La salvaguardia della sicurezza del Mediterraneo e la proroga del mandato di Operazione Sophia
Africa

La salvaguardia della sicurezza del Mediterraneo e la proroga del mandato di Operazione Sophia

Di Alessandra Giada Dibenedetto
18.09.2019

Dal suo inizio nel 2015 ad oggi, Operazione Sophia, la missione dell’Unione Europea nel Mar Mediterraneo centrale finalizzata a salvare vite in mare e combattere il traffico di esseri umani, ha riscontrato alcune difficoltà di stampo sia operativo che politico. Ciononostante, lo scorso 12 settembre, il Comitato Politico e di Sicurezza dell’UE ha prorogato per ulteriori sei mesi il mandato della missione, che era oramai giunto quasi al termine.

Al fine di comprendere l’importanza di tale decisione e i problemi riscontrati dall’operazione, soprattutto negli ultimi mesi, è utile ricostruire gli episodi principali che ne hanno caratterizzato la nascita e i suoi sviluppi successivi.

La crisi sulla gestione del flusso migratorio che dal 2013 interessa Europa ed Africa continua ad essere al centro del dibattito politico continentale ed è causa di costante polarizzazione nell’opinione pubblica. Gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, compresa l’Italia, devono affrontare la complessa fase iniziale dell’emergenza legata alla tutela delle vite in mare e all’accoglienza nei porti. In questo senso, la dicotomia tra Paesi di prima accoglienza e Paesi di successiva distribuzione dei migranti ha alimentato, nel corso degli ultimi anni, frequenti attriti tra governi, soprattutto in un contesto storico caratterizzato dalla crescita di partiti populisti che hanno fatto di una politica migratoria restrittiva il fulcro dei propri programmi elettorali.

Sin dal 2013, sia l’Italia che l’Unione Europea hanno lanciato numerose iniziative per provare a gestire il flusso migratorio, contrastare il traffico di esseri umani e, quindi, garantire non solo sicurezza ai migranti, ma anche la cattura dei criminali. La prima operazione volta ad incrementare il livello di sorveglianza e sicurezza del Mar Mediterraneo centrale fu approvata proprio da Roma nel 2013 a seguito del naufragio di una imbarcazione libica avvenuto nelle vicinanze del porto di Lampedusa nel corso del quale più di 360 migranti persero la vita. Nella fattispecie, quella che fu battezzata “Operazione Mare Nostrum” vedeva principalmente la Marina Militare e la Guardia Costiera impegnate in missioni di ricerca e soccorso (search and rescue – SAR) e nella cattura dei trafficanti. Più di 900 uomini erano coinvolti in una missione che costò al Governo italiano 9 milioni di euro al mese, a testimonianza di uno sforzo economico, umanitario e politico ragguardevole.

Dal suo inizio nel 2015 ad oggi, Operazione Sophia, la missione dell’Unione Europea nel Mar Mediterraneo centrale finalizzata a salvare vite in mare e combattere il traffico di esseri umani, ha riscontrato alcune difficoltà di stampo sia operativo che politico. Ciononostante, lo scorso 12 settembre, il Comitato Politico e di Sicurezza dell’UE ha prorogato per ulteriori sei mesi il mandato della missione, che era oramai giunto quasi al termine.

Al fine di comprendere l’importanza di tale decisione e i problemi riscontrati dall’operazione, soprattutto negli ultimi mesi, è utile ricostruire gli episodi principali che ne hanno caratterizzato la nascita e i suoi sviluppi successivi.

La crisi sulla gestione del flusso migratorio che dal 2013 interessa Europa ed Africa continua ad essere al centro del dibattito politico continentale ed è causa di costante polarizzazione nell’opinione pubblica. Gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, compresa l’Italia, devono affrontare la complessa fase iniziale dell’emergenza legata alla tutela delle vite in mare e all’accoglienza nei porti. In questo senso, la dicotomia tra Paesi di prima accoglienza e Paesi di successiva distribuzione dei migranti ha alimentato, nel corso degli ultimi anni, frequenti attriti tra governi, soprattutto in un contesto storico caratterizzato dalla crescita di partiti populisti che hanno fatto di una politica migratoria restrittiva il fulcro dei propri programmi elettorali.

Sin dal 2013, sia l’Italia che l’Unione Europea hanno lanciato numerose iniziative per provare a gestire il flusso migratorio, contrastare il traffico di esseri umani e, quindi, garantire non solo sicurezza ai migranti, ma anche la cattura dei criminali. La prima operazione volta ad incrementare il livello di sorveglianza e sicurezza del Mar Mediterraneo centrale fu approvata proprio da Roma nel 2013 a seguito del naufragio di una imbarcazione libica avvenuto nelle vicinanze del porto di Lampedusa nel corso del quale più di 360 migranti persero la vita. Nella fattispecie, quella che fu battezzata “Operazione Mare Nostrum” vedeva principalmente la Marina Militare e la Guardia Costiera impegnate in missioni di ricerca e soccorso (search and rescue – SAR) e nella cattura dei trafficanti. Più di 900 uomini erano coinvolti in una missione che costò al Governo italiano 9 milioni di euro al mese, a testimonianza di uno sforzo economico, umanitario e politico ragguardevole.

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