Il Giappone dopo Kishida
Asia e Pacifico

Il Giappone dopo Kishida

Di Sofia Bertolino
11.09.2024

Il 14 agosto, il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida ha annunciato che non si ricandiderà alle prossime elezioni per la leadership del Partito Liberal Democratico (PLD). Tale decisione è giunta a seguito dello scandalo sui fondi che ha colpito il suo partito e il conseguente crollo della fiducia, scesa sotto al di sotto del 30% nel mese di luglio.

Il passo indietro di Kishida si è reso dunque necessario al fine di restituire credibilità al Partito Liberal Democratico, dopo l’ultimo scandalo riguardante la raccolta irregolare di fondi da parte di esponenti del partito, inclusi alcuni membri della sua stessa fazione. Nello specifico, si tratta di circa 6.5 milioni di dollari non dichiarati, che hanno portato il Primo Ministro, il 18 gennaio del 2024, a sciogliere la propria fazione, la Kōchikai, ed effettuare un rimpasto di gabinetto con la sostituzione di quattro dei suoi membri. Inoltre, per prevenire il ripetersi di tali problemi, è stata introdotta una riforma sulla stessa legge che regola la raccolta fondi dei partiti. Tuttavia, le misure adottate non sembrano aver convinto l’elettorato e il calo di fiducia non si è mai arrestato. In precedenza, il governo Kishida aveva già visto crollare il consenso a seguito dello scandalo legato dall’assassinio dell’ex Primo Ministro Shinzo Abe, in cui erano emersi i collegamenti tra esponenti del PLD con la Chiesa dell’Unificazione, accusata di truffe finanziarie a carico dei credenti.

In questo quadro, il mancato raggiungimento degli obiettivi di rilancio dell’economia ha contribuito in maniera rilevante alla decisione di Kishida di uscire di scena. Fin dal suo insediamento, il 4 ottobre 2021, il Primo Ministro ha sostenuto di voler modificare l’assetto economico attraverso la cosiddetta new form of capitalism, basando la crescita economica sull’aumento dei salari, sulla redistribuzione e sui maggiori investimenti in capitale umano, scienza e tecnologia. Tuttavia, malgrado gli sforzi, l’economia giapponese dal 2023 è rimasta in stagnazione, con tassi di crescita negativi nel terzo trimestre, cui ha fatto seguito un quarto trimestre a crescita zero. Anche nel 2024 le criticità persistono e nel primo trimestre dell’anno il Pil è sceso di due punti percentuali vista la riduzione del volume delle esportazioni e dei consumi interni.

Scarso impatto sull’opinione pubblica hanno avuto i risultati alterni dell’Amministrazione Kishida in politica estera. Il Governo, in particolare, ha focalizzato l’azione sul rafforzamento delle relazioni con Stati Uniti e Corea del Sud in risposta al crescere delle tensioni regionali. In quest’ottica, si inserisce uno degli ultimi risultati diplomatici giapponesi, ossia la firma dell’accordo con le Filippine per effettuare attività militari congiunte, il Reciprocal Access Agreement (RAA), finalizzato a fronteggiare l’attuale conflittualità regionale che vede protagonista la Cina. Inoltre, sul piano energetico sono stati conclusi accordi con i Paesi del Golfo, mentre sul piano commerciale sono stati intensificati gli scambi commerciali con i Paesi del Sud-est asiatico. L’ultimo aspetto riportato è conseguenza dello scontro commerciale con la Cina, che negli ultimi tempi si è acuito per via della ripresa delle tensioni, anche in relazione alla disputa territoriale sulle isole Senkaku.

Sul fronte interno, data la solida maggioranza presente in Parlamento, il 27 settembre, la nomina del nuovo leader del PLD coinciderà con l’assunzione della carica di Primo Ministro dello stesso. In questi termini, i candidati potranno presentare la propria candidatura entro il 12 settembre, a patto che abbiano ottenuto almeno 20 consensi da parte dei parlamentari in carica. Per vincere, un candidato dovrà assicurarsi più del 50% dei voti, in caso contrario si procederà al ballottaggio lo stesso giorno. Dato l’alto numero di candidati, rappresentative delle differenti correnti interne, è quasi certo che si andrà a ballottaggio.

Per riacquistare la fiducia degli elettori, gli esponenti del partito si orienteranno probabilmente verso un candidato che non ha collegamenti diretti con i recenti scandali e sia sostenuto da un discreto peso politico in grado di formare alleanze trasversali tra le diverse fazioni. Per queste ragioni, potrebbero uscire di scena esponenti di spicco della fazione di Kishida, come la Ministra per la sicurezza economica Sanae Takaichi o il Ministro dell’economia, commercio e industria Ken Saito.

Tra i candidati con buone probabilità di successo si segnala Shinjiro Koizumi, figlio dell’ex Primo Ministro Junichiro Koizumi ed ex Ministro dell’ambiente Koizumi, figura giovane e conosciuta anche se apparentemente priva dell’esperienza politica necessaria. Tuttavia, la sua candidatura beneficia del sostegno dell’ex Primo Ministro Yoshihide Suga e si distingue per la sua posizione in merito alle riforme riguardanti i fondi politici e la possibilità per le coppie sposate di avere cognomi separati. Inoltre, si segnala Shigeru Ishiba, ex Ministro della difesa, personalità caratterizzata dall’assenza di legami con gli scandali passati, il quale tuttavia non gode dell’appoggio dei conservatori e di una parte consistente delle élite del partito. Nello specifico, Ishiba promette di impegnarsi sulla ripresa economica, di apportare una modernizzazione rurale e concentrarsi sulla sicurezza interna. Infine, un altro candidato che potrebbe avere successo è Takayuki Kobayashi, ex Ministro per la sicurezza economica. Personalità relativamente giovane tra le fila del PLD, Kobayashi potrebbe accaparrarsi le preferenze dei conservatori danneggiati dallo smantellamento della fazione Abe.

I recenti sondaggi di Asahi Shimbun mostrano una preferenza del pubblico per Shinjiro Koizumi e Shigeru Ishiba. Qualunque sia il successore di Kishida, tuttavia, è altamente probabile che vengano anticipate le elezioni parlamentari previste per luglio 2025, con l’obiettivo di guadagnarsi il sostegno degli elettori. In conclusione, si segnala che non ci attendono modifiche alla linea di politica estera del Paese dopo l’elezione del nuovo leader.

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