Una prospettiva militare sugli attacchi aerei in Yemen, Iraq e Siria
Difesa e Sicurezza

Una prospettiva militare sugli attacchi aerei in Yemen, Iraq e Siria

Di Emmanuele Panero
08.02.2024

Il 12 Gennaio il Comando Centrale delle Forze Armate statunitensi (US CENTCOM), in coordinamento con gli alleati regionali ed extraregionali, nonché con il diretto contributo operativo di assetti britannici, ha avviato una campagna di bersagliamenti contro postazioni legate al gruppo armato Houthi in Yemen. Dopo un primo attacco massivo, diretto a degradare sensibilmente le capacità della milizia di continuare a minacciare il traffico commerciale nello Stretto di Bab el-Mandeb, mediante la distruzione di postazioni radar, depositi e rampe di lancio per droni, missili balistici e da crociera antinave, il dispositivo aeronavale dispiegato nella regione è passato a colpire obiettivi di opportunità con l’intento di prevenire ed anticipare ulteriori attentati alla sicurezza delle navi in transito.

L’azione in Yemen è stata seguita il 2 Febbraio da un’altra massiccia operazione aerea contro centri di comando e controllo e depositi di equipaggiamento riconducibili a Kataib Hezbollah ed alle Forze Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane in Iraq e Siria. I bombardamenti, realizzati in risposta al decesso di tre militari statunitensi in uno degli oltre 170 attacchi contro basi e postazioni avanzate (FOB – Forward Operating Base) di Washington nell’area, hanno coinvolto 85 bersagli, implicando l’impiego di oltre 125 munizioni aeree di precisioni ed hanno neutralizzato numerosi obiettivi di alto valore (HVT – High Value Target).

Entrambe le operazioni si inquadrano all’interno di una postura statunitense, conseguente alla crisi in Medio Oriente, iniziata con gli attacchi terroristici del 7 Ottobre contro Israele da parte di Hamas ed inaspritasi progressivamente con l’avvio ed il prosieguo delle ostilità nella Striscia di Gaza, finalizzata a mantenere una solida deterrenza verso attori malevoli, prevenendo al contempo una pericolosa escalation regionale. La selezione di bersagli limitati e spesso puntiformi, sulla base di accurate attività di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR – Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) ed il ricorso diffuso ad effettori di precisione, spesso a lungo raggio, appare infatti consistente con la volontà di disarticolare e degradare selettivamente alcuni assetti e capacità abilitanti degli avversari, contenendo al massimo i danni collaterali e riducendo al minimo i rischi per le proprie forze. Nel dettaglio, missili da crociera per attacco terrestre (LACM – Land Attack Cruise Missile) Tomahawk, lanciati sia da piattaforme di superficie che sottomarine, nonché un insieme di munizionamento aereo di precisione, inclusivo di ordigni a guida GPS ed inerziale (JDAM – Joint Directed Attck Munitions) e nel caso yemenita anche di missili aria-superficie antiradar AGM-88 HARM (High-speed Anti Radiation Missile) e bombe a guida laser Paveway IV, sono stati impiegati.

Sia le azioni in Yemen, sia quelle più recenti in Iraq e Siria sono infine state sfruttate, benché con gradi diversi, dal Regno Unito nel primo caso e dagli Stati Uniti nel secondo, per condurre una dimostrazione esplicita delle rispettive capacità militari (show-of-force) in un contesto operativo reale, con l’intento da un lato di esercitare le proprie unità, acquisendo anche lessons learn ed, e dall’altro di segnalare a competitors regionali e non solo le relative potenzialità in caso di minaccia. Durante i bombardamenti del 12 Gennaio, la Royal Air Force (RAF) ha infatti effettuato una delicata e complessa operazione con diversi Eurofighter Typhoon, decollati dalla base cipriota di Akrotir e riforniti in volo per raggiungere i rispettivi bersagli ad oltre 3.200 chilometri di distanza, dimostrando elevate capacità di pianificazione e condotta di operazioni aeree a lungo raggio. Non diversamente, gli attacchi statunitensi del 2 Febbraio sono stati condotti prevalentemente con il dispiegamento intercontinentale, senza soste a terra, di bombardieri strategici B1-B Lancer, partiti dalla base della US Air Force (USAF) di Dyess, in Texas, per colpire obiettivi a più di 7.000 chilometri di distanza.

Nel complesso, le attività condotte in Yemen, Iraq e Siria, appaiono pertanto perseguire una pluralità di intenti, mirando non solo a conseguire effetti tattico-operativi nel teatro di interesse, ma ad integrarsi nelle rispettive strategie di deterrenza e difesa dei Paesi coinvolti.

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