Il ruolo dell’arma dei carabinieri nel contrasto alla minaccia terroristica: una riflessione sul convegno dedicato al trentennale del ROS
Da quel 1974 in cui il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa istituì il primo Nucleo speciale Antiterrorismo, la minaccia terroristica contro il nostro Paese è evoluta profondamente, imponendo agli organi incaricati di combatterne il radicamento e la diffusione, in primis al Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri, un importante adattamento strategico e analitico. Mentre, infatti, il terrorismo degli Anni di Piombo poteva essere compreso entro parametri puramente politici di estrema destra ed estrema sinistra, traducendosi a livello operativo in attacchi mirati contro obiettivi specifici afferenti al mondo istituzionale o al panorama della competizione tra gruppi militanti opposti, il filo rosso che ha caratterizzato il fenomeno negli ultimi trent’anni è stato una crescente diversificazione delle strategie, delle strutture e dei fondamenti ideologici che ne animano la violenza. Da una parte, l’emergere già negli anni Novanta di organizzazioni e gruppi di matrice jihadista ha costretto le istituzioni a confrontarsi con un universo ideologico nuovo ed inizialmente estraneo al contesto domestico, capace di mobilitare militanti in diverse aree geografiche e di adattare la propria retorica a diversi bacini sociali di reclutamento. Le esperienze, ad esempio, del network globale di al-Qaeda prima e del sedicente Stato Islamico poi hanno dato prova di come il messaggio jihadista sappia ancora oggi assorbire, interpretare e reindirizzare le rivendicazioni di parte della popolazione verso forme di violenza religiosamente connotata. Dall’altra, la capacità di organizzazioni e gruppi jihadisti di muoversi e agire sia in zone di conflitto africane e mediorientali che in Europa ha imposto un’analisi strategica di più ampio respiro e un’azione che sappia non solo integrare la prevenzione al contrasto, ma anche agire in maniera coordinata, sia all’Italia che all’estero.
La necessità di un approccio che sappia adattare l’intervento alle minacce contingenti, svincolandosi quindi da paradigmi analitici e operativi del passato, viene altresì confermata dalle specificità del terrorismo fluido contemporaneo, sempre più estemporaneo e sfuggente. La progressiva destrutturazione di organizzazioni terroristiche globali, associata all’avvento dell’attivismo virtuale, ha infatti avviato una nuova stagione di terrorismo caratterizzato da un profondo individualismo, la cui espressione più esemplificativa è il fenomeno dei lupi solitari. Molti degli ultimi attacchi terroristici in Europa rappresentano dei casi esemplari di questa evoluzione, restituendoci una fotografia più sfocata del terrorismo odierno. Tra i diversi casi da citare ci sono l’omicidio del deputato conservatore inglese David Amis nello scorso ottobre e i tragici eventi di Kongsberg, in cui un radicalizzato ha ucciso 5 persone con arco e frecce, tutti eventi che dimostrano la complessità nel prevenire e contrastare una forma di terrorismo che è definibile come tale solo nel momento in cui si traduce in violenza effettiva.
Allo stesso tempo, a complicare ulteriormente il quadro si aggiunge anche la progressiva radicalizzazione violenta di tutti quei militanti, spesso vicini alla galassia neofascista o di estrema destra, che gravitano attorno all’universo del noe-cospirazionismo, integrando narrative, simboli e retoriche di forme di eversione anti-sistemica del passato a nuove teorie legate alla pandemia o alle misure di contenimento imposte dai governi. In questo senso, l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, cui hanno partecipati molti seguaci del fenomeno cospiratorio QAnon (presente anche se in forma minore in Italia grazie alla diffusione su web) rappresenta un monito sulle minacce concrete legate non solo all’universo cospiratorio, ma anche alla sempre più frequente radicalizzazione online di soggetti sensibili.
Alla luce, quindi, della complessità del terrorismo contemporaneo e delle sfide che esso pone all’Italia e all’Europa, eventi come il convegno “Trent’anni di promozione dei valori della Costituzione”, tenutosi il 21 ottobre presso la Scuola Ufficiale Carabinieri di Roma in occasione del trentennale dalla istituzione del ROS, permettono non solo di comprendere come la minaccia terroristica si sia evoluta nel corso del tempo, ma anche di riflettere sugli obiettivi raggiunti negli anni da parte del Raggruppamento Operativo Speciale. Sin dalla sua nascita, infatti, il ROS si è sempre distinto a livello nazionale e internazionale nel contrasto alla minaccia terroristica, riuscendo a impiegare efficacemente il proprio metodo investigativo nella disarticolazione di gruppi e organizzazioni terroristiche in Italia e all’estero. Proprio l’attività di analisi investigativa rappresenta storicamente uno dei pilastri fondamentali dell’azione dei ROS nel contrasto al terrorismo, come ha ricordato anche il Generale Teo Luzi, Comandante dell’Arma dei Carabinieri: fornendo gli strumenti essenziali per indagare in profondità la complessità dei contesti di riferimento in cui il terrorismo si muove e opera, le metodologie analitiche del ROS si sono affinate nel corso del tempo, permettendo di monitorare le diverse anime e le manifestazioni di violenza eversiva della galassia anti-sistema.
