Lo Stato Islamico del Khorasan torna ad attaccare le ambasciate
Terrorismo e Radicalizzazione

Lo Stato Islamico del Khorasan torna ad attaccare le ambasciate

Di Giulio Valenti
06.12.2022

Il 2 dicembre, l’ambasciata del Pakistan a Kabul è stata oggetto di un attacco armato il cui obiettivo dichiarato era il capo della missione diplomatica pakistana, Ubaid ur-Rehman Nizamani. I colpi d’arma da fuoco sono partiti da un edificio nelle vicinanze e hanno gravemente ferito una delle guardie dell’ambasciatore. I sospetti relativi al coinvolgimento dello Stato Islamico del Khorasan (IS-K), non nuovo a questa tipologia di obiettivi strategici, sono stati confermati il giorno seguente, tramite un annuncio della sezione centrale dello Stato Islamico (IS). L’attacco analogo più recente risale al 5 settembre, quando il gruppo è riuscito ad infiltrare la rete di sicurezza talebana provocando un’esplosione presso l’ambasciata russa di Kabul, uccidendo due membri dello staff diplomatico e almeno altri sei individui. L’azione era giunta in seguito a una lunga campagna mediatica, nei canali di propaganda affiliati al gruppo jihadista, contro la Russia e la sua presenza in Afghanistan. Tra gli obiettivi di alto profilo, le ambasciate, i consolati e le missioni diplomatiche sono recentemente diventati i bersagli preferiti dall’IS-K. Mentre si rintracciano attacchi simili anche nel periodo precedente alla riconquista talebana di Kabul (come nel caso dell’attentato del 2016 al Consolato del Pakistan a Jalalabad o l’esecuzione di un funzionario della stessa struttura nel giugno del 2021), è in seguito all’instaurazione dell’Emirato Islamico d’Afghanistan che questo genere di attacchi si è inserito in una strategia precisa. Nella diatriba dell’IS-K con i talebani, colpire le rappresentanze diplomatiche estere in Afghanistan significa minare la credibilità del governo di Kabul, disperatamente in cerca del riconoscimento internazionale, dimostrandone così l’incapacità nel garantire sicurezza interna. Nella stessa linea strategica, ad esempio, si inseriscono anche l’ attentato del 26 agosto 2021 all’aeroporto della capitale, che ha causato oltre 180 vittime tra le quali 13 militari statunitensi, le esplosioni dinanzi al consolato indiano di Jalalabad di settembre 2021 e l’attentato sventato, sebbene mai ufficialmente rivendicato, presso l’ambascia del Turkmenistan a Kabul. È fondamentale inquadrare come il tentato assassinio di Nizamani sia stato preceduto dalla visita a Kabul, il 29 novembre, del Ministro degli Esteri pakistano, giunto in Afghanistan per discutere della sicurezza del confine e della recente violazione del cessate il fuoco con il Movimento Talebano Pakistano (TTP), di cui l’Emirato Islamico d’Afghanistan si era fatto mediatore. L’IS-K ha per questo motivo criticato ferocemente i talebani, e, considerando deprecabile l’utilizzo della diplomazia, ha ideato nel tempo una retorica che vede l’Emirato come un fantoccio del Pakistan e degli Stati Uniti. A dimostrare l’attenzione del gruppo jihadista per la questione pakistana, il 4 dicembre l’IS-K ha rilasciato un video in inglese interamente dedicato al Paese, attaccandone i politici e le relazioni con i paesi vicini, compresi USA e Russia. Al di là, inoltre, delle riflessioni sulle strategie e gli obiettivi di IS-K nella regione, vale la pena osservare anche come l’attribuzione dell’attacco all’IS-K sia provenuto, in questo caso, dai canali Telegram affiliati a IS. L’annuncio, giunto dai vertici dell’organizzazione, differisce dalla pratica comune, avendo lo Stato Islamico del Khorasan costruito una propria solida e sofisticata rete propagandistica centralizzata in al-Azaim, un’entità mediatica di assoluto rilievo nel panorama jihadista globale, che è veicolo di ogni messaggio del gruppo centroasiatico.

Articoli simili