L’evoluzione nel contrasto alle infrastrutture militari sotterranee
Difesa e Sicurezza

L’evoluzione nel contrasto alle infrastrutture militari sotterranee

Di Emmanuele Panero e Martina Battaiotto
07.11.2024

Il 16 Ottobre 2024, la US Air Force e la US Navy hanno condotto un’operazione congiunta di bersagliamento contro una serie di obiettivi del gruppo armato Houthi in Yemen, al fine di degradarne e disarticolarne profondamente le capacità militari e ridurne la minaccia al traffico marittimo nello Stretto di Bab el-Mandeb. Durante la stessa, bombardieri strategici stealth B-2 Spirit, sono stati impiegati per effettuare un bombardamento a lungo raggio contro depositi sotterranei di armamenti della milizia, facendo plausibilmente ricorso a munizionamento aereo appositamente progettato allo scopo. Infrastrutture bersaglio come quelle colpite, rientrano infatti nella categoria degli Hard and Deeply Buried Targets (HDBTs), ossia installazioni costruite con materiali altamente resistenti, come il cemento armato, al fine di occultare e proteggere personalità di vertice, centri decisionali, impianti di produzione e depositi di armamenti avanzati, potenzialmente rappresentanti dei centri di gravità per attori statuali e non.

L’impiego di queste strutture da parte di avversari ed attori malevoli ha trasversalmente implicato l’esigenza di sviluppare capacità apposite volte alla neutralizzazione delle stesse, in particolare a partire dalla Guerra Fredda, quando gli estremi della competizione strategica e l’immanenza della minaccia nucleare promossero lo sviluppo di soluzioni ingegneristiche finalizzate ad assicurare la resilienza delle funzioni istituzionali. Al di là degli specifici requisiti generati durante la contrapposizione bipolare, gli HDBTs, continuano ad essere ampiamente diffusi, con Paesi quali la Repubblica Democratica di Corea (DPRK - Democratic People’s Republic of Korea), la Repubblica Islamica dell’Iran (IRI - Islamic Republic of Iran) e la Federazione Russa che detengono ed hanno sensibilmente espanso ampie architetture sotterranee impiegate a fini strategici. Organizzazioni paramilitari e terroristiche, inclusi ISIS, Hamas ed Hezbollah, similarmente, hanno dimostrato una crescente propensione a ricorrere a tunnel, bunkers ed a convertire a scopo militare sistemi di grotte, con la finalità di ridurre l’asimmetria tecnologico-capacitiva rispetto ad avversari convenzionali.

Sotto il profilo tecnico-dottrinale, le HDBTs si ripartiscono tra quelle che sono edificate sopra la superficie del terreno, denominate aboveground hardened structures, di cui sono un esempio gli earth-shelter, e quelle costruite propriamente sottoterra, le underground facilities. In generale, entrambe le categorie sono dotate di collegamenti elettrici, linee di comunicazione e sistemi di life support, più o meno avanzati e con diversificata ridondanza funzionale. Le strutture sotterranee si suddividono a loro volta in costruzioni superficiali (shallow), la cui profondità non supera i venti metri sottoterra, come i silos ed i basement bunkers, ed installazioni caratterizzate da una profondità maggiore ai venti metri (deep). Oltre a perseguire la massima protezione attraverso l’impiego di materiali edili dedicati e rinforzati, in aggiunta alla difesa assicurata dal superstrato geologico, le HDBTs presentano frequentemente specifici accorgimenti mirati ad occultare gli ingressi e le sovrastrutture superficiali che ne potrebbero disvelare la localizzazione, così come a dissimularne la costruzione, nascondendo i materiali di scarto derivati dai lavori sotterranei. L’architettura interna di queste infrastrutture è poi appositamente configurata in funzione delle specifiche finalità, come la produzione e lo stoccaggio di armi e munizioni, il movimento e trasporto (MOV - Movement or Conveyance) di unità, mezzi, materiali e sistemi d’arma, la protezione e la continuità delle funzioni di comando e controllo (C2 – Command and Control) di figure di vertice.

La principale criticità nel contrasto ad avversari che ricorrano a queste infrastrutture, è dunque rappresentata dall’inefficacia del munizionamento aereo tradizionale non progettato allo scopo. Al fine di soddisfare il conseguente requisito, nel corso del tempo sono state concepite, progettate ed acquisite specifiche munizioni denominate bunker busters, ossia bombe dotate di un’apposita capacità penetrativa. Questi sistemi presentano in generale una struttura composta da un involucro esterno particolarmente resistente, realizzato in acciaio pesante, ed una spoletta temporizzata, intesa a ritardare l’esplosione a specifiche profondità.

