Geopolitical Weekly n. 264
Filippine
A più di tre settimane dall’escalation del conflitto fra le forze di sicurezza di Manila e i militanti del gruppo separatista islamista Maute a Marawi City, capoluogo della Provincia meridionale filippina di Lanao del Sur (nel sud delle Filippine), l’Esercito filippino ha chiesto il supporto delle Forze speciali degli Stati Uniti per cercare di liberare la città dal gruppo affiliato al Daesh. I soldati statunitensi fornirebbero un’assistenza tecnica e strategica, ma le autorità hanno smentito l’espletamento di attività dirette sul campo. Regolamentata da accordi quali il Mutual Defense Treaty (firmato nel 1951), il Visiting Forces Agreement (1998) e l’Enhanced defense Cooperation Agreement (2014), la cooperazione militare fra le Forze statunitensi e quelle filippine rappresenta uno dei pilastri della strategia di sicurezza di Washington nel Pacifico. Uno dei più efficaci banchi di prova di questa sinergia è stata l’operazione di contro-terrorismo Enduring Freedom-Philippines, lanciata nel 2001 per eradicare il network qaedista e neutralizzare ogni forma di jihadismo dal Paese. Tuttavia, un raffreddamento delle relazioni fra i due Paesi durante gli ultimi mesi dell’amministrazione Obama, aveva portato il Presidente Duterte a chiedere l’allontanamento delle truppe americane dalle Filippine.
La rinnovata cooperazione militare potrebbe pertanto indicare una nuova distensione dei rapporti anche a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza del sud delle Filippine, che ha indotto Duterte a promulgare la legge marziale per 60 giorni nell’intera isola di Mindanao lo scorso 23 maggio.
Sul piano politico, il riavvicinamento potrebbe essere dettato da un lato dall’appoggio che Trump ha espresso a Duterte in merito alla strategia di tolleranza zero nei confronti dei trafficanti e dei consumatori di droga, caposaldo della sua politica interna, dall’altro dalla prioritarizzazione della questione jihadista nella politica regionale del sud-est asiatico di Washington. Infatti la grave crisi di sicurezza nell’intera regione, che vede la presenza di gruppi jihadisti affiliati ad ISIS anche in Indonesia e Malesia, ha condotto i tre stati alla decisione di pattugliare insieme il mare di Sulu, fra Indonesia e Filippine.
Pakistan
L’8 giugno, lo Stato Islamico (IS) ha rivendicato il rapimento e l’uccisione di due cittadini cinesi nei pressi di Quetta, capoluogo della Provincia del Balochistan. Poiché Daesh non ha una presenza strutturata nella provincia occidentale pakistana, il sequestro potrebbe essere l’opera di facilitatori, verosimilmente appartenenti al gruppo Lashkar-e-Jhangvi Al-Almi, che negli ultimi mesi ha instaurato una collaborazione operativa con la branca regionale del Califfato, conosciuta con il nome di Daesh nel Khorasan. benchè sembrerebbe che i due cittadini cinesi appartenessero ad un gruppo di predicatori non autorizzato nella città di Quetta, il rapimento e la presunta uccisione sembrano rispondere alla volontà di colpire gli interessi delle autorità di Islamabad più che ad una ritorsione di matrice religiosa. L’episodio, infatti, potrebbe diventare un fattore di criticità per le relazioni bilaterali tra Pakistan e Cina, in un momento in cui il governo pakistano sta puntando sulla partnership con Pechino per rilanciare l’economia interna e il ruolo del Pakistan nella regione. Dal 2015, infatti, Islamabad e Pechino hanno firmato l’accordo per la costruzione del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CECP), nell’ambito dell’iniziativa One Belt One Road (OBOR), per un investimento di 46 miliardi di dollari in infrastrutture. Poiché il tratto finale del corridoio, che culmina nel porto di Gwadar (sul mare Arabico), passa proprio attraverso il Balochistan, la sicurezza in questa provincia rappresenta uno dei punti più dolenti nel rapporto tra il colosso cinese e il governo pakistano. Non appare casuale, infatti, che il Presidente cinese Xi Jinping, dopo aver appreso della presunta uccisione dei due cittadini cinesi, abbia deciso di posticipare l’incontro con il Primo Ministro pakistano Nawaz Sharif a margine del summit Shangai Cooperation Organization (SCO).
La sicurezza in Balochistan, tuttavia è da sempre fortemente compromessa dalla presenza di gruppi separatisti, che rivendicano la propria indipendenza da Islamabad, e da realtà appartenenti al variegato panorama dell’insorgenza talebana locale che, negli ultimi anni hanno sviluppato rapporti di collaborazione con il nuovo gruppo jihadista al di là del confine afghano e che sfruttano l’incontrollabilità della frontiera per pianificare e condurre le proprie operazioni in Pakistan.