Marocco vs Algeria: una competizione oltre il Sahara Occidentale
L’incertezza generata dalla crisi pandemica continua a produrre forti tensioni e spinte sistemiche in tutti gli scenari geopolitici. Tra questi, lo spazio geostrategico mediterraneo-nordafricano, che in questi ultimi anni è stato totalmente assorbito dalla crisi libica e dal fenomeno migratorio, spicca come uno dei quadranti più fragili e fluidi a livello globale.
In questo scacchiere, le recenti tensioni diplomatiche emerse tra Marocco e Algeria hanno riacceso incidentalmente l’attenzione della Comunità internazionale su una questione a lungo caduta nel dimenticatoio, ovvero la crisi nel Sahara Occidentale. Una questione complessa e incancrenitasi nel tempo che tuttavia alimenta nuovi dubbi e timori sugli impatti multidimensionali che il tema saharawi può avere sulla condizione generale di tenuta della regione, soprattutto in termini di stabilità e potenziale geo-economico e politico.
La situazione è precipitata tra il novembre e il dicembre 2020, a seguito di due eventi molto precisi: il primo è relativo agli incidenti accaduti nell’area di Guerguerat, che hanno fattivamente messo fine al cessate il fuoco del 1991 imposto dalle Nazioni Unite, mentre il secondo episodio riguarda l’inclusione del Marocco negli Accordi di Abramo. Questi due momenti non solo hanno riacceso la miccia delle tensioni tra Rabat e combattenti sahrawi, ma hanno indirettamente dato nuova linfa all’altrettanto storica contesa sul Sahara Occidentale con Algeri, acuita dal repentino precipitare di accadimenti successivi. In primo luogo, la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi maghrebini (agosto 2021) e in secondo luogo l’incidente mortale (3 novembre 2021) che ha coinvolto tre autisti algerini nel Sahara Occidentale mentre erano a bordo dei loro camion che sono andati in fiamme nel tragitto che da Nouakchott, la capitale della Mauritania, porta a Ouargala in Algeria. Ancora oggi non è chiara la causa e la dinamica dell’incendio ed il luogo preciso del percorso.
Al di là del consueto rimbalzo di responsabilità tra Algeria e Marocco, è evidente che gli ultimi incidenti occorsi hanno prodotto un immediato innalzamento del livello dello scontro: il governo di Algeri ha annunciato il blocco del suo spazio aereo e soprattutto la chiusura del Gasdotto Maghreb-Europa (MEG) che passa in territorio marocchino. Una decisione che di fatto punta all’internazionalizzazione della crisi con ripercussioni soprattutto per la Spagna, primo fruitore di gas algerino e in generale sul costo complessivo dell’energia in Europa, nonché un messaggio indiretto anche a Bruxelles grazie alla leva politica della fornitura di gas al vecchio continente.
Come decifrare il crescente nervosismo di Algeri? Essenzialmente attraverso l’analisi di due fattori: uno interno, legato alla gestione della complicata crisi sociale ed economica del paese; la pandemia ha influito enormemente sul prezzo del gas, inasprito le tensioni interne e la fiducia nel governo del Presidente Abdelmajid Tebboune. Ergo, l’opzione più redditizia è la ricerca di consenso contro il nemico esterno e la ripresa di un protagonismo dinamico nella regione come potenza economica e militare. L’altro fattore è quello esterno: la necessità di limitare la minuziosa e coraggiosa politica estera marocchina capace di costruire le condizioni, soprattutto nei fora internazionali, per legittimare la sovranità territoriale sul Sahara Occidentale. Nel 2020 Rabat ha avviato la normalizzazione dei rapporti con Israele nel contesto degli Accordi di Abramo e promosso una collaborazione pragmatica e affidabile nel quadro di soluzione dei dossier regionali con diversi attori africani.
Il tema del Sahara Occidentale e l’integrità territoriale costituisce la pietra angolare di tutta la politica estera marocchina, delineata attraverso “l’accumulazione senza precedenti di sviluppi sereni e costruttivi” così come l’ha definita il Sovrano Mohammed VI nel suo ultimo discorso alla nazione. L’Algeria da parte sua, è il più importante sostenitore dell’autodeterminazione del popolo saharawi attraverso il Fronte Polisario e questi incidenti – nei fatti – hanno destabilizzato non solo il processo negoziale del 1991, ma hanno provocato un nuovo contesto di confronto (anche diplomatico) con conseguenze non prevedibili. Un escalation militare potrebbe condurre a scenari libici con l’effetto di alimentare altri interessi internazionali in aree contigue (Sahara-Sahel, su tutte) e con effetti potenziali di instabilità in quasi tutta l’Africa Occidentale; a beneficiarvi sarebbero soprattutto quelle potenze regionali abituate a lavorare in una zona grigia del conflitto con il sostegno di forze collaterali e con apparati d’intelligence collaudati; Russia e Turchia in primis, sulla scia della redditizia esposizione in Libia che ha enormemente ampliato le rispettive quote di potere nella regione e nella negoziazione degli affari globali.
