Il Giappone di Yoshihide Suga: all’insegna della continuità con Abe
Lo scorso 16 settembre Yoshihide Suga, Capo-segretario di gabinetto e storico collaboratore di Shinzo Abe, è stato nominato nuovo Primo Ministro del Giappone, in seguito al passo indietro annunciato dallo stesso Abe a fine agosto per motivi di salute. Poichè il Partito Liberal Democratico (LDP), di cui fanno parte Suga e l’ex Primo Ministro, detiene la maggioranza dei seggi in entrambe le Camere della Dieta nazionale, il voto di fiducia ricevuto in Parlamento è apparso come un puro passaggio formale, dopo che Suga era già stato identificato dal partito, pochi giorni prima, come l’erede designato del dimissionario Capo di governo. Sostenuto da cinque delle sette fazioni dell’LDP (Hosoda, Aso, Takeshita, Nikai e Ishihara), Suga ha ottenuto 377 preferenze su 535 voti disponibili, superando ampiamente i due rivali Ishiba Shigeru (68 voti) e Kishida Fumio (89). Rivestirà la nuova carica fino a settembre 2021, ovvero fino a quello che avrebbe dovuto essere il termine regolare del mandato dell’esecutivo.
Il nuovo Primo Ministro, dunque, si trova ora a dover gestire una delicata fase di transizione in un momento di già particolare incertezza per il Giappone, a causa degli effetti provocati dalla pandemia nel Paese. Capo di Gabinetto di Abe dal 2012, Suga sembra essere destinato ad inserirsi nel tracciato politico delineato dal predecessore e a traghettare il Giappone verso le prossime elezioni minimizzando i fattori di incognita che potrebbero destabilizzare ulteriormente il Paese.
Un primo segnale in questa direzione è giunto con l’ufficializzazione della squadra di governo, che conta molti dei ministri chiave del precedente esecutivo. Nello specifico, Taro Aso e Koichi Hagiuda proseguiranno il loro mandato rispettivamente alle Finanze e all’Istruzione. Il Ministro dell’Economia rimarrà Hiroshi Kajiyama, per portare avanti il progetto-Abenomics, mentre agli Esteri è riconfermato Toshimitsu Motegi, già coinvolto nel dialogo con Cina, India e Stati Uniti e per questo in grado di garantire continuità nelle relazioni internazionali di Tokyo. Per promuovere alcune riforme sul piano interno (quale quella sul sistema sanitario), Takeda Ryota (l’uscente Ministro della Pubblica Sicurezza) è stato assegnato agli Interni, mentre al dicastero della Salute e del Welfare è stato Norihida Tamura, che aveva occupato il medesimo incarico durante il Primo mandato di Abe (2012-2014). Assegnato Taro Kono al Ministero delle riforme, Suga ha affidato il Ministero della Difesa a Nubuo Kishi, fratello minore di Abe con una forte esperienza nelle questioni di sicurezza acquisite durante gli incarichi ricoperti negli ultimi anni come Vice Minsitro degli Esteri e come Presidente commissione Sicurezza della Camera Basa della Dieta giapponese.
La scelta dei ministri, il passato da principale artefice delle politiche di Shinzo Abe e le sue recenti dichiarazioni indicano una certa predisposizione di Suga a governare all’insegna della continuità con l’amministrazione precedente, sul piano interno così come su quello internazionale.
A livello domestico, il nuovo governo sembra intenzionato a proseguire sul percorso tracciato dall’Abenomics, ossia il set di iniziative economiche inaugurate nel 2013 dall’ex-Premier per risollevare il PIL nazionale. Il Primo Ministro ha infatti espresso la volontà di perpetrare una politica monetaria espansiva, tramite l’immissione di denaro nell’economia domestica e la conseguente svalutazione dello yen, che renderebbe più competitivo l’export del Paese. Nessun limite è stato imposto all’emanazione di titoli di Stato, tramite cui verranno verosimilmente finanziati gli stimoli economici per far ripartire il Giappone nel post-pandemia. A costo di fare deficit, il piano è quello di anteporre la crescita rispetto al risanamento dei conti, scartando dunque l’ipotesi – ventilata nell’ultima fase del governo Abe – di un aumento della pressione fiscale. Tale mossa sarebbe infatti in contraddizione con l’idea di sostenere finanziariamente la popolazione, duramente colpita dall’emergenza coronavirus, e non gioverebbe alla popolarità del neo-insediato Suga tra l’elettorato.
