Egitto e Sudan tornano a discutere di Nilo a Parigi: quale il possibile ruolo della Francia?
Domenica 16 maggio, il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il Capo del Consiglio di Transizione sudanese Abdul Fattah al-Burhan si sono incontrati a Parigi per discutere delle loro relazioni regionali, focalizzandosi in particolar modo sulla disputa concernente la Grande Diga del Rinascimento Etiope (GERD). A margine dell’incontro, i due leader hanno incontrato anche il Presidente etiope Sahle-Work Zewde per approfondire la questione. Tale round di colloqui rientra in un vertice più ampio organizzato dal Presidente francese Emmanuel Macron, che questa settimana ha ospitato i leader africani per cercare di aiutare il Sudan nella ricerca di una nuova fase di transizione democratica. L’impegno dell’Eliseo nel farsi promotore degli interessi sudanesi in realtà mostra una volontà francese di porsi al centro di diverse dinamiche globali che stanno attraversando l’Africa Orientale, nelle quali anche la mediazione sulla controversa questione della diga sul Nilo detiene un ruolo fondamentale. Posizionamento che gioverebbe in favore del duo egiziano-sudanese intrinsecamente alla disputa e che potrebbe facilitare il dialogo tra le parti, nonché permettere di rafforzare la postura della Francia e dei due Paesi africani anche su altri fronti.
La controversia sulla diga lungo il Nilo Azzurro è vissuta da Egitto e Sudan come una questione di sicurezza nazionale per far fronte alla volontà etiope di portare avanti questo progetto dal grande impatto sociale ed economico. Una posizione ribadita da Addis Abeba alle controparti anche nel vertice di Parigi, sostenendo che dal prossimo luglio inizierà la seconda fase di riempimento della diga. Da quando nell’estate del 2020 il governo etiope ha ripreso i lavori sul GERD, tutti i tentativi di mediazione tra Egitto, Etiopia e Sudan sono falliti, così come l’ultima iniziativa presentata il 9 maggio da Felix Tshisekedi, Presidente della Repubblica Democratica del Congo e al momento a capo della Presidenza di turno dell’Unione Africana.
I continui fallimenti dei negoziati mettono in particolare apprensione Il Cairo e Khartoum, viste le considerevoli conseguenze economico-sociali che un mancato raggiungimento di un accordo entro luglio potrebbe comportare ai due Paesi, il cui approvvigionamento di acqua potabile dal Nilo ammonta all’85% circa. È per questo che il Presidente egiziano al-Sisi sostiene la necessità di una internazionalizzazione della crisi, nel tentativo di produrre una proposta alternativa al piano di gestione delle acque, ma allo stesso tempo nella speranza che l’allungamento dei tempi diplomatici possa portare ad uno stop delle attività etiopi perché frutto di una pressione internazionale. In questa prospettiva, l’Egitto promuove un forte pressing su Stati Uniti, Unione Europea, Unione Africana, Banca Mondiale e Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al fine di allargare la platea degli attori coinvolti e creare un panel adeguato di mediazione.
Vista la ricerca di nuovo supporto alla posizione egiziano-sudanese, un possibile interessamento futuro di Parigi nelle dinamiche del GERD potrebbe avvantaggiare i due Paesi, soprattutto per il leverage che l’intervento francese apporterebbe a livello di politica regionale. Oltre a facilitare il dialogo tra le parti, la Francia potrebbe supportare le aspirazioni egiziane nell’area in chiave anti-turca, avversario comune da contenere dal Mediterraneo fino in Africa Subsahariana. Nel suo progetto di penetrazione nel continente africano, il Presidente turco Recep Tayyip ErdoÄŸan guarda all’Etiopia come una sponda necessaria per le relazioni con la Somalia e il Sudan: il primo è al centro degli interessi turchi nel Corno d’Africa, il secondo è importante per garantire una proiezione marittima nel Mar Rosso. È per questo che Ankara è partner di Addis Abeba nella disputa sul GERD e detiene il maggior numero di investimenti esteri in Etiopia dopo la Cina. Tutti elementi che mettono in guardia Il Cairo, che potrebbe ora sfruttare l’interessamento francese nella regione per contenere le ambizioni turche. Inoltre, ciò permetterebbe all’Egitto di proseguire la sua strategia di penetrazione geo-economica in Sudan, già inaugurata tramite accordi infrastrutturali relativi alla ferrovia Aswan-Halfa ed alla costruzione di una zona industriale egiziana nei pressi della capitale sudanese. Tale mossa garantirebbe a Il Cairo una maggiore cooperazione politica e di sicurezza con Khartoum su diversi temi sensibili oltre la questione Nilo, come ad esempio le questioni confinarie, la proiezione marittima nel Mar Rosso e più in generale un incanalamento della transizione sudanese focalizzata su aspetti più vicini alle aspettative politiche egiziane.
Al contempo, tale avvicinamento potrebbe risultare strategico anche per una stabilizzazione del fronte libico: Egitto e Francia hanno già lavorato di concerto a supporto del Generale Khalifa Haftar durante la seconda guerra civile e potrebbero sfruttare un possibile nuovo allineamento per far fronte al peso considerevole rivendicato dal competitor turco in Libia.
Di conseguenza, seppur al momento la Francia non abbia palesato un interessamento nella controversia del GERD, un suo maggior coinvolgimento nella transizione politica sudanese non fa escludere un suo ingresso nella mediazione per le acque del Nilo, aprendo una nuova rete di dinamiche per fare muro all’espansionismo turco nel continente africano. Proprio la volontà di ridurre l’influenza di Ankara potrebbe chiamare in causa anche gli Emirati Arabi Uniti, già interessati a svolgere un ruolo di mediazione nella questione della diga e sicuramente ancor più propensi a farlo per contrastare il competitor turco in Africa Orientale. Tutti elementi che potrebbero comportare l’apertura di nuove piste nella regione, che già risulta in mutamento.