In questo senso, i successi degli ultimi anni confermano l’efficacia di questo approccio e la capacità di adattamento a contesti e sfide in continua evoluzione. L’indagine “JWeb”, ad esempio, ha consentito nel 2015 di smantellare l’organizzazione terroristica internazionale Rawti Shax, che operava in Trentino Alto-Adige come filiera per facilitare le partenze dei seguaci del sedicente Stato Islamico, al tempo ancora presente e attivo a livello territoriale in Siria. Il maxi-blitz dei ROS, in questa occasione, ha dato anche prova delle capacità di cooperazione internazionale in materia di contrasto al terrorismo, coinvolgendo unità investigative di Regno Unito, Finlandia, Germania, Svizzera e Norvegia, ove viveva dal 1991 il Mullah Krekar, fondatore e guida della cellula jihadista, estradato in Italia nel 2020. Il lavoro investigativo del ROS, primo protagonista delle indagini in caso di azioni terroristiche all’estero che coinvolgono cittadini italiani, è d’altronde risultato fondamentale anche nel caso complesso del rapimento di Silvia Romano, sequestrata il 20 novembre 2018 in Kenya in un piccolo villaggio dell’entroterra della provincia di Khalifi, dove è attiva l’articolazione kenyota di al-Shabaab. Nonostante le difficoltà operative legate alla difficoltà di operare all’estero in teatri in cui mancano (o non sono in grado di operare efficacemente) le strutture di polizia locali, le indagini del ROS, di concerto con quelle dei servizi di intelligence e sicurezza nazionali, hanno permesso la liberazione della giovane cooperante italiana il 9 maggio 2020.
Di eguale importanza risultano altresì anche le operazioni sul territorio italiano, che, coinvolgendo i diversi dispositivi deputati al contrasto al terrorismo sia online che offline, hanno permesso, tramite un attento monitoraggio virtuale delle attività di individui o gruppi, di intercettare e arrestare terroristi, prevenendo potenziali attacchi alle istituzioni o ai cittadini. Tra le più importanti dell’ultimo anno, la disarticolazione di Ordine Ario Romano a giugno merita sicuramente una menzione. In questo caso, infatti, l’operazione del ROS, condotta in collaborazione con i comandi delle province in cui vivono i membri dell’organizzazione, si inserisce in una più ampia strategia di monitoraggio e contrasto all’estremismo di destra online cominciata nel 2019. Gli esiti di queste indagini, che hanno tenuto monitorato il materiale propagandistico neofascista e suprematista, hanno dimostrato come la sigla nazifascista sia riuscita a trasferire la propria attività su piattaforme online, confermando una tendenza iniziata prima della pandemia e amplificata nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Dalla propaganda al reclutamento attivo, il gruppo ha infatti trovato nel web un efficace spazio di aggregazione, utilizzando piattaforme mainstream e scegliendo canali meno tracciabili per il reclutamento e lo scambio di informazioni.
In un contesto, pertanto, in cui la minaccia terroristica contemporanea cambia in maniera estremamente rapida e, come ha sottolineato durante il convegno il Prof. Andrea Margelletti, Presidente del CeSI, la percezione risulta spesso più forte della realtà, creando un hummus sociale e culturale in cui gli estremismi violenti possono proliferare più facilmente, i traguardi raggiunti dal ROS dei Carabinieri rivelano come la competenza, l’attenta analisi e le capacità strategiche dei dispositivi deputati al contrasto al terrorismo continuino ad essere di fondamentale importanza.
Mantenendo sempre come capisaldi nel proprio operato una elevata professionalità, un profondo senso dello Stato e delle Istituzioni e un grande rispetto per i diritti sanciti dalla Carta Costituzionale, il ROS costituisce sicuramente un caso esemplare e virtuoso di efficacia operativa e strategica non solo per il passato del nostro Paese, ma anche per la sicurezza futura dei cittadini italiani.