UCRAINA ANNO II
Russia e Caucaso

UCRAINA ANNO II

Di Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali
22.02.2024

A settembre 2022, a circa 7 mesi dall’invasione dell’Ucraina (o dell’Operazione Militare Speciale, come la chiamano a Mosca), il blocco euro-atlantico e il governo di Zelensky festeggiavano la resistenza di Kiev, intravedevano speranzosi il collasso dell’economia russa e già pianificavano, o perlomeno immaginavano, il nuovo equilibrio politico dopo il ritiro delle truppe russe dal Donbas alla Crimea. Al contrario, il 2023 è stato l’anno del brusco risveglio per europei, ucraini e statunitensi. L’economia russa non è crollata, i russi, anche a prezzo di enormi difficoltà, hanno stabilizzato il fronte e Putin è rimasto saldo al potere, nonostante il tentativo di golpe di Prigozhin.

L’avvio del terzo anno di guerra tra Russia e Ucraina porta a corredo percezioni meno positive di un anno fa. La fatica di guerra preme sul blocco euro-atlantico, incentivata dallo scoppio della crisi in Medio Oriente e Mar Rosso, dalle incertezze economiche globali e dalla combattuta campagna elettorale statunitense. L’ombra di Trump e del trumpismo si allunga sul destino del conflitto in Ucraina e, per il momento, assume la forma del blocco dei finanziamenti e del supporto militare da parte statunitense.

Tutti questi elementi rendono la guerra russo-ucraina ancora più polarizzante di quanto non lo sia già. La paura di un conflitto lungo e senza un barlume di via d’uscita paralizza i decisori dalle due sponde dell’Atlantico e pone interrogativi, tutt’ora irrisolti o poco affrontati, sul livello di impegno economico, militare e sociale da raggiungere per disinnescare la minaccia russa. La vittoria di Kiev resta l’obbiettivo principale ma persistono dubbi concreti su quale sia il costo sostenibile per perseguirla con successo. Per permettere la vittoria ucraina, ridimensionare l’aggressività russa e, in ultima istanza, difendere gli interessi e il modello di sviluppo Occidentali bisogna mobilitare l’economia, investire sul comparto industriale (non solo militare), aumentare il grado di fiducia, impegno e consapevolezza della società e, in ultima istanza, rivedere i rapporti con i più influenti attori extra-europei per cercare di allontanarli da Mosca. Si tratta di un piano ambizioso e dispendioso che mette le classi dirigenti occidentali di fronte alla necessità di scelte nette.

Di contro, Mosca, che nella guerra contro l’Ucraina e, indirettamente, contro il blocco euro-atlantico, ha investito praticamente tutte le risorse a propria disposizione, è ormai immersa pienamente in una strategia di guerra lunga, scommettendo di poter resistere più dei suoi avversari e di poter sostenere uno sforzo economico, militare ed umano senza precedenti nella sua storia recente. Dall’esito della guerra dipende il destino di una classe dirigente (quella di Putin) e di un intero Paese (la Russia “imperiale” come la conosciamo dal XIV secolo) nonché l’equilibrio del sistema internazionale emerso nel 1945 e rivisto nel 1991. Il Cremlino è perfettamente consapevole della posta in gioco e si comporta come uno Stato che fronteggia una minaccia esistenziale. A Mosca sanno che riuscire a non perdere nel breve termine potrebbe voler dire vincere nel medio e nel lungo. Forse, questa consapevolezza manca in Europa mentre, per quanto riguarda gli Stati Uniti, è controbilanciata dal disegno di vittoria nella sempre più tesa competizione con la Cina.

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