Giappone: tra crisi di fiducia del Governo Kishida e rallentamento dell’economia
Nel dicembre 2023, il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida è finito al centro di uno scandalo riguardante l’appropriazione illecita da parte di alcuni membri del Partito Liberaldemocratico (PLD) di una somma di denaro pari a 500 milioni di yen (3,25 milioni di euro), provenienti da attività di raccolta fondi. Tale notizia, oltre ad aver impattato negativamente sull’immagine del leader, ha contribuito a minare la fiducia complessiva nei confronti dei liberaldemocratici, partito in costante fermento a seguito dell’assassinio del leader Shinzo Abe, nel luglio 2022. In questo quadro, l’indice di apprezzamento nei confronti di Kishida resta piuttosto basso, intorno al 21%, in leggera risalita rispetto al minimo storico del 17% toccato sul finire del 2023. Il supporto al PLD nel Paese, invece, si attesta al 14.6% a gennaio, in calo del 3.7% rispetto al mese di dicembre.
Nel tentativo di arginare il calo di consensi, il 18 gennaio Kishida ha annunciato la dissoluzione della propria fazione, la Kōchikai. Tale scelta è stata seguita da un rimpasto del gabinetto che ha portato alla sostituzione di quattro dei suoi membri, probabilmente in un tentativo di sfruttare la crisi per ricompattare la propria posizione all’interno del Partito e rilanciarsi in vista delle elezioni interne per la leadership previste per la fine di settembre del 2024. A uscire fortemente ridimensionata dal processo in corso è stata l’ala più conservatrice del cosiddetto gruppo Abe (Seiwa Seisaku Kenkyūkai), tra i più numerosi del PLD, con 99 membri nel Parlamento giapponese, e il cui scioglimento – avvenuto lo scorso 19 gennaio – potrebbe condizionare l’agenda politica del Partito su tematiche sociali come la diseguaglianza di genere, le politiche fiscali o migratore, o le modifiche alla Costituzione.
La crisi intestina potrebbe, invece, rafforzare il Segretario Generale del Partito Toshimitsu Motegi (leader della fazione Heisei Kenkyūkai), già apparso peraltro in visita a Washington la scorsa primavera e particolarmente attivo in politica estera. Nell’attuale contesto di calo dei consensi intorno al Presidente Kishida, che potrebbe, nel peggiore dei casi, determinare una crisi di Governo e produrre elezioni presidenziali anticipate rispetto alla naturale scadenza prevista nel 2025, è lecito attendersi una influenza crescente dell’attuale Segretario Generale, candidato a competere per il ruolo di numero uno del Partito. Motegi, inoltre, si è opposto allo scioglimento della propria fazione, mostrandosi determinato a cambiarne il volto per venire maggiormente incontro alle necessità politiche dell’elettorato. Altri potenziali candidati per la sostituzione di Kishida alla guida del PLD potrebbero invece essere l’attuale Ministro di Stato per la sicurezza economica Sanae Takaichi, e l’ex-Ministro per il superamento del declino demografico Shigeru Ishiba. Entrambe le figure rappresentano una spinta particolare verso due delle problematiche rilevanti per il Paese, ossia la sicurezza economica e il tracollo demografico.
Nonostante le tribolazioni del Governo Kishida e del suo Partito, le forze di opposizione faticano ancora a proporsi come una valida alternativa. L’assenza di opposizione nel sistema partitico potrebbe condizionare negativamente l’agenda politica del PLD, laddove una maggiore competitività assicurerebbe invece un maggiore dinamismo al processo di policy-making. Il Partito Costituzionale Democratico (CDP) ha tentato di approfittare dell’accaduto per rilanciare la propria immagine, ma i sondaggi mostrano come questo fatichi ancora ad attrarre consensi. Ancorata al 5% nel supporto elettorale dallo scorso novembre, tale forza politica di opposizione non è di fatto riuscita a capitalizzare sugli insuccessi dei liberaldemocratici. Possibile, in questo contesto, anche una coalizione fra il partito conservatore Nippon Ishin no Kai (Partito della Restaurazione del Giappone - JRP), particolarmente attivo nella regione del Kansai e soprattutto nella città di Osaka, e il partito populista Sanseitō (Partito della Partecipazione Politica - PPP), caratterizzato da una linea anti-immigratoria e nazionalista. Le due compagini, tuttavia, restano – nonostante i 41 seggi strappati dal JRP nella camera bassa alle scorse elezioni – elettoralmente deboli e scarsamente credibili, dunque non in grado di rappresentare una valida alternativa di Governo.
Oltre le dinamiche politiche, la crisi del Governo Kishida appare anche legata all’andamento negativo dell’economia nazionale. I dati relativi all’ultimo trimestre del 2023, infatti, hanno ufficialmente rivelato come il Paese sia entrato in recessione, a causa del rallentamento degli investimenti e dei consumi interni. Parallelamente, l’inflazione core lo scorso anno è cresciuta del 3,1%, ai massimi da quattro decenni, spinta dall’impennata del costo dei generi alimentari e dall’indebolimento dello yen. Attualmente, dunque, la Bank of Japan (BoJ) è chiamata a trovare un equilibrio che permetta di contenere l’inflazione, senza tuttavia intaccare il potere di spesa reale della popolazione, già poco propensa al consumo malgrado i tassi negativi. Intanto, segnali poco rassicuranti arrivano anche dalla bilancia commerciale, la quale non è migliorata malgrado la svalutazione dello yen. In questo quadro, lo stesso programma di stimolo fiscale varato lo scorso novembre dal Governo, con l’obiettivo di incentivare il consumo, rischia di risultare insufficiente. Al momento, appare lecito attendersi un rialzo dei tassi d’interesse dopo la primavera, periodo in cui avvengono le negoziazioni valide per gli aumenti salariali (shunto). Queste ultime, tuttavia, potrebbero produrre un aumento del costo della manodopera con effetti sui prezzi dei beni e sull’export nazionale.
In questo quadro, il destino del Governo Kishida resta legato tanto alla capacità di ristabilire la fiducia nei confronti della leadership, quanto all’implementazione di politiche economiche efficaci nel breve periodo.