centro-sud del Paese divengano luoghi di transito e di rifugio per i gruppi estremisti attivi nel Maghreb e nel Sahel.

Giappone

Il 29 aprile il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe si è recato in Russia per il primo incontro di alto livello tra le due nazioni in oltre un decennio. All’origine della visita, la decisione di riprendere le trattative riguardanti la disputa territoriale sulle isole Curili, contenzioso che ha portato alla mancata firma del trattato di pace fra i due Paesi al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Tra tutte le isole facenti parte delle Curili, che si trovano a nord del Giappone, le quattro più vicine allo Stato nipponico sono da esso sempre state chiamate Territori del Nord, poiché Tokyo ritiene che le isole in questione tecnicamente non abbiano mai fatto parte delle Curili per ragioni amministrative. Per questo motivo da decenni il Giappone ne reclama la sovranità. La Russia, invece, sostiene che questa pretesa è infondata in quanto geograficamente le isole appartengono all’arcipelago delle Curili e in base al trattato di Yalta sono sotto la sovranità di Mosca.
L’importanza di questi territori, per lo più disabitati, è data dall’esistenza di giacimenti offshore di petrolio e gas e dalla scoperta di rari depositi di renio, metallo utilizzato per la creazione di catalizzatori impiegati nella produzione di benzina. Inoltre, sono importanti anche dal punto di vista del turismo, vista la presenza di diversi vulcani attivi e specie rare di uccelli paduli.
Dall’incontro tra Abe e Putin non sono emersi dettagli, ma è lecito pensare che, vista la rilevanza che questa disputa ha avuto per decenni, sia difficile trovare una soluzione nel breve periodo. Certamente un incentivo alla soluzione del problema potrebbe essere la necessità del Giappone di diversificare il proprio approvvigionamento energetico dopo il disastro di Fukushima, che ha portato ad una sospensione dell’utilizzo dei reattori nucleari. Tokyo importa oggi oltre 116 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia e dietro questi nuovi incontri ci potrebbe essere la volontà di un maggior investimento del Giappone nel gas della Siberia Orientale.

Mali

Lunedì 29 aprile, uno IED ha fatto saltare in aria un veicolo leggero della Marina francese nell’area di Boughessa, vicino al confine con Algeria. Nell’esplosione è morto il Caporalmaggiore Stephane Duval, mentre due altri soldati sono rimasti seriamente feriti. Duval è il sesto militare francese deceduto nel corso del conflitto maliano, vittima delle strategie di guerra asimmetrica condotte nel Paese da al-Qaeda nel Maghreb Islamico, Mujao e Ansar Eddine.
Si avvicina intanto la conclusione delle operazioni condotte dall’Esercito francese. Il 25 aprile scorso, attraverso la risoluzione 2100/13, le Nazioni Unite hanno autorizzato la Missione di Stabilizzazione Integrata Multi-laterale delle Nazioni Unite nel Mali (MINUSMA). La missione di peacekeeping prenderà inizio il 1 luglio 2013, quando un contingente militare di 11.200 caschi blu e 1.440 membri delle forze di polizia verrà dispiegato nelle varie aree del Paese. Il centro delle operazioni sarà il Nord del Mali, con fulcro operativo nella città di Gao.
La MINUSMA è destinata a prendere il posto della Missione Africana di Supporto Internazionale nel Mali (AFISMA), missione militare della Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (ECOWAS) attiva in seguito alla risoluzione ONU n° 2085 del 20 dicembre 2012. Scopo della missione sarà quello di supportare il processo politico di stabilizzazione del Nord del Paese, permettendo la fornitura di assistenza umanitaria ai cittadini maliani e affiancando la Missione di Addestramento Militare dell’Unione Europea (EUTM), attiva da inizio aprile. L’avvio di MINUSMA è destinato ad accompagnare il progressivo disimpegno dell’Esercito francese, che ha già iniziato a far rientrare parte dei 4.500 uomini presenti in territorio maliano. Parigi ha affermato che solo un contingente di circa mille soldati rimarrà oltre la fine del 2013, integrato nella missione ONU.

Siria

Il 30 aprile, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, il Presidente americano Barack Obama ha affermato che gli Stati Uniti sono in possesso di prove che confermerebbero l’utilizzo nella guerra civile siriana di armi chimiche. Nei mesi precedenti, Obama aveva più volte fatto riferimento all’utilizzo di tali armi come una “red line” che avrebbe comportato un cambio di atteggiamento da parte della propria Amministrazione rispetto al conflitto. A premere in questa direzione vi è sia un fronte interno al Partito Democratico, con in testa il neo Segretario di Stato, John Kerry, sia buona parte del Partito Repubblicano.
Attualmente non è ipotizzabile un invio di truppe americane in Siria. E all’interno dell’Amministrazione, nonostante le dichiarazioni degli ultimi giorni, rimangono numerose voci contrarie alla possibilità di armare i ribelli, al fine di evitare che le armi possano arrivare nelle mani degli estremisti islamici. Non è da escludere che tali riferimenti, sia all’utilizzo di armi chimiche sia alla possibilità di armare i ribelli, vogliano essere un ulteriore tentativo di sbloccare la via diplomatica volta a spingere la Russia, visti i nuovi sviluppi, ad abbandonare il fianco di Assad e permettere dunque un’azione a livello multilaterale, magari in ambito ONU.
Nel frattempo in Siria continuano le violenze. Il 29 aprile il premier Wael al-Halki è uscito illeso da un’autobomba che aveva come obiettivo il convoglio sul quale viaggiava nel centro di Damasco. Il bilancio dell’attentato è di sei i morti e almeno dieci i feriti. Il giorno seguente, sempre nel centro della capitale, è avvenuto un attacco dinamitardo che ha causato dieci morti e 60 feriti.

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