Crisi a Ceuta e Melilla: la questione migratoria come strumento di tensione politica tra Marocco e Spagna
Medio Oriente e Nord Africa

Crisi a Ceuta e Melilla: la questione migratoria come strumento di tensione politica tra Marocco e Spagna

Di Angela Ziccardi
26.05.2021

Nella notte tra il 16 e il 17 maggio oltre 8.000 migranti si sono riversati nelle due enclave spagnole di Ceuta e Melilla, unici confini terrestri dell’Unione Europea sulla costa settentrionale del Marocco. L’arrivo in massa sarebbe stato deliberatamente causato dallo stesso governo di Rabat, che ha ordinato l’apertura delle frontiere in modo da far passare i migranti e generare nuove tensioni con Madrid.

Alla base della crisi vi è stata la decisione spagnola di ospitare il leader del Fronte Polisario, Brahim Ghali, al momento ricoverato in un ospedale di Logroño in quanto malato di cancro e ora positivo al Covid-19. Ghali è a capo del movimento nazionalista che si batte per l’indipendenza del territorio del Sahara Occidentale, lingua di terra a sud del Marocco contesa con il governo di Rabat dal 1975. Viste le gravi condizioni di salute, l’uomo sarebbe entrato in Spagna il 20 aprile sotto falsa identità su richiesta dell’Algeria, protettrice da sempre della causa del popolo saharawi. Decisione che ha fatto infuriare Rabat, che considera il fronte Polisario organizzazione terroristica e non poteva restare indifferente alla volontà spagnola di dare protezione a uno dei suoi target di riferimento, nonostante Madrid abbia motivato il ricovero per “ragioni umanitarie”. Una giustificazione, tuttavia, totalmente rigettata dal Ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, che ha ricordato come il Marocco non abbia intrattenuto alcun tipo di contatto e interazione quando la Spagna ha dovuto fare i conti con il separatismo catalano.

Al contempo, l’assistenza medica offerta dal governo di Sanchez non costituisce l’unica motivazione dietro l’apertura delle frontiere marocchine. Infatti, il Marocco vorrebbe sfruttare il clima di normalizzazione con Israele, raggiunto tramite gli Accordi di Abramo del 2020, per spingere quanti più attori internazionali possibili a riconoscere la propria sovranità sul Sahara Occidentale. A fare da apripista è stata proprio la precedente Amministrazione USA guidata da Donald Trump, che ha assentito alla sovranità di Rabat sul territorio saharawi come ricompensa al Marocco per la normalizzazione con Israele. Una posizione che il governo marocchino vorrebbe fosse assunta anche dalla Spagna, ma che metterebbe in estrema difficoltà Madrid, che vuole continuare ad attenersi alle risoluzioni delle Nazioni Unite sulle negoziazioni tra Marocco e Fronte Polisario. Una scelta, in parte giustificata anche dai forti legami economici ed energetici che la Spagna ha costruito in tempi recenti con l’Algeria, grande fornitore di gas nel Mediterraneo e principale sostenitore del movimento indipendentista saharawi. Inoltre, non bisogna dimenticare che Madrid ha finora detenuto degli ottimi rapporti di cooperazione economica con il Marocco stesso, motivo che ha spinto il governo spagnolo a trattare la questione con estrema cautela, nonostante al momento Rabat non abbia messo in dubbio la continuità del partenariato commerciale con la Spagna.

Dunque, la crisi di Ceuta e Melilla sembrerebbe rientrare in un progetto politico più ampio, che permette alle autorità marocchine di sfruttare la questione migratoria come strumento di pressione sulla vicina Spagna al fine di ottenere un chiaro guadagno politico. Strategia già utilizzata anche dall’altra parte del Mediterraneo, dove il Presidente turco Recep Tayyip ErdoÄŸan ha spesso paventato la minaccia di aprire i confini territoriali della rotta balcanica per rivendicare concessioni economiche e peso politico dall’Unione Europea. In ambo i casi, è quest’ultima a rimetterci, a testimonianza di come la strategia dell’esternalizzazione delle frontiere per la gestione dei flussi migratori non sia in grado di funzionare in maniera corretta, in quanto dipendente da troppi fattori politici.

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