Gli equilibri interni all’Iran nel secondo mandato Rouhani
Le elezioni presidenziali e municipali, tenutesi il 19 maggio, hanno visto una significativa vittoria del fronte pragmatico-riformista sulle forze ultra-conservatrici. La riconferma di Rouhani alla Presidenza per un secondo mandato ha testimoniato la fiducia della popolazione nella piattaforma di apertura verso la Comunità Internazionale e di rilancio economico promossa dal governo negli ultimi quattro anni. Le alleanze politiche costruite dal gruppo pragmatista in occasione di questa tornata sembrano dimostrare un momento di cambiamento negli equilibri politici interni al panorama politico iraniano. L’attuale Presidente, infatti, ha ricevuto un sostanziale appoggio sia da parte del fronte riformista, con il quale l’alleanza era già stata rodata negli anni precedenti, sia dal gruppo di conservatori indipendenti guidati dallo speaker del Parlamento, Ali Larijani, i quali sposano un approccio più moderato e non si riconoscono pertanto nelle posizioni oltranziste degli ultra-tradizionalisti. Tale convergenza potrebbe aprire la porta alla formazione di una coalizione di larghe intese, centrista, che potrebbe garantire al nuovo governo un maggior sostegno all’interno del parlamento per portare avanti in modo più agevole la propria agenda. Questa tendenza sembra agevolata anche dal momento di difficoltà attraversato dal fronte ultra-conservatore, il quale si è presentato disunito alle elezioni e sembra non trovare ancora una soluzione per ridurre ad un’efficace sintesi le divergenze interne. Lo sfidante finale di Rouhani, Ebrahim Raisi, infatti, per quanto sia considerato un possibile successore della Guida Suprema, non ha riscosso grandi consensi all’interno dell’opinione pubblica. In un Paese come l’Iran che si regge su un delicato equilibrio interno di pesi e contrappesi, la vera sfida per il governo potrebbe arrivare non dalla componente politica degli ultra-conservatori ma da quegli organi istituzionali, quali il Consiglio dei Guardiani o l’Assemblea degli Esperti, fortemente legati all’establishment tradizionalista. In questo contesto le sfide per il nuovo governo sembrano essere due: da un lato, instaurare un dialogo con i poteri conservatori, trovando una figura che possa colmare il vuoto lasciato da Hashemi Rafsanjani. Dall’altro cercare di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e gestire il rapporto con la Comunità Internazionale per cominciare a veder gli effetti positivi della riapertura verso l’estero sull’economia interna.
Scarica la nota dell’Osservatorio di Politica Internazionale (n.76- giugno 2017)