La sicurezza in Afghanistan alla luce del disimpegno di ISAF
Asia e Pacifico

La sicurezza in Afghanistan alla luce del disimpegno di ISAF

Di Staff Ce.S.I.
11.11.2013

Il ritiro dei contingenti ISAF entro il 2015 e la transizione di sicurezza a favore delle ANSF (Afghan National Security Forces) ultimata a giugno scorso, hanno comportato l’aumento (+93%) degli attacchi degli insorti contro le forze afghane, che in questi ultimi mesi hanno subito perdite pesantissime (oltre 100 uomini a settimana).
Al sud, fra le province più esposte vi è Kandahar, al contempo culla del movimento talebano e terra di origine del Presidente Karzai. Con le truppe del surge ormai in Patria e la maggior parte dei restanti soldati USA prossimi alla partenza, a Kandahar l’offensiva di primavera talebana ha evidenziato un massiccio utilizzo di IED ad alto potenziale, spesso collocati in aree trafficate dei distretti rurali (Maiwand, Gorak, Khakrez, Zhari e Panjwahi), lungo la sezione Kandahar-Ghazni della Ring Road (la principale arteria del Paese), nei pressi del valico di Spin Boldak o in quartieri residenziali della città. Inoltre, con le ANSF da giugno responsabili della maggior parte dei distretti di Kandahar, gli insorti hanno potuto focalizzare gli attacchi sul 205º Corpo dell’ANA del Gen. Abdul Hamid Hamid e sulle forze di Polizia del Gen. Abdul Raziq. Sebbene il grosso dell’insorgenza in queste aree sia locale, sono attivi anche combattenti pakistani, arabi, uzbeki e ceceni che si avvalgono del supporto di reti in Pakistan e in Iran. Alcuni di essi fanno parte del Lashkar al-Zil, formazione creata da Al Qaeda per dare supporto tattico ai talebani. Sempre di ispirazione qaedista è anche il Mullah Dadullah Mahaz, gruppo guidato dal principale comandante talebano, Mullah Zakir, che ha assunto modus operandi e ideologia di Al Qaeda ed è responsabile della maggior parte degli attacchi complessi e degli assassinii nel sud. Al di là delle motivazioni ideologiche, la matrice dell’insurrezione a Kandahar è composita, ed è in buona parte legata agli equilibri tribali della provincia, di cui è un esempio la faida tra i 2 rami della confederazione pashtun-Durrani, gli Zirak e i Panjpai.
Per quanto riguarda Helmand, le attività degli insorti si concentrano tradizionalmente sui distretti del nord, Nad’Ali, Nahr-e-Saraj e Sangin, dove la presenza NATO è sempre stata meno forte. Di recente, ISAF si è concentrata soprattutto sui distretti centro-orientali di Helmand (tra Gereshk e Lashkar Gah), fornendo relativa protezione alle aree più popolate, ma anche permettendo ai Talebani di sfuggire alle operazioni cinetiche e di rafforzarsi ulteriormente a nord, nei distretti nord-occidentali di Vashir e Now Zad, e nord-orientali di Kajaki e Baghran.

