Incertezza e contrasti dominano il Summit ASEAN
Dal 10 al 13 novembre ha avuto luogo, in Cambogia, il Summit annuale dei leader dell’Associazione degli Stati del Sud-est asiatico (ASEAN), seguito da una serie di riunioni a margine tra Paesi membri e “partner di dialogo”. Gli incontri si sono svolti in un momento di forte incertezza per l’Associazione, segnata da divisioni interne e dalle ripercussioni derivanti dal rallentamento economico globale. I temi al centro del dibattito sono stati la crisi in Myanmar, la rivalità Cina-Stati Uniti e gli effetti della guerra in Ucraina.
Circa la questione birmana, l’ASEAN non ha adottato una posizione incisiva a causa della mancanza di unanimità tra gli Stati membri. Nell’aprile dello scorso anno, l’Associazione aveva mediato un accordo con la giunta militare, noto come “Five-Point Consensus” che puntava alla cessazione immediata delle violenze sui civili e all’avvio di un dialogo tra Forze Armate e opposizione. Tuttavia, la giunta non ha mai rispettato l’accordo e l’ASEAN, poiché divisa al suo interno, è riuscita soltanto ad applicare come contromisura l’esclusione dei leader militari birmani dal Summit. Un approccio più duro, che includa la sospensione del Myanmar, rimane opzione remota poiché priva del consenso necessario all’interno dell’Associazione.
In merito alla competizione tra Stati Uniti e Cina, l’ASEAN ha mantenuto un atteggiamento cauto inteso a preservare l’equilibrio tra le parti. Per quanto riguarda la disputa sul Mar Cinese Meridionale, che contrappone alcuni membri dell’Associazione alla Cina, non è stata approvata alcuna raccomandazione utile alla risoluzione della controversia. Inoltre, nel corso del summit l’ASEAN non ha espresso alcuna dichiarazione unanime di condanna della Russia per l’aggressione contro l’Ucraina. Nel complesso, questo approccio è legato al timore degli Stati membri di danneggiare le relazioni economiche e commerciali con gli attori influenti del sistema internazionale e di vedere il Sud-est asiatico trasformarsi in un terreno di conflitto tra questi. Inoltre, diversi Paesi dell’ASEAN provano a fare leva proprio sulle divisioni tra potenze al fine di ottenere maggiore margine d’azione dal punto di vista commerciale e politico.
La mancanza di risultati concreti e la distanza tra i Paesi membri in merito ai dossier chiave del Summit non solo hanno evidenziato le difficoltà di costruire un’agenda strategica comune, ma altresì hanno messo nuovamente in rilievo il bisogno di pensare ad una riforma dell’organizzazione. In particolare, la necessità attuale appare quella di dare maggiore rilievo al Segretariato dell’Associazione e ai parlamentari regionali, così da ridimensionare il potere decisionale degli Stati e superare le divisioni che paralizzano l’azione dell’ASEAN. Ciononostante, nessun membro sembra finora intenzionato a lavorare in questo senso, per non minare la pace e la crescita economica post-Guerra Fredda. Senza cambiamenti significativi, tuttavia, si presenta per l’Associazione il rischio di perdere unità e credibilità, nonché di diventare irrilevante in un contesto globale sempre più conflittuale e instabile.