L’incontro in remoto di Xi Jinping e Joe Biden
Il 15 novembre, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, si sono incontrati in forma virtuale. I due leader hanno parlato per telefono due volte dall’inizio della presidenza di Biden a gennaio, ma questo è stato il loro primo incontro “faccia a faccia”. Xi, infatti, non ha viaggiato all’estero dall’inizio della pandemia di Coronavirus, escludendo la possibilità di un incontro fisico.
Il meeting è stato organizzato in seguito all’accordo di cooperazione sul clima siglato da Stati Uniti e Cina alla COP26 a Glasgow, annunciato infatti un giorno dopo la firma del suddetto accordo. La collaborazione sul tema della crisi climatica si mostra nuovamente il miglior propellente per distendere e proseguire il dialogo tra i due attori geopolitici.
Nonostante la conversazione, dai toni pacati e cordiali, si sia protratta per ben tre ore e mezza e abbia toccato svariati temi importanti e sensibili per i due Paesi, l’incontro non sembra aver prodotto un vero e proprio cambiamento nel trend della relazione tra i due Stati e il disgelo parrebbe essere ancora abbastanza lontano.
Lo si evince particolarmente dai temi che sono stati affrontati e dal modo in cui siano stati riportati dai comunicati stampa ufficiali di ambo le parti. Mentre gli Stati Uniti hanno posto l’accento sulla questione dei diritti umani e di un Indo-Pacifico “libero e aperto”, la controparte cinese ha sottolineato il peso globale che i due attori rivestono a livello internazionale, proponendo una maggiore collaborazione e cooperazione nel rispetto reciproco tra i due su temi che vanno dall’economia al clima. Quello che piuttosto parrebbe emergere è il proseguimento della dinamica di rivalità che può essere considerata più proattiva da parte statunitense, e più “di posizione” dalla parte cinese. Da un lato, infatti, gli USA si mostrano interessati a contenere l’espansione cinese come si evince nel comunicato americano stesso il quale cita esplicitamente un ”allineamento con alleati e partners per contrastare le sfide del futuro”, dove per “sfide del futuro” è molto probabile si possa leggere “Cina”. Dall’altro, invece, la Cina si mostra determinata a mantenere la stabilità interna in vista del XX congresso del 2022. Per farlo ha infatti anche bisogno di mantenere un dialogo aperto e quanto più pacifico possibile con gli Stati Uniti, di modo da evitare quanto più possibile eventuali problematiche esterne e potersi concentrare attentamente sulle proprie questioni interne. Sembra dunque emergere la consapevolezza di entrambi di essere l’uno indispensabile all’altro – la Cina ha infatti bisogno degli Stati Uniti anche per muoversi nel versante Medio Orientale, Afghanistan in primis, mentre gli Usa hanno bisogno della Cina per muoversi nel Sud-Est asiatico in un clima più disteso e aperto al dialogo, ma non per questo privo di forti confronti e diverse prese di posizione.
Questo braccio di ferro è ancora più evidente nelle modalità in cui i due Paesi hanno riportato e affrontato la questione di Taiwan. Infatti, lì dove gli Stati Uniti hanno ribadito la loro adesione alla One China Policy, con un occhio di riguardo però sullo stretto di Taiwan di modo da lasciarsi un certo margine di manovra qualora dovesse esserci un’esclation nell’area senza dover però ricorrere in modo esplicito ad un’alleanza militare con Taipei, la Cina ha invece ribadito come Taiwan sia parte integrante del Paese e di quanto il popolo cinese sia paziente e disposto a lottare per la riunificazione della Cina, lasciando dunque intendere che azioni come le incursioni aeree proseguiranno.
Seppur dunque questo incontro segni un passo importate nella relazione tra i due stati dato che denota una maggior pacatezza dei toni usati da un anno a questa parte, i problemi principali tra i due rimangono e sono lontani dal poter essere risolti.