Spiragli di disgelo tra Nato e Russia
A seguito della crisi ucraina e dell’occupazione della Penisola di Crimea da parte della Russia, avvenuta nel 2014, i rapporti tra NATO e Mosca sono entrati in una fase di stallo. Durante tutto il 2014 e il 2015, l’Alleanza Atlantica e la Federazione Russa hanno proseguito nell’opera di potenziamento dei propri assetti militari. In particolare, la NATO ha lanciato una serie di misure volte sia a rassicurare i propri Stati membri dell’Europa orientale sia, nel contempo, ad esercitare una deterrenza tangibile nei confronti di Mosca grazie alla propria presenza nell’area. Le operazioni di air policing nel Baltico o il rischieramento e il pre-posizionamento di pacchetti di unità corazzate in Europa da parte statunitense rientrano proprio in quest’ottica. Dal canto suo Mosca ha intensificato in maniera significativa i voli, anche da parte di velivoli strategici, andando a violare in maniera sistematica lo spazio aereo dell’Alleanza durante gli ultimi due anni. A titolo d’esempio, basti menzionare il dato di più di 400 intercettazioni di apparecchi russi avvenute nel 2014 per opera dei caccia NATO.
Inoltre, il Ministero della Difesa lituano ha recentemente dichiarato che i caccia dell’Alleanza, impiegati nella difesa degli Stati baltici durante il 2015, sono decollati ben 160 volte, segnando un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Le attività russe sono proseguite attraverso il lancio di numerose e massicce esercitazioni militari terrestri che hanno interessato i vari distretti militari del Paese, arrivando a comprendere persino alcuni corpi d’armata, come nel caso di VOSTOK 2014, una grande esercitazione che si è svolta nell’estremo oriente della Federazione durante il mese di settembre 2014.
A fronte di tale attivismo militare da parte russa, le forze convenzionali russe rimangono però affette da alcune carenze capacitive, specie nell’impiego di munizionamento di precisione e nel settore del Comando e Controllo (C2). Entrambi questi deficit hanno spinto Mosca a orientare i propri sforzi sullo sviluppo e sull’ammodernamento del proprio arsenale nucleare, specie quello tattico, con lo scopo di rischierarlo in qualità di deterrente nei confronti delle truppe NATO al ridosso dei propri confini occidentali. Il posizionamento di vettori aerei, terrestri e navali idonei all’impiego di armamento nucleare da parte russa ha però scatenato uno speculare irrobustimento dei contingenti convenzionali NATO, con un progressivo aumento della tensione tra le due parti e il congelamento di alcuni strumenti di dialogo istituiti tra Mosca e Bruxelles a partire dalla fine degli Anni 90. Questo pericoloso trend è proseguito per buona parte del 2015, almeno fino a quando, lo scorso ottobre l’Aeronautica Militare di Mosca ha iniziato una propria campagna aerea in Siria con l’intento di dare supporto e assistenza al regime di Assad nel contrasto alle formazioni ribelli. Le Forze Aeree dei Paesi NATO, impegnate nell’operazione INHERENT RESOLVE, volta al contrasto del Daesh, si sono quindi trovate a stretto contatto con quelle russe, con entrambi gli schieramenti impegnati in operazioni di combattimento reali. Una situazione estremamente delicata e potenzialmente esplosiva che ha raggiunto il suo apice di tensione con l’abbattimento di un Su-24 russo ad opera dell’Aeronautica turca. L’Alleanza ha successivamente derubricato l’evento come un’azione unilaterale di Ankara.
Onde evitare ulteriori pericolose escalation, NATO (Stati Uniti in primis) e Federazione Russa hanno ripreso i contatti, con il fine di regolamentare quanto più possibile le operazioni aeree in Siria, evitando così il rischio di incidenti. Ecco quindi che proprio a partire dall’ottobre scorso i due schieramenti, opposti sul fronte europeo, ma accomunati dall’interesse di neutralizzare quel nemico comune rappresentato dallo Stato Islamico, hanno ripristinato il dialogo, contribuendo così ad alleggerire il clima di tensione permanente che si era instaurato. Il circolo virtuoso dei contatti è proseguito durante gli ultimi mesi e ora sembra che la NATO stia seriamente valutando di riprendere un tavolo di contatto formale con la Federazione, conosciuto con il nome di NATO-Russia Council (NRC) e sospeso a partire dal giugno 2014. Questo clima di disgelo, fortemente voluto dalla Germania, potrebbe quindi portare, verso fine febbraio o inizio marzo, ad un incontro tra i rappresentanti diplomatici russi e dell’Alleanza, in una data successiva al meeting dei Ministri della Difesa NATO che si terrà a Bruxelles proprio il prossimo 10 e 11 febbraio.
L’Alleanza, quindi, potrebbe ripristinare questo importante strumento di dialogo e di condivisione delle informazioni, soprattutto nell’ottica di una maggiore cooperazione politica, ma anche in prospettiva militare, nel contrasto ad ISIS. Lo Stato Islamico rappresenta, infatti, una realtà in continua espansione, soprattutto a ridosso del confine meridionale della NATO, ed è ormai diventato il principale problema alla sicurezza nazionale di alcuni Paesi europei. Resterà ora da vedere come le istituzioni dell’Alleanza riusciranno a mediare tra le diverse necessità dei suoi membri in materia di coerenza strategica della propria narrativa e, in particolare, nei confronti dei Paesi del Baltico e dell’Europa centro orientale. Infatti, i primi vedono nella Federazione Russa una minaccia di primaria importanza alla loro sicurezza e si ritrovano contrapposti a quelli mediterranei, che, invece, riconoscono nell’espansione dello Stato Islamico il fronte verso il quale l’Alleanza dovrà nel prossimo futuro concentrare le proprie risorse e i propri sforzi.