Il ritiro delle truppe statunitensi dall'Afghanistan mette a rischio la stabilita' del Paese
Il segretario alla Difesa statunitense ad interim Christopher Miller ha annunciato che gli Stati Uniti ridurranno le proprie truppe in Iraq e Afghanistan su raccomandazione del Presidente Donald Trump. Per l’Afghanistan il numero di truppe passerà da 4500 a 2500 entro il mese di gennaio, con un taglio che andrà a sommarsi alle 8000 unità già ritirate lo scorso anno. La notizia giunge dopo una settimana di licenziamenti di alti funzionari del Pentagono contrari all’iniziativa, dal segretario per la Difesa Mark Esper, al sottosegretario per le politiche James Anderson, dal sottosegretario per l’intelligence Joseph Kernan, al capo dello staff del segretario Jen Stewart. Questi sono stati sostituiti da personalità vicine a Trump, più favorevoli al rimpatrio dei militari americani.
Le motivazioni alla base della decisione di Trump sono da ritrovarsi nell’attuale situazione politica interna agli Stati Uniti e negli obiettivi di Trump in questo frangente. Ritirando le truppe appena prima dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, infatti, il Presidente uscente darà seguito ad una delle promesse cardine della sua campagna elettorale, lasciando tuttavia a Biden l’incombenza di doverne gestire le difficili conseguenze.
Queste riguarderanno in primis la sicurezza dell’Afghanistan e della sua popolazione: sebbene i negoziati tra il governo e i Talebani previsti dagli accordi di Doha siano iniziati a settembre, i colloqui hanno presto incontrato una fase di stallo, durante la quale il numero di attacchi talebani ha subito un aumento del 50% rispetto agli anni precedenti. Le frequenti richieste del governo afghano per la riduzione della violenza da parte dei talebani, come segno di buona volontà, sono rimaste inascoltate e sono state seguite da un’esacerbazione degli attacchi: nelle ultime settimane senza l’intervento delle forze statunitensi, i Talebani avrebbero potuto prendere il controllo della città di Kandahar, nel sud del Paese.
Il ritiro delle truppe americane potrebbe dunque lasciare un vuoto di potere vantaggioso per i Talebani, così come per la galassia di organizzazioni insorgenti e terroristiche presenti specialmente nelle zone sud e est del Paese, non ultime al-Qaeda e Daesh nel Korasan. Questo rischia di dare luogo ad una recrudescenza del fenomeno terroristico nelle suddette aree del Paese, con reiterate instabilità per l’Afghanistan, ma potenzialmente anche per l’area circostante.
Nel caso di una forte riduzione delle truppe statunitensi, conseguenze importanti si avrebbero anche sulla missione NATO Resolute Support, iniziata nel gennaio 2015 e finalizzata al mentoring e all’addestramento delle Forze di Sicurezza afghane. Innanzitutto, queste ultime vedrebbero ridursi le attività di supporto, dato che il contingente statunitense costituisce attualmente poco meno della metà dell’intera coalizione multinazionale. Le stesse vedrebbero dunque indebolita la propria capacità di arginare le minacce interne e di contribuire alla stabilizzazione del territorio. Accanto a ciò, gli Alleati NATO in Afghanistan si troverebbero scoperti per quanto riguarda una serie di importanti attività militari, in cui il supporto statunitense è sempre stato fondamentale, dal trasporto pesante alla logistica, dalle attività C4I al Close Air Support (CAS). Con la drastica riduzione degli effettivi statunitensi, dunque, la missione NATO dovrebbe essere rimodulata, almeno parzialmente. Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, pur sottolineando la volontà comune a tutti i partecipanti di lasciare l’Afghanistan entro il 2024, ha evidenziato il prezzo elevatissimo di un ritiro troppo rapido e scoordinato sulla sicurezza del Paese.
Se, da un lato, è vero che il ritiro delle truppe statunitensi era già stato ampiamente preannunciato dal Presidente Trump, è altrettanto vero che avrebbe dovuto avvenire gradualmente ed accompagnare passo dopo passo il processo di pacificazione e stabilizzazione del Paese, alla luce di progressi quantificabili ed evidenti. Questa non è la realtà attuale dell’Afghanistan, dove, al contrario, la repentina riduzione del contingente statunitense potrebbe dare l’opportunità ai Talebani e ad altri gruppi insorgenti di ritagliarsi nuovi spazi, minando la fragile stabilità del Paese e lasciando al governo di Kabul e alle sue Forze di Sicurezza un compito attualmente troppo gravoso per essere affrontato in autonomia.