Le prime bombe dotate di apposita capacità penetrativa vennero progettate durante la Guerra Fredda, con l’intento di distruggere alla necessità ampi siti di alto valore strategico avversari, ricorrendo per questo a carichi paganti costituiti da tesate nucleari, con le conseguenti criticità derivate dalla soglia di utilizzo in un eventuale conflitto. Parallelamente, vennero dunque progettate nel tempo bunker busters dotate di testata convenzionale per la distruzione di bersagli più limitati e meno protetti, quale la Bomb Live Unit - 109 (BLU-109). Attualmente ancora in servizio e spesso aggiornata con kit per la guida di precisione (JDAM - Joint Direct Attack Munition), la stessa detiene infatti una capacità penetrativa equivalente a circa un metro. La Guided Bomb Unit - 28 (GBU-28) è stata invece concepita appositamente per soddisfare i requisiti derivanti dall’esigenza di contrasto ai network di bunkers iracheni durante la Prima Guerra del Golfo, includendo evoluzioni significative, in grado di assicurare una capacità penetrativa superiore di cinque metri a quella della BLU-109, mediante l’impiego di materiali sensibilmente più resistenti e che portano l’ordigno a pesare quasi due tonnellate a fronte di un carico pagante di poco superiore ai 300 chilogrammi. In linea con il periodo di progettazione, la munizione è stata originariamente dotata di un sistema di guida laser, integrato successivamente nella versione Enhanced GBU-28 con apparati di guida inerziale e GPS. L’esigenza di combinare effetti distruttivi massivi contro obiettivi protetti a grande profondità con armamenti convenzionali ha poi favorito, nei primi anni del XXI secolo, lo sviluppo della Guided Bomb - 57 (GBU-57), denominata anche Massive Ordnance Penetrator (MOP), la quale può raggiungere i sessanta metri di profondità, ed è plausibilmente stata proprio impiegata nelle operazioni aeree summenzionate in Yemen. La MOP, in considerazione di una possente struttura dal peso di quasi 13.000 chili ed una lunghezza pari a sei metri, può infatti essere trasportata e sganciata, diversamente dalle altre munizioni della categoria, essenzialmente dal solo bombardiere B-2 Spirit.

Altri sviluppi nella tecnologia per munizioni bunker busters, hanno invece coinvolto la tipologia di catena esplodente impiegata, con la Bomb Live Unit – 118 (BLU-118) che è una munizione termobarica, in cui la detonazione è non simultanea, bensì scomposta in due fasi successive. L’ordigno contiene infatti una miscela priva di ossigeno che viene rilasciata nell’aria, dove si mescola con quello ambientale esplodendo con una forte onda d’urto e di calore. Questo comporta una sensibile riduzione dell’ossigeno nell’aria ed un significativo aumento della pressione e della temperatura, con effetti altamente letali in spazi ristretti dove la miscela può diffondersi istantaneamente attraverso tunnel e corridoi, rendendo la BLU-118 particolarmente efficace. La bomba è stata infatti progettata intorno al 2001 con l’intento di contrastare le underground facilities sviluppate in Corea del Nord ed è poi stata diffusamente impiegata contro le grotte nelle montagne dell’Afghanistan utilizzate da Al-Qaeda.

La rilevanza degli obiettivi occultati e protetti nelle HDBTs è alla base dello sviluppo di capacità dedicate di contrasto, anche alla luce dell’estrema complessità di condurre operazioni di altro tipo contro le stesse. Al di là della difficoltà di raggiungere siti spesso nella profondità del territorio avversario, la cosiddetta guerra sotterranea (underground warfare) presenta infatti sfide e criticità uniche, che richiedono uno specifico ed approfondito addestramento, nonché equipaggiamento dedicato. L’ingresso nelle strutture può essere infatti ostacolato dalla presenza di mine e trappole esplosive, gli spazi oscuri e ristretti limitano poi la consapevolezza situazionale, la libertà di movimento e le possibilità di comunicazione tra le unità, mentre lo stesso impiego dell’equipaggiamento individuale può danneggiare il personale o inficiare la stabilità infrastrutturale. Ad eccezione di particolari casi, quali la presenza di ostaggi o l’esigenza di raccogliere informazioni, le bunker busters rappresentano dunque il primario strumento di contrasto. L’articolata operazione multi-dominio condotta dalle Forze Armate israeliana (IDF – Israeli Defense Forces) contro un’installazione per lo sviluppo di capacità missilistiche in Siria agli inizi di Settembre 2024, sottolinea infatti come la non disponibilità di munizionamento aereo adeguato a siti così profondi, implichi, al netto del successo dell’azione, l’assunzione di rischi operativi non marginali.

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