I nuovi attentati a Kabul e la sfida securitaria per i talebani
Venerdì 30 settembre, a Dasht-e Barchi, un distretto sito a Kabul ovest, un attentatore ha ucciso 53 persone, ferendone altre 11. L’uomo si è fatto esplodere in un’aula del centro formativo Kaaj, al momento dell’attacco occupata da 600 studenti intenti in un esame di accesso universitario. Benché l’attacco non sia ancora stato rivendicato, la scelta del target dell’attentato è di interesse per due motivi: è uno dei pochi istituti rimasti a garantire l’insegnamento alle ragazze – 46 di loro sono tra le vittime – ed è collocato in una zona con forte presenza etnica hazara e di maggioranza sciita.
Sin dall’insediamento della nuova autorità talebana, la questione dell’istruzione femminile ha informato il dibattito pubblico internazionale. Mentre, infatti, l’istruzione primaria è ancora assicurata alle bambine, nessun istituto pubblico insegna più alle ragazze e i pochi centri che continuano a farlo sono privati, come quello a Dasht-e Barchi, che accoglie classi miste. Il significato del prendere di mira le studentesse può essere quindi duplice: da un lato minare la legittimità talebana nella sua capacità di fornire sicurezza alle poche forme residuali di istruzione femminile, dall’altro impedirne l’accesso scolastico.
La comunità hazara, cui appartengono molti studenti che frequentano l’istituto Kaaj, è invece bersaglio abituale dei militanti dello Stato Islamico. Proprio l’area di Dasht-e Barchi ha assistito, negli ultimi anni a numerosi attentati dell’ISIS-K a danno di scuole e della comunità sciita. L’Islamic State of Khorasan Province, ramo centrasiatico dell’IS, è infatti proliferato nell’ultimo biennio, trovando terreno fertile nell’insicurezza generata dal ritiro delle Forze Internazionali e ponendosi come principale antagonista del nuovo governo talebano in Afghanistan, politicamente ancora instabile. Il Global Terrorism Index attribuisce, tra le 1436 vittime di attacchi terroristici nel 2021, 518 morti agli attentati dell’ISKP; inoltre, il numero di unità stimate tra le file dei suoi militanti è in costante crescita. La loro attività sfida apertamente i talebani, che trovano nell’agenda securitaria uno dei banchi di prova per la futura stabilità del proprio governo. La prevenzione degli attentati terroristici e la sicurezza interna al Paese sono uno dei pochi punti che potrebbero sostenere il patto sociale tra l’Emirato Islamico e la maggioranza della popolazione, sicurezza che ad ora viene scarsamente garantita. A dimostrare la fragilità del contesto afghano attuale è il fatto che l’attentato alla scuola a Dasht-e Barchi è stato seguito da un secondo attacco, avvenuto nel pomeriggio del 5 ottobre, in una moschea presso il Ministero degli Interni. L’esplosione nella moschea della struttura ha ferito e ucciso impiegati ministeriali (ad ora 4 morti e 25 feriti), e chiarisce bene l’attuale esposizione agli attentati del Paese: l’evento, senza ancora rivendicazione, vede colpito l’apparato governativo responsabile di sicurezza e forze dell’ordine. Benché quindi nessuno dei due attentati sia stato ancora rivendicato, la frequenza di questi incidenti e la diversificazione dei bersagli rivela la sostanziale incapacità dei vertici talebani al potere di garantire sicurezza non solo alla popolazione, ma anche alle proprie istituzioni.
La partita aperta con il fronte anti-talebano, costituito sia da IS-K che da una miriade di gruppi militanti, potrebbe quindi costituire un elemento di progressiva erosione della legittimità interna del governo attuale oppure, qualora si riesca a trovare una strategia per far fronte alla minaccia, un’occasione per i talebani per attenuare l’insofferenza popolare.