Il Presidente iraniano Raisi in Cina: tra aspettative e realtà
Tra il 14 e il 16 febbraio, una delegazione della Repubblica Islamica dell’Iran guidata dal Presidente Ebrahim Raisi e composta da sei Ministri, dal Governatore della Banca centrale e dal capo negoziatore per il nucleare, si è recata in visita ufficiale in Cina. Obiettivo del viaggio, rilanciare il partenariato strategico globale (c.d. “Comprehensive strategic partnership”) siglato dai due Paesi nel marzo del 2021 e provare ad avviare i piani di investimento ad esso collegati che valgono circa 400 miliardi di dollari.
Giunta in una fase complessa per l’Iran, attraversato da 5 mesi di dure proteste antigovernative, la visita si presentava carica di aspettative che sono tuttavia rimaste parzialmente disattese. Infatti, nonostante i 20 accordi di cooperazione siglati principalmente nei settori del commercio, del turismo, della gestione delle crisi e delle tecnologie dell’informazione, non si sono registrate intese su progetti di vasta portata o accelerazioni significative sul fronte degli investimenti diretti cinesi in Iran.
La volontà di compiere il viaggio è legata all’importanza che le relazioni sino-iraniane rivestono per Teheran in questa fase. In particolare, a seguito dell’imposizione delle sanzioni internazionali nel 2018, la Repubblica Popolare Cinese si è affermata come primo mercato per l’export iraniano pari, lo scorso anno, a 9,2 miliardi di dollari. Peraltro, tale dato non tiene conto dell’export di petrolio che passa per intermediari presenti in Stati terzi al fine di sfuggire alle restrizioni. Allo stesso tempo, le importazioni dalla Cina hanno permesso alla Repubblica Islamica di mantenere attivi e parzialmente competitivi alcuni settori, tra cui quello automobilistico.
In questo contesto, Teheran ha rilanciato la sua strategia di politica estera nota come “Look East”, che prevede di cercare a oriente partner utili a spezzare l’isolamento. Di conseguenza, l’importanza di Pechino è cresciuta progressivamente tanto che i due Paesi hanno siglato un partenariato strategico bilaterale della durata di 25 anni e l’Iran ha avviato la procedura di adesione alla Shanghai Cooperation Organization (SCO), realtà a forte trazione cinese. Inoltre, Pechino rappresenta uno dei principali sponsor per la ripresa dei negoziati sul nucleare e la presenza nella delegazione del capo negoziatore sul nucleare va letta anche in quest’ottica. Dal canto suo, la Cina ritiene l’Iran tassello importante nell’ampia strategia di contrasto all’attuale sistema internazionale a guida statunitense. Tuttavia, per Pechino le relazioni bilaterali appaiono subordinate all’evoluzione degli scenari mediorientali e globali. In particolare, l’azione diplomatica cinese nel Golfo è caratterizzata dalla ricerca di un bilanciamento tra interessi e attori in conflitto tra loro e, in questo quadro, le relazioni con l’Arabia Saudita restano fondamentali come emerso a seguito del viaggio di Xi Jinping a Riyadh dello scorso dicembre, che ha creato forti attriti proprio con l’Iran. Allo stesso tempo, seppur strategico, il rapporto con Teheran resta per Pechino funzionale a servire i suoi interessi più ampi e, per questa ragione, appare improbabile nel breve-medio periodo assistere al cambio di marcia auspicato dagli iraniani.