L’urgenza di incrementare il tasso di natalità attraverso una riforma ad hoc del welfare e la tematica dell’occupazione femminile completano le priorità ereditate dall’esecutivo Abe e tuttora presenti nell’agenda del governo Suga.
Allo stesso modo, anche sul piano internazionale, invece, il nuovo governo sembra interessato a portare avanti l’azione settata da Tokyo negli ultimi otto anni, in primis il completamento del processo di ripensamento del ruolo delle Forze di Auto Difesa e il rilancio internazionale del Giappone. Già nel 2016, l’allora Premier aveva manifestato l’intenzione di modificare l’Art. 9 della Costituzione, in cui viene sancita la rinuncia alla guerra e al mantenimento di un esercito regolare, fatto salvo per ragioni difensive. L’atteggiamento pacifista, figlio di un accordo con gli Stati Uniti al termine della Seconda Guerra Mondiale, infatti più visto come adeguato alle esigenze strategiche del Sol Levante rispetto ai cambiamenti del contesto politico e di sicurezza in Asia Orientale.
Sebbene Suga, ex-consigliere di Abe, si sia sempre dimostrato tra i più titubanti riguardo la riforma, una serie di dinamiche internazionali sembrerebbe ormai aver favorito un allineamento al predecessore. Innanzitutto, l’atteggiamento sempre più assertivo di Pechino nel Mar Cinese Orientale e nel Mar Giallo ha alimentato la preoccupazione di Tokyo e ha contribuito ad alzare la tensione tra le due potenze asiatiche.
In secondo luogo, il ripensamento della strategia di Difesa del Giappone è sempre stata presentata da Abe come un tassello fondamentale per rilanciare il ruolo di Tokyo nella regione, in primis all’interno dell’alleanza anti-cinese Quad(Quadrilateral Security Dialogue) come Australia, India e Stati Uniti. In un momento in cui le comuni preoccupazioni rispetto all’ascesa internazionale di Pechino ha rilanciato l’alleanza e ha creato occasioni per pensare a nuove architetture di sicurezza nella regione, un eventuale passo indietro di Tokyo potrebbe raffreddare i rapporti sia con nuova Delhi e, soprattutto con Washington.
La volontà dell’Amministrazione Suga di governare sulla scia del predecessore, con alcuni aggiustamenti ma senza capovolgimenti radicali, inoltre, potrebbe essere la scommessa del LDP per creare il terreno più adatto alle prossime elezioni generali, per assicurarsi un nuovo mandato al governo del Paese. Sebbene la gestione dell’emergenza sanitaria abbia ridimensionato i consensi dell’ex Primo Ministro, con il passaggio di consegne a Suga LDP ha ora l’opportunità di lanciare un segnale di cambiamento di immagine, senza in realtà stravolgere l’agenda di governo, fino ad ora apprezzata dall’opinione pubblica, per rafforzare così il consenso elettorale in vista delle elezioni del 2021. Per il governo Suga, dunque, il compito più delicato potrebbe essere rappresentato dal gestire in modo cauto i dossier più complicati e con maggior impatto mediatico, quale la riforma dell’art.9 della Costituzione, per scongiurare l’insorgere di ostacoli e complicazioni a pochi mesi dal voto, ma portare avanti comunque in modo discreto i dossier considerati prioritari dal LDP, in attesa di un’eventuale rinnovata legittimazione popolare proveniente dalle urne.