I primi 2 sono utilizzati per fare pressione sui distretti orientali di Farah (Gulistan e Delaram), mentre gli altri permettono di destabilizzare le province di Uruzgan e Day Kundi. Fulcro dell’industria dell’oppio, Helmand è troppo importante perché gli insorti non tentino di riprendere anche i distretti a sud man mano che ISAF si ritira. Per quanto riguarda le province sudorientali di Paktika, Khost, Paktia, Logar e Wardak, gli insorti attivi in queste aree fanno capo a Sirajuddin Haqqani, “amir” dell’omonimo gruppo. Il Network Haqqani è una realtà ibrida, espressione del conservatorismo pashtun, anello di congiunzione con il jihadismo qaedista e organizzazione criminale con interessi in tutto il Pakistan. Si tratta di un gruppo tra i più efficaci per via dei legami con l’intelligence pakistana, dell’ottima qualità dei propri adepti e delle significative capacità di pianificazione.
Dalle sue basi in Nord Waziristan e Kurram (aree tribali pakistane), il gruppo Haqqani è in grado di colpire Kabul sfruttando il “corridoio Zadran” (area tra Paktika, Khost e Paktia abitata da membri della propria tribù), e passando per Logar e Wardak. Per via di questa riconosciuta capacità nell’infiltrare il territorio afghano, il gruppo è un elemento chiave del Kabul Attack Network, un dispositivo costituito anche da appartenenti ai Talebani/Shura di Quetta e dell’Hezb-e-Islami di Gulbuddin Hekmatyar, volto all’organizzazione di attacchi complessi sulla capitale. Nonostante da luglio scorso non si verifichino attacchi nella capitale, il ritiro di ISAF in queste province, la vicinanza alla Linea Durand e lo svolgimento delle presidenziali ad aprile 2014, rendono la minaccia su Kabul ancora forte. Passando alle province orientali di Kunar e Nuristan, la situazione di sicurezza è resa precaria dal fatto che il ritiro quando le Forze USA si sono ritirate dagli avamposti andando a rinforzare i centri abitati. Da allora gli insorti sono presenti in forze nei distretti di Waygal, Pech, Kamdesh e Shigal Wa Agam, da dove attaccano centri distrettuali e ANSF.

Le province ospitano una consolidata presenza di combattenti stranieri, fra cui Talebani pakistani del TTP (Tehrik-e-Taliban Pakistan), gruppi punjabi come Lashkar-e-Toiba, e soprattutto combattenti filo-qaedisti centrasiatici dell’Islamic Movement of Uzbekistan (IMU) e della sua propaggine Islamic Jihad Union. L’integrazione dell’IMU nei governi-ombra talebani al nord ha consentito a questi di rimanere attivi anche nelle province settentrionali di Balkh, Kunduz, Baghlan e Takhar dove l’insurrezione pashtun è meno forte. Sotto la leadership di Usman Ghazi, dalle basi nelle aree tribali pakistane e nell’est afghano, l’IMU insidia Badakhshan e contende alle ANSF il controllo dei distretti di Warduj e Ishkashim, da dove è agevole la penetrazione in Tajikistan.

Badakhshan ha enorme valenza strategica in quanto è  all’intersezione dei confini di Afghanistan, Pakistan, Tajikistan e Cina e il pericolo è che con Kunar e Nuristan gli insorti tentino di consolidarsi lungo un corridoio nord-orientale dal quale destabilizzare Kabul e gli Stati limitrofi. Per quanto riguarda le province della regione ovest (Herat, Badghis, Ghor, Farah), dove opera il contingente italiano, pur rimanendo fra le più stabili del Paese, a partire dal 2012 il quadro di sicurezza è peggiorato. Da agosto scorso, 30 fra impiegati governativi ed elder tribali sono stati assassinati. Nonostante la tranquillità della città di Herat, insorti collegati alla Shura di Quetta sono ancora in grado di operare in relativa libertà nei distretti circostanti, come dimostrato dall’attacco al consolato USA del 13 settembre scorso. L’attentato è avvenuto poco dopo l’uccisione da parte delle ANSF dei comandanti Abdullah Akbari, Akbar Neshin e Aziz Powst nel distretto occidentale di Guzara, dove ad ottobre 2009 era già stato ucciso Ghulam Yahya Akbari, precedente leader degli insorti locali. A parte l’immaturità operativa, amministrativa e logistica delle ANSF, una forte criticità è la scarsa capillarità che specialmente la Polizia afghana è in grado di esprimere sul territorio di RC-West. Per quanto la matrice degli attacchi nel settore sia figlia di una commistione di gruppi ideologici vicini all’insurrezione, interessi iraniani e contesto criminale locale, alla flessione della sicurezza ha certamente contribuito la lunga serie di attacchi contro personale chiave delle ANSF. Almeno dal 2012 molti stimati funzionari di ANP (Afghan National Police), ANA (Afghan National Army) e NDS (National Directorate of Security, l’intelligence afghana) sono stati assassinati dagli insorti, i quali riescono a sfruttare efficacemente le lacune delle ANSF, in primis la scarsa disponibilità di radio crypto e di mezzi protetti.

Contributo apparso su

Articoli simili