Sul punto, il quadro delle alleanze è trasversale ed in continua evoluzione; segno del crescente interesse internazionale sulla crisi e sui futuri utili geostrategici. Il Marocco gode di una forte reputazione presso gli Stati Uniti, difficili sono i rapporti con la Spagna, meglio con la Francia che da parte sua ha relazioni tese con l’Algeria; Russia e Turchia hanno uno speculare interesse nel sostenere Algeri, ma pochi vantaggi (immediati e concreti) nel farsi coinvolgere direttamente in un nuovo potenziale conflitto regionale. Dopo l’annuncio del riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale ormai quasi un anno fa, il 10 dicembre 2020 in seguito agli Accordi di Abramo, il Marocco ha approfondito le relazioni diplomatiche con Israele fino a siglare il 24 e il 25 novembre 2021 un sorprendente accordo di cooperazione in materia di difesa ed intelligence. In occasione della visita a Rabat del Ministro della Difesa Benny Gantz con l’omologo Abdellatif Loudiyi è stato rivelato parte di un protocollo di collaborazione che va ben oltre la vendita di armi e tecnologia, quanto a codici d’intelligence, informazioni ed operazioni congiunte. Una prospettiva che eleva al massimo livello le relazioni tra i due Paesi, sia nel quadrante di sicurezza specifico e sia nel sistema diplomatico delle alleanze globali. Prospettiva di movimento che per Algeri è sicuramente più ridotta, dovendo quasi esclusivamente agire sulla leva geo-economica e militare. Per questa ragione il coinvolgimento di Russia e Turchia sembra più interessato ad un utilitaristico contesto di tensione che ad un appassionato sostegno alla causa. L’aumento del costo del gas in concomitanza della bolla economica della ripresa post-Covid, la cooperazione militare (si parla di un contratto del valore di circa sette miliardi di dollari tra Algeri e Mosca) e l’affermazione di standing nel quadrante geostrategico, rappresentano i principali fattori di adesione alla sua posizione.
Al progressivo consolidamento dei due schemi di contrapposizione, appare indispensabile contrapporre un exit plan capace di decantare i termini della contesa, attraverso la ripresa dell’iniziativa diplomatica, unico dispositivo di de-escalation e protezione della crisi da derive di caos sistematico.
Fatti rilevanti, il tal senso, sono la nuova postura tedesca sul piano d’autonomia della regione presentato dal Marocco nel 2007 e definito dal neo Ministro degli Esteri Annalena Baerbock come un “contributo importante verso un accordo di pace” e il ruolo dell’Italia che, nel suo stile silenzioso, ha tenuto saldi e costanti i canali di comunicazione con le autorità algerine e marocchine. L’attività diplomatica di Germania e Italia può avere sulla crisi uno straordinario effetto stabilizzatore e rafforzare la nuova missione di Staffan de Mistura, nominato inviato personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, per il Sahara Occidentale.
L’esperto diplomatico italo-svedese, dal 12 al 19 gennaio 2022, ha iniziato il suo primo giro di consultazioni, incontrando il Ministro degli Esteri marocchino Nasser Bourita, il Rappresentante del Fronte Polisario presso le Nazioni Unite (ONU) ed il coordinatore della missione ONU-MINURSO, Sidi Mohamed Omar. Il viaggio ha permesso alle parti di analizzare le opportunità garantite dalla proposta del 2007 sull’autonomia della regione che può rappresentare una interessante base preliminare di discussione per poi avanzare sulle rispettive posizioni e ragioni. Lo spazio di mediazione ed approfondimento può essere, senza dubbio, il grande tema dello sviluppo di tutta la fascia nord-occidentale inclusiva dell’area contesa. Un grande piano economico sotto l’egida della comunità internazionale che permetterebbe a tutti gli attori del processo di pace di dialogare su temi concreti e di mutuo vantaggio, come la creazione di una zona economica speciale che esalti la geo-strategicità della zona costiera, a soli 400 km dalle più importanti raffinerie dell’Algeria.
Autonomia, sviluppo e stabilità della regione come presupposti angolari per un nuovo quadro di legalità e di reciproco riconoscimento: la garanzia dei diritti collettivi e individuali delle popolazioni sahrawi, sostenuta da ambiziosi progetti di integrazione economica e sociale. Tale progetto potrebbe rappresentare il giusto punto d’incontro tra gli interessi e le aspettative di tutte le parti interessate, a patto che ci si impegni – con le parole de Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres – con “realismo” e “spirito di compromesso”.