Il difficile cambiamento dell'Arabia Saudita
In una fase storica in cui i sommovimenti delle Primavere arabe hanno lasciato irrisolte le principali problematiche sociali e politiche in tutta la regione del Medio Oriente e Nord Africa, sfociando poi in crisi perduranti come quelle che attraversano tanto la Siria e l’Iraq quanto lo Yemen, il Regno saudita si trova di fronte vecchie e nuove sfide che, nel complesso, ne mettono a repentaglio la tradizionale posizione egemonica nella regione. Il rinnovato e multiforme protagonismo sulla scena internazionale, sia in ambito diplomatico sia nell’approccio alle questioni di sicurezza e stabilità regionale, così come i piani di riforme in via di implementazione a livello interno, rispecchiano bene il grado di complessità della risposta che l’Arabia Saudita è chiamata a formulare. Il fattore che più di ogni altro incide sulla necessità di ricollocarsi rapidamente all’interno del mutato contesto internazionale è senz’altro il ritorno sulla scena dell’Iran insieme al parallelo allentamento del tradizionale rapporto con gli Stati Uniti. Il sollevamento delle sanzioni economiche su Teheran dopo l’implementazione del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) e la contestuale riapertura dei mercati agli idrocarburi della Repubblica islamica rappresentano, agli occhi di Riyadh, una minaccia epocale al proprio ruolo egemone nella regione, che ha nella rendita petrolifera il suo pilastro fondamentale.
A ciò si aggiunge la volontà di Teheran di massimizzare i vantaggi offerti dall’avvio di questa nuova stagione non soltanto per quanto attiene alla sfera economica, ma anche per rilanciarsi sotto il profilo politico e diplomatico e uscire così definitivamente da quasi 40 anni di isolamento. Non va poi sottovalutato il fatto che la necessità di trasformare le basi stesse dell’economia statale espone l’Arabia Saudita alle criticità connaturate ad una fase di transizione tanto profonda quanto capillare. Le decisioni che il Regno prenderà nel prossimo futuro avranno ricadute importanti anche sul tessuto sociale e sul sistema di welfare, incidendo quindi sul patto sociale da cui origina la legittimità della famiglia Saud. Tutto ciò in una fase in cui, con la salita al trono di Re Salman bin Abdulaziz al-Saud (23 gennaio 2015) e il profilarsi di un ricambio generazionale, la questione relativa alla modalità di successione all’interno della casa regnante è quanto mai pressante. Tali dissidi interni si intrecciano con l’altro pilastro della legittimità dei Saud, rappresentato da quel clero wahabita che guarda con ostilità all’agenda riformista di Riyadh. 2 In una fase caratterizzata da profonde trasformazioni tanto sul piano interno quanto nel contesto regionale, priorità assoluta per l’Arabia Saudita è trovare un punto di equilibrio tra le diverse componenti di quella che, di necessità, dovrà essere una risposta complessiva di ampio respiro. La postura decisamente più assertiva rispetto al passato assunta dal Regno nell’agenda di politica estera rischia di non trovare adeguato sostegno senza uno sviluppo armonico del Paese e il rapido raggiungimento della sostenibilità finanziaria.
Scarica l’approfondimento dell’Osservatorio di Politica Internazionale (n. 125 - Febbraio 2017)