La trasformazione della Bundeswehr nel nuovo orizzonte strategico tedesco
Il 27 febbraio, a tre giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il Cancelliere tedesco Scholz ha annunciato l’intenzione di stanziare 100 miliardi di euro di fondi per la Difesa da destinare all’ammodernamento della Bundeswehr, le Forze Armate tedesche. Tre mesi dopo, il 3 giugno, i legislatori tedeschi hanno approvato al Bundestag la creazione di un fondo speciale per la Difesa, dell’entità preannunciata dal Cancelliere, in aggiunta al budget annuale di circa 50 miliardi di euro, da spalmare su un orizzonte temporale di cinque anni. Tale scelta rappresenta un cambio di paradigma radicale nell’approccio della nazione tedesca alla strutturazione, al mantenimento e all’impiego delle proprie Forze Armate.
Per comprendere la straordinarietà di una transizione così profonda, definita da media ed esperti “Zeitenwende” (punto di svolta), è necessario considerare come le Forze Armate tedesche siano state strutturate e concepite in termini strategici dal secondo dopoguerra ad oggi. In questa prospettiva è di particolare importanza il ruolo che gli Alleati, ed i tedeschi stessi, imputavano alle forze della Repubblica Federale Tedesca. Dalla divisione del suolo germanico nel 1949, con la creazione ufficiale delle due Germanie e il loro ingresso nelle sfere di influenza dei due blocchi contrapposti, fino alla riunificazione avvenuta il 3 ottobre del 1990, infatti, l’Alleanza Atlantica concepì la Bundeswehr come rappresentante la prima linea di difesa nell’eventualità di un’invasione sovietica proveniente dalla Repubblica Democratica Tedesca. Di conseguenza, disporre di un esercito modernamente equipaggiato, addestrato e con un alto livello di prontezza, anche a fini di deterrenza, venne riconosciuta come una priorità sia dagli Alleati sia dall’opinione pubblica della Germania Ovest.
Tale approccio portò la Repubblica Federale a disporre di alcune tra le Forze Armate più potenti, moderne e numerose in Europa nella seconda metà del XX secolo. Tuttavia, con la fine della Guerra Fredda, un simile strumento militare esaurì il proprio scopo principale, dato che il nemico contro il quale garantiva una pronta reazione difensiva in caso di attacco aveva cessato di esistere. Una simile dinamica si manifestò in tutti gli eserciti della NATO, con un radicale decremento delle spese per la Difesa ed una altrettanto rilevante riduzione del numero di effettivi inquadrati nelle Forze Armate dei vari Stati. A questo deve aggiungersi l’emergere della minaccia asimmetrica derivante dal terrorismo internazionale nel post-11 settembre. Questo ha comportato un radicale aggiustamento della composizione, nonché un cambiamento dottrinale, degli apparati di difesa nazionali che sono stati ricalibrati per la lotta al terrorismo e per condurre operazioni di contro-insorgenza, missioni ben diverse rispetto ad un eventuale conflitto convenzionale tra Stati. Inoltre, il venir meno della minaccia sovietica ed il conseguente indebolimento della priorità strategica ad essa connessa si manifestò in modo differente nei diversi Paesi, a seconda di aspetti storici e culturali altamente variabili. Nella Germania riunificata questa radicale evoluzione sul piano strategico e geopolitico si declinò sul fronte interno in un forte sentimento antibellicista, ampiamente diffuso tra l’opinione pubblica ed espresso dalle scelte della classe politica. Tale sentimento fu alimentato anche dalla percezione di una “colpa storica” derivante dal Nazismo e quindi dalla necessità di mantenere la potenza militare tedesca in uno stato che rendesse irripetibili i crimini commessi dal Terzo Reich. In tale ottica, come è inevitabile per una società riluttante a disporre di una forza armata da impiegare secondo le proprie priorità strategiche, la Bundeswehr ha subito dai primi anni ’90 un processo di sostanziale decadimento caratterizzato da un mancato ammodernamento, dall’obsolescenza di molti sistemi d’arma tutt’ora in uso e da una riduzione numerica che ha portato gli effettivi totali dai circa 500.000 della fine della Guerra Fredda alle circa 180.000 unità attuali. A titolo esemplificativo un rapporto della statunitense RAND Corporation del 2017 ha stimato che la Germania non sarebbe in grado di schierare una brigata pesante per un eventuale confronto militare in Europa orientale.
Tali dinamiche storiche rendono evidente quanto lo stanziamento di 100 miliardi per la Difesa rappresenti un radicale cambio di paradigma, sintomo di una ricalibrazione della postura strategica tedesca ed in particolare del suo ruolo nelle dinamiche di difesa interne all’Unione Europea. Prima di considerare le implicazioni strategiche del riammodernamento della Bundeswehr è cruciale analizzare secondo quali parametri il fondo per la Difesa verrà ripartito tra le diverse componenti delle Forze Armate tedesche. L’aeronautica è destinata a ricevere la quota maggioritaria, con 41 miliardi destinati alle acquisizioni di nuovi sistemi. Tra questi, due si segnalano come particolarmente rilevanti: gli elicotteri per trasporto truppe Chinook, prodotti dalla Boeing, che dovrebbero sostituire i CH-53 attualmente in uso, vecchi di 50 anni e con pezzi di ricambio ormai quasi introvabili, ed i caccia di quinta generazione F-35, prodotti dall’americana Lockheed Martin e già inseriti prima dell’istituzione del fondo nei programmi di acquisizione della Difesa tedesca al fine di sostituire l’attuale flotta di Tornado. Nell’introduzione del nuovo modello di aeromobile verrebbe mantenuta la capacità di trasportare bombe nucleari statunitensi, attualmente integrata proprio sul velivolo Tornado. Parte dei fondi verrà anche destinata al produttore europeo Airbus, che dovrebbe ultimare lo sviluppo del caccia Eurofighter. In merito allo sviluppo della componente aerea, la Germania ha anche superato la posizione che l’ha lungamente vista opposta all’impiego di droni con capacità d’attacco, sostenuta in passato dagli stessi social-democratici del cancelliere Scholz. Il ruolo centrale che hanno ricoperto i droni armati nel conflitto in Ucraina negli ultimi mesi ha spinto la Bundeswehr a impegnarsi nell’acquisizione di munizioni per i droni israeliani Heron TP già a disposizione dell’aviazione militare tedesca.
