Al-Sisi nomina nuovi vertici nell’intelligence: cosa cambia per l’Egitto
Medio Oriente e Nord Africa

Al-Sisi nomina nuovi vertici nell’intelligence: cosa cambia per l’Egitto

Di Giuseppe Dentice e Andrea Fusco
22.10.2024

Un’importante novità arriva dal Cairo e coinvolge una delle più solide figure degli ultimi anni dall’ascesa di Abdel Fattah al-Sisi al potere: dopo 6 anni di servizio (dal 2018), nella giornata del 16 ottobre è stata ufficializzata la sostituzione di Abbas Kamel dal vertice della principale agenzia di intelligence del Paese, il General Intelligence Service (GIS). Il nome designato dal Presidente è quello di Hassan Mahmoud Rashad, profilo radicato all’interno del GIS che a differenza di Kamel, proveniente dall’Esercito ed ex Capo di Stato Maggiore, ha maturato un’esperienza consolidata nell’agenzia, tanto da divenire il vice del Direttore uscente.

La notizia di questo ricambio è arrivata con tempistiche insolite, dal momento che Kamel è stata la principale figura a gestire i più importanti dossier di politica estera che riguardano il Cairo, a partire dal delicato ruolo di mediazione tra Israele ed Hamas a Gaza. Dall’inizio del conflitto, Kamel aveva periodicamente incontrato il Direttore della CIA William Burns, le delegazioni di Tel Aviv e Hamas, oltre al Primo Ministro qatarino Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al-Thani; i risultati di queste consultazioni portarono al cessate il fuoco di novembre e al rilascio di 105 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas, ma i successivi tentativi d’intermediazione non hanno fruttato sostanziali passi in avanti nella ricerca di un punto d’incontro tra le parti. Ciò è dipeso probabilmente dal fatto che ogni mossa compiuta nel delicato scacchiere mediorientale è stato orientato anzitutto al mantenimento e alla tutela degli interessi dei singoli attori che vi operano. Da questo punto di vista l’agenda di Kamel e dei suoi collaboratori era particolarmente pressante, giacché è storicamente difficile riconoscere un periodo di crisi equivalente in termini economici e securitari.

Adottando la prospettiva del Cairo, in questo momento il Paese ha la necessità di monitorare i propri confini terrestri occidentali (Libia), meridionali (Sudan) e orientali (Gaza/Corridoio Philadelphi) in quanto ognuno di questi contesti vive un elevato livello di destabilizzazione interna dovuta ai conflitti in corso, che hanno innescato un’ondata di migrazione irregolare in direzione del territorio egiziano. Sono oltre 450.000 i sudanesi che hanno varcato il confine meridionale, seguiti dal rischio più volte paventato dell’afflusso di 1,4 milioni di gazawi in fuga da quel che rimane dell’enclave palestinese e dal quadrante libico che, seppur in misura minore rispetto al passato, continua a offrire poche prospettive di pace all’orizzonte. Elemento comune a tutti i contesti è la questione di sicurezza interna del Cairo, che eserciterebbe riflessi di difficile gestione per il sistema economico e sociale egiziano. Tutti temi ricadenti nell’ampio cappello della sicurezza nazionale del quale Kamel era investito e ne gestiva direttamente l’agenda politica per conto del Presidente.

Tuttavia, il quadro complessivo dello scenario in cui è avvenuto questo repentino ricambio potrebbe aver trovato una sponda anche in altri contesti, come ad esempio possibili diversità di vedute sulla gestione dei dossier più delicati. Tra questi hanno sicuramente avuto un peso notevole le ricadute economiche legate ai mancati introiti da Suez e il Mar Rosso, dove l’ormai consolidata presenza degli attacchi Houthi e il conseguente dirottamento di gran parte dei traffici mercantili circumnavigando l’Africa ha colpito le casse egiziane (già in gravi condizioni dalla pandemia di Covid-19) più di ogni altro attore coinvolto nella zona: circa il 2% del PIL, intorno ai 4 miliardi di dollari, è sfumato a causa del dimezzamento dei traffici commerciali in questo cruciale choke point tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano. I miliziani yemeniti, inseriti in quell’eterogenea coalizione comunemente riconosciuta come l’Asse di Resistenza di cui l’Iran è principale sponsor, hanno causato un importante danno allo Stato egiziano che, di contro, ha vissuto (e tuttora sperimenta) una frustrante situazione in cui le minacce sono ben note, ma la capacità di affrontarle direttamente è remota o quantomeno improbabile.

Come leggere, quindi, la sostituzione di Kamel con Hassan Mahmoud Rashad. Un primo elemento da tenere in conto è la passata collaborazione tra i due: in particolare, Rashad era incaricato di supervisionare i rapporti proprio con Teheran, ed è interessante ricordare che proprio il 17 ottobre – a poche ore dall’avvicendamento ai vertici del GIS – il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha fatto visita al Cairo dopo ben 12 anni di rapporti congelati a livello istituzionale. Altro terreno scivoloso, ma su cui val la pena ragionare, è la propensione del Presidente al-Sisi nel rimuovere soggetti che acquisiscono troppe prerogative e influenze nei rami fondamentali dell’ingranaggio statale: l’ambiguità dell’attuale situazione si riflette nel non aver rimosso definitivamente Kamel dai suoi incarichi, ma l’averlo spostato di ruolo in veste di “consigliere speciale di al-Sisi e coordinatore dei servizi di sicurezza”. Se è improbabile valutare questa nomina come una promozione, potrebbe essere altrettanto affrettato parlare della completa destituzione di un profilo che ha influenzato in modo sostanziale la politica del Paese ed è stato ritenuto per anni il più importante personaggio pubblico dopo al-Sisi.

Tuttavia, è plausibile ipotizzare che quanto accaduto potrebbe vertere verso un possibile conflitto all’interno dei due rami fondamentali del sistema egiziano: l’onnipresente esercito e le correnti politiche vicine al Presidente. Una dinamica mai emersa in maniera dirimente sul piano pubblico, ma che ha conosciuto diversi momenti di tensione nel corso degli ultimi due anni, dall’aggravarsi della crisi socio-economica nazionale fino ad arrivare alla montante critica della società egiziana nei confronti dell’atteggiamento delle istituzioni in merito alla questione palestinese e alla gestione di Gaza. Tanti elementi che non costituiscono una prova, ma che definiscono l’irrequietezza del quadro politico egiziano nel quale avviene l’insolito avvicendamento ai vertici del GIS.

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