Accordo di cooperazione militare Marocco-Israele: intesa storica nel solco degli Accordi di Abramo
Il 24 novembre, i Ministri della Difesa di Marocco e Israele hanno firmato a Rabat un importante memorandum di cooperazione militare, che si pone come un unicum nella intricata storia dei rapporti tra Tel Aviv e i Paesi arabo-musulmani della regione MENA. L’accordo bilaterale, che si inserisce in quell’articolato complesso di intese stipulate da Israele con Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan che fungono da architrave degli Accordi di Abramo, definisce così il primo e più promettente sviluppo tra Tel Aviv e un Paese arabo-africano dalla firma degli accordi di Washington, il 15 settembre 2020.
Il MoU, firmato alla presenza di Benny Gantz e del suo omologo marocchino Abdellatif Loudiyi, stabilisce un quadro di cooperazione bilaterale più definito in materia di sicurezza e difesa, consentendo un maggiore e più solido rapporto, soprattutto, nei settori dell’intelligence, della collaborazione industriale e dell’addestramento militare. Durante l’incontro, i due Ministri hanno anche ribadito l’importanza di una cooperazione rafforzata a tutti i livelli, in modo da definire un fronte forte e coeso di attori statali in grado di contenere e combattere le principali minacce alla pace, alla prosperità e alla stabilità in Medio Oriente e Nord Africa. Concetti molto simili a quelli già espressi dal Ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid nella visita di luglio, nell’incontro tenuto con il suo omologo marocchino, Nasser Bourita. In quell’occasione, entrambi i leader avevano ribadito la ferma volontà nel lavorare insieme al fine di contenere la spinta di quegli attori vicini alle istanze internazionaliste di Iran e Turchia, ritenuti tra i principali destabilizzatori dell’ordine mediorientale (in quel caso il riferimento neanche tanto velato era relativo al recente avvicinamento diplomatico di Algeri a Teheran e Ankara). Nell’incontro con Loudiyi, quindi, Gantz ha rafforzato quei concetti ed espresso un forte desiderio volto al rafforzamento della cooperazione bilaterale, intravedendo in ciò un elemento utile a favorire una piena normalizzazione tra Israele e Marocco.
Entrambi i Paesi hanno costruito negli anni stretti legami economici, diplomatici e militari, ma sono soprattutto questi ultimi ad aver garantito un certo sviluppo bilaterale, nel quale hanno trovato spazio particolare la cooperazione in ambito di intelligence e di industria militare. A giugno, un C-130 marocchino era atterrato in Israele, segnando la prima volta di un’unità anti-terrorismo del Regno nordafricano nel prendere parte con i colleghi israeliani ad un’esercitazione internazionale. A ciò si aggiunga la collaborazione diretta tra le agenzie di difesa informatica dei due Paesi in materia di sicurezza cibernatica. In un certo senso anche le ripercussioni sul versante marocchino dello scandalo dello spyware israeliano Pegasus (luglio 2021) sono una indiretta manifestazione di ciò. Altresì, i comparti tecnologia e sicurezza rappresentano i due rami più interessanti nelle prospettive strategiche bilaterali. Emblematico in tal senso è l’acquisto marocchino dall’Israeli Aerospace Industries di tre droni Heron, nell’ambito di un contratto stipulato nel 2020 che prevedeva anche la fornitura di stazioni di comando, ricambi e supporto tecnico, e che verosimilmente sono stati usati da Rabat per combattere alcune fasce di resistenza sahrawi nel Sahara Occidentale. A beneficiarne sarà anche l’economia che, secondo l’Israel Export Institute, contribuirà ad uno sviluppo importante grazie alla crescita delle esportazioni annuali verso il Marocco, attualmente pari a circa 250 milioni di dollari.
Pur rientrando nel solco degli Accordi di Abramo, l’intesa raggiunta tra Israele e Marocco rappresenta qualcosa di diverso rispetto alle altre. Innanzitutto per la formula tripolare dell’intesa che allarga la questione direttamente anche agli Stati Uniti. Il Marocco, infatti, avrebbe normalizzato gradualmente le relazioni con Israele soltanto se la Casa Bianca avesse riconosciuto – come pare lascerà inalterato anche l’Amministrazione Biden – le rivendicazioni marocchine verso il Sahara Occidentale. In secondo luogo, altro elemento peculiare dell’intesa è il valore politico e culturale del legame. Infatti, a differenza di altri Paesi arabi e musulmani della regione, Rabat e Tel Aviv hanno avuto rapporti diplomatici diretti costruiti durante il periodo degli accordi di Oslo (1993), prima di raffreddarsi nei primi anni Duemila a causa dell’esplosione della Seconda Intifada. Inoltre, gli israeliani di origine marocchina (circa 250.000 persone) hanno avuto un ruolo molto importante nella storia dello Stato di Israele, così come la comunità ebraica marocchina che è la più grande dell’intera regione (circa 3.000 persone).
Alla luce di ciò, la ripresa dei legami tra Marocco e Israele è parsa una sorpresa solo parziale e un completamento di un percorso di recupero che si è andato rafforzando con le visite recenti di Lapid e Gantz e la firma del MoU tra Tel Aviv e Rabat. Pertanto, questo restart relazionale sembra aver tracciato una nuova via di non ritorno nel rapporto bilaterale e con impatti (più o meno) diretti sull’intera area MENA.