Alla Deustche Marine verranno invece destinati 19 miliardi, per l’acquisizione di sottomarini U-212, fregate tipo F126 e corvette classe Braunschweig 130, che dovrebbero andare a sostituire quelle già in uso e da lungo tempo obsolete. Le forze di terra riceveranno invece 17 miliardi che verranno usati quasi interamente per rinnovare i veicoli corazzati per il trasporto truppe ed altri mezzi da combattimento. I carri armati non dovrebbero essere invece al centro degli investimenti derivanti dal nuovo fondo, per quanto la Germania si sia impegnata a sviluppare, in collaborazione con la Francia, il successore del Leopard 2, in servizio dal 1979.
La seconda voce di spesa prevista nell’impiego dei 100 miliardi è rappresentata dai 21 miliardi che verranno ripartiti tra le tre componenti delle Forze Armate tedesche per l’acquisizione e lo sviluppo di tecnologie di comunicazione avanzate. L’essenzialità di questo elemento è stata ribadita dalle difficoltà riscontrate dalle truppe russe in Ucraina, le quali hanno comportato per i reparti di Mosca un costo molto elevato a livello tattico soprattutto nelle fasi iniziali del conflitto. In particolare, le forze russe hanno dimostrato gravi carenze sotto il profilo tecnologico nella capacità di stabilire comunicazioni efficienti e sicure, aspetto che ha reso la trasmissione di informazioni particolarmente rilevanti, come i movimenti di truppe, facilmente intercettabile, consegnando un vantaggio consistente agli ucraini. È dunque evidente come la guerra in Ucraina, che si è rivelata fondamentale per smuovere i leader e l’opinione pubblica tedesca portando alla cosiddetta Zeitenwende, abbia inciso anche sulle considerazioni volte a definire in modo concreto l’utilizzo dei 100 miliardi per l’ammodernamento della Bundeswehr, definendo priorità e criticità.
Ad essere particolarmente rilevanti sono poi le implicazioni strategiche che la svolta intrapresa dalla Repubblica Federale impone agli equilibri europei ed atlantici. Infatti, sia la struttura di sicurezza europea che quella che ruota attorno alla NATO, e dunque agli Stati Uniti, sono state plasmate sulla base di un’idea di Germania economicista e con un approccio estremamente cauto e prudente nell’utilizzo attivo dello strumento militare all’estero. Tale fenomeno si è tradotto, nel caso specifico tedesco, in una marcata renitenza ad usare propri contingenti militari in missioni internazionali in teatri di crisi lontani dal contesto domestico. Questa condizione, in particolare nei primi decenni del secondo dopoguerra ma senza mai estinguersi, è sempre stata volta anche ad evitare che la Germania potesse dotarsi di uno strumento militare che le permettesse di replicare le aggressioni che ne hanno determinato la politica estera nella prima metà del ‘900. Se la Germania dovesse effettivamente riemergere nei prossimi anni come un attore in grado di contribuire in modo determinante alla struttura di difesa e sicurezza europea, avrebbe la possibilità di influenzare le priorità e l’evoluzione in termini strategici di tale sistema oltre gli aspetti meramente economici, come già accade. In particolare, ad essere di considerevole rilevanza sarebbe l’impatto sugli equilibri della Difesa europea. La volontà tedesca di riammodernare il proprio apparato convenzionale, senza tuttavia mettere in discussione l’ombrello di difesa nucleare americano, concederà alla Germania una leva negoziale difficilmente pareggiabile in sede europea nell’ambito della definizione delle priorità della Difesa comune. Dal momento che il peso di ciascuna nazione in tali processi negoziali è definito anche dall’entità del proprio strumento militare, le risorse economiche tedesche, accompagnate da competenze tecniche particolarmente avanzate, potrebbero consentire in prospettiva di affermare, ed in alcuni casi imporre, i propri interessi nazionali nell’agenda della Difesa europea e sui rilevanti futuri sviluppi di questa.
Nonostante ciò, non bisogna dimenticare come le dinamiche storiche, ben note anche agli europei - francesi in primis -, hanno dato prova della natura del fattore umano tedesco in ambito strategico e militare, il che renderà fondamentali le modalità con cui i tedeschi stessi sceglieranno di declinare la “Zeitenwende” e come gli Alleati, americani ed europei, reagiranno ad una tale evoluzione.
Niccolò Murgia è stagista presso il Desk Difesa e Sicurezza