Crisi tra Algeria e Spagna: quali scenari per l’UE?
L’ufficio di Presidenza algerina di Abdelmadjid Tebboune ha rilasciato un comunicato all’interno del quale notifica la sospensione della cooperazione con la Spagna, ponendo fine a un accordo di “friendship, good neighbourliness and cooperation” firmato con il governo di Madrid nel 2002. La decisione è maturata dopo che Madrid ha concesso nel marzo scorso pieno appoggio al piano di autonomia marocchino sul tema del Sahara Occidentale e percepito da Algeri come un atto ostile nei suoi confronti. L’ufficio di Presidenza algerina ha, inoltre, sottolineato come Madrid abbia violato gli accordi presi vent’anni fa e abbia abusato del suo ruolo di potenza amministratrice nella questione specifica, dopo che nel 1975 la Spagna aveva ritirato le sue truppe dalla regione. Al contempo, la medesima fonte ha specificato che nella sospensione del trattato non rientrano le questioni relative ai contratti di fornitura energetica – almeno per il momento.
Il contesto regionale era stato destabilizzato già l’anno scorso, quando a seguito di incidenti che avevano coinvolto personale civile algerino lungo i confini marocchini si era giunti alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Rabat e Algeri. In questa disputa, la Spagna aveva fino ad oggi giocato il ruolo di arbitro, mantenendo la neutralità per molteplici ragioni. I rapporti con il Marocco sono sempre stati positivi, complice il poco dinamismo della politica estera marocchina nel quadrante. L’Algeria, invece, ha potuto avvalersi di rapporti privilegiati con Madrid grazie alla fornitura di gas: il Paese nordafricano rappresenta il principale fornitore per la Spagna (circa il 35%), convogliato tramite la pipeline Maghreb-Europa.
In questo triangolo di relazioni diplomatiche, entrambi gli attori nordafricani mantengono saldamente le proprie posizioni senza arretrare minimamente. Algeri ha da sempre sostenuto le rivendicazioni dei sahrawi, che sin dalla metà degli anni Settanta combattono per l’autonomia del territorio lungo i confini con il Marocco. Rabat, al contrario, ha fatto della disputa sahariana una questione di sicurezza nazionale. Dopo la firma degli accordi tra Algeria e Spagna, la monarchia marocchina ha cercato a più riprese di instaurare rapporti diplomatici con potenze extra-regionali per guadagnare sostenitori alla propria causa. Un primo passo è stato la definizione di una politica propriamente africana da parte del Marocco; il secondo punto è stata la firma degli Accordi di Abramo con Israele e, soprattutto, il riconoscimento degli Stati Uniti della territorialità marocchina sull’intero territorio sahrawi; infine, a seguito di quest’ultimo passo, vi è stata l’apertura di oltre 20 consolati di Paesi arabi ed africani a Dakhla e in altre zone del territorio, che di fatto riconoscono l’autorità marocchina sulla regione.
Parallelamente, Rabat ha esercitato molteplici pressioni nei confronti di Madrid grazie ad un approccio securitario in chiave migratoria, che ha soprattutto esposto le città-exclaves spagnole di Ceuta e Melilla a gestire nell’aprile-maggio 2021 imponenti flussi migratori provenienti dal territorio marocchino. Questa situazione si era evoluta dopo che la Spagna aveva accolto per un breve periodo, ufficialmente per motivi umanitari e di salute, Brahim Ghali, leader del movimento Polisario che combatte per l’autonomia del Sahara Occidentale. Contestualmente, Rabat ha strumentalmente dato in funzione anti-algerina il proprio supporto in sede ONU al movimento indipendentista della Cabilia, regione da diversi anni ha instaurato una lotta col governo di Algeri per farsi riconoscere una parziale autonomia.
La disputa sul Sahara Occidentale ha poi assunto anche una dimensione internazionale. Il Marocco, come detto in precedenza, ha cercato sponsorizzazioni anche tra le grandi potenze. Il riconoscimento dell’autorità marocchina sulla regione da parte del Presidente Donald Trump in cambio della firma sugli Accordi di Abramo ha portato Rabat ad avere il supporto di uno sponsor influente e strettamente interessato alle dinamiche e alle ambizioni continentali marocchine. Inoltre, con la firma degli Accordi di Abramo, il Marocco ha dato via anche a una forte partnership con Israele nel settore della sicurezza e della difesa, provocando forti preoccupazioni ad Algeri. Dal canto suo, il vicino algerino ha provato ad ottenere maggior sostegno da Paesi come Turchia e Russia, senza tuttavia, ricevere l’interesse auspicato.
In questo contesto, l’Unione Europea rimane in parte in attesa, ben conscia dell’importanza del fattore energetico algerino nel suo approvvigionamento, specie dopo la crisi dei prezzi nel comparto gas e petrolio a seguito del conflitto russo-ucraino. L’Algeria, infatti, è il terzo fornitore di gas europeo; circa l’83% delle sue esportazioni energetiche sono dirette in Europa, con Spagna e Italia come i due principali destinatari (insieme rappresentano circa il 60% dei volumi commerciati). Sul versante marocchino, l’export con l’Unione Europea raggiunge un valore pari al 64% rispetto al totale delle esportazioni di Rabat, rendendo Bruxelles il principale partner economico.
Sebbene gli interessi economici ed energetici siano dominanti, Bruxelles deve guardare con attenzione alla disputa tra i due attori nordafricani e alle sue pericolose evoluzioni per almeno tre motivi fondamentali in grado di impattare direttamente la sua sicurezza: 1) i flussi migratori provenienti dal Sahel e dall’Africa Occidentale; 2) la stabilità della regione, per evitare il ricrearsi di uno scenario simile a quello libico; 3) infine, strettamente collegato a quest’ultimo punto, il problema del terrorismo. Un contesto potenzialmente instabile che può trasformarsi in un ottimo terreno per la ripresa e la proliferazione di gruppi terroristici di matrice islamista.
Emanuele Volpini è stagista per il Desk MENA al CeSI.