Il massacro degli Africa Corps russi in Mali
Africa

Il massacro degli Africa Corps russi in Mali

Di Marco Di Liddo e Andrea Russo
31.07.2024

Tra il 25 ed il 27 luglio scorsi, nel distretto di Tinzaouaten, sito nella regione occidentale maliana di Kidal, a ridosso del confine con l’Algeria, ha avuto luogo una delle battaglie più feroci della storia recente del Paese e che ha visto coinvolte unità delle Forze Armate del Mali (Fama), elementi del tredicesimo distaccamento d’assalto del Wagner Group (compagnia militare privata russa conosciuta anche con il nome di Africa Corps) e milizie del Quadro Strategico per la Difesa del Popolo dell’Azawad (Cadre stratégique pour la défense du peuple de l’Azawad, CSP-DPA), organizzazione ribelle indipendentista tuareg che, dal 2013, si oppone al governo centrale di Bamako. Secondo alcune fonti, alla battaglia avrebbero preso parte anche gruppi di fuoco appartenenti al Gruppo per la Salvezza dell’Islam e dei Musulmani (GSIM), movimento jihadista tuareg parte del network regionale di al-Qaeda. Qualora confermata, tale notizia non costituirebbe una novità sostanziale: infatti, nel fluido quadro della militanza insurrezionale tuareg del Mali settentrionale, dove i legami tribali e famigliari sono più importanti dei, labili, legami organizzativi, non è affatto raro che combattenti migrino da una milizia all’altra e che piattaforme jihadiste e indipendentiste collaborino frequentemente.

Lo scontro ha segnato la sconfitta delle Fama e degli Africa Corps russi, con un bilancio, tutt’ora in corso di verifica, di circa 50 morti, decine di feriti ed alcuni rapiti tra le fila dei mercenari del Cremlino. Si tratta del più grave attacco subito dalle unità paramilitari russe in Africa da quando, nel 2015, Mosca ha rilanciato la propria strategia di penetrazione economica, politica e militare nel continente.

Le dinamiche dell’azione hanno dimostrato un elevato livello di sofisticazione dell’attacco. Infatti, le milizie tuareg hanno teso inizialmente un’imboscata al nutrito convoglio delle Fama e degli Africa Corps, impegnato in una duplice attività di rafforzamento degli avamposti governativi e di conquista di villaggi nella turbolenta regione di Kidal, roccaforte delle milizie tuareg maliane. Secondo le informazioni disponibili, i guerriglieri impegnati nell’attacco erano circa un migliaio, pesantemente armati e coadiuvati da droni. Oltre alle vittime, l’assalto è costato alle truppe governative e agli Africa Corps la perdita di decine di mezzi, inclusi due elicotteri.

Particolarmente interessante è risultata la pubblicazione, sul Kyiv Post, di una foto che ritraeva alcuni miliziani tuareg in compagnia di uomini armati stranieri che esibivano una bandiera ucraina. Nello stesso articolo, il giornale ucraino riportava dichiarazioni dell’HUR (Holovne upravlinnia rozvidky Ministerstva oborony Ukrainy, Direttorato Principale dell’Intelligence del Ministero della Difesa dell’Ucraina), circa il supporto offerto ai combattenti tuareg. Non è la prima volta che unità delle Forze Speciali di Kiev colpiscono i mercenari russi in Africa: a riguardo, basta ricordare che, dal settembre 2023, gli ucraini sono presenti in Sudan dove attivamente combattono contro il Wagner Group. La presenza ucraina in Africa testimonia sia come la guerra tra Kiev e Mosca è di natura globale e non limitata al perimetro territoriale europeo orientale sia come l’HUR abbia sviluppato notevoli capacità operative in un teatro così lontano e complesso come l’Africa. Naturalmente, è lecita l’ipotesi che, dietro lo sviluppo di queste capacità e dietro le attività in Sudan e Mali, possa celarsi il supporto di servizi segreti e Ministeri della Difesa stranieri, probabilmente di Paesi con una lunga tradizione di dispiegamento nel Sahel e in Africa Orientale. In tale contesto, non è da escludere che, nel prossimo futuro, aumenti il numero e l’intensità di tali attività non convenzionali e ibride contro i russi in Africa al fine di eroderne l’influenza ed alzarne i costi di permanenza.

Per la Russia, il disastro di Tinzaouaten rappresenta un danno d’immagine considerevole nella strategia di espansione dell’influenza in Africa. Infatti, il Cremlino ha dimostrato di non riuscire a supportare adeguatamente i governi africani nella lotta all’insorgenza e al terrorismo e, elemento ancora più grave, ad esporsi a considerevoli tassi d’attrito. In tal senso, il “pacchetto Wagner”, vale a dire il modello di penetrazione russa in Africa basato sul supporto militare e politico a giunte militari in cambio dell’accesso a ricche concessioni minerarie, mostra parecchi limiti. Uno dei punti di forza del modello è che le giunte militari hanno disperato bisogno di relazioni politico-economiche per evitare l’isolamento e militari per contrastare i movimenti di insorgenza. In sintesi, la mancanza reciproca di alternative, oltre alla tradizionale indifferenza russa nel rispetto dei diritti umani, costituisce la lega che salda tali alleanze di necessità.

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