Le implicazioni dello scioglimento del partito filorusso Șor in Moldavia
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Le implicazioni dello scioglimento del partito filorusso Șor in Moldavia

By Francesca Cazan
06.24.2023

Il 19 giugno scorso, la Corte costituzionale moldava ha dichiarato incostituzionale il partito filorusso Șor. La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal governo moldavo, che ha accusato la formazione politica di aver violato il principio dello stato di diritto e agito contro la sovranità e l’indipendenza della Moldavia. Al giudizio della Corte seguirà la costituzione di una commissione apposita del Ministero della Giustizia, che adotterà tutte le misure necessarie allo scioglimento del partito, al momento rappresentato da 5 deputati in Parlamento. Il partito Șor, eredità del movimento politico Ravnopravie, era stato rifondato nel 2016 dall’oligarca moldavo Ilan Șor, condannato a 15 anni di carcere dalla Corte di Appello di Chișinău per il coinvolgimento in un noto caso di frode bancaria nel 2014 (Laudromat). Nel 2019, Ilan Șor è fuggito in Israele, da dove è riuscito a sottrarsi alla condanna, continuando regolarmente a guidare il partito e facendosi eleggere in Parlamento, sia nel 2019 che nel 2021, fino alla revoca del suo mandato, avvenuta lo scorso aprile.

L’argomento avanzato dal governo moldavo circa l’incostituzionalità del partito Șor riguarda il reato di organizzazione di proteste con finalità eversiva, con riferimento alle manifestazioni pubbliche dell’ultimo anno. Inoltre, le autorità moldave hanno accusato Șor dei reati di finanziamento illecito, corruzione di elettori e manifestanti e, inoltre, condotta illecita di esponenti di partito.

In particolare, il governo moldavo a guida PAS (Partito Azione e Solidarietà), di orientamento filoeuropeo e filoatlantico, attraverso la voce della Presidente Sandu, aveva già ripetutamente segnalato e denunciato pubblicamente le attività del partito Șor, accusato di essere un proxy del Cremlino e un suo strumento di influenza nel Paese.

L’UE ha svolto, poi, un ruolo chiave, sanzionando, a maggio scorso, Șor, la segretaria Tauber e altri alti funzionari del partito, a seguito di una intercettazione fornita dai servizi segreti ucraini nella quale si faceva riferimento a un piano ordito da Mosca volto a minare l’ordine costituzionale del Paese.

Dal canto loro, i membri del partito Șor negano di voler destabilizzare il Paese, sostenendo che, alla base delle proteste antigovernative, non c’è una cospirazione, ma una profonda crisi sociale che contribuisce alla polarizzazione della popolazione lungo faglie contrapposte di europeismo e russofilia.

Si può, infine, affermare che, a causa dello scioglimento del partito Șor, che costituiva il principale riferimento del fronte filorusso in Moldavia, si crea un vuoto politico rilevante nel Paese. Dunque, potrebbero delinearsi due possibili scenari. Nel primo, il fronte filorusso, privo di un interlocutore unificante, perderebbe il consenso e ciò agevolerebbe i partiti europeisti. Nel secondo, invece, le istanze di cui finora si era fatto portavoce Șor verrebbero catalizzate da nuovi e diversi attori che, con altri nomi ed altre forme, proseguirebbero la sua agenda filorussa.
Parte del consenso potrebbe riversarsi sul principale partito di opposizione, ovvero il Blocco dei Comunisti e Socialisti (BCS), di orientamento fortemente antioccidentale, guidato dagli ex Presidenti Voronin e Dodon, il quale ha già condannato il giudizio di incostituzionalità pronunciato dalla Corte.

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