Il Sahel dopo il colpo di Stato in Mali
Il colpo di Stato in Mali dello scorso agosto ha rappresentato l’eruzione violenta di un malessere sociale, economico e politico profondo, legato alla carenza di governance, al personalismo delle istituzioni e alle problematiche di sviluppo esacerbate dagli impatti del cambiamento climatico.
In questo contesto, la pandemia da covid-19 ha agito da moltiplicatore di forza per i fattori di vulnerabilità preesistenti, andando ad impattare negativamente sull’occupazione, sulla già precaria situazione sanitaria e sulla percezione di insicurezza legata ai focolai di insorgenza jihadista nel nord.
L’onda lunga della crisi pandemica e le incertezze sulla ripresa postpandemia rischiano di prolungare il malcontento popolare tanto in Mali quanto nel resto del Sahel, che condivide le stesse criticità osservabili a Bamako.
Gli interrogativi sulla transizione democratica in Mali e la necessità dei governi di mantenere le difficili promesse fatte in sede elettorale in Niger e Burkina Faso contribuiscono a definire un quadro regionale aleatorio e volatile, dove i movimenti di opposizione nelle città ed i gruppi jihadisti nelle campagne sono pronti a capitalizzare la rabbia popolare e rilanciare, in maniera diversa, la loro sfida ai sistemi di potere in carica.