Assad negli Emirati Arabi Uniti: cambi all’orizzonte in Medio Oriente
Medio Oriente e Nord Africa

Assad negli Emirati Arabi Uniti: cambi all’orizzonte in Medio Oriente

Di Elia Preto Martini
21.03.2022

Venerdì 18 marzo 2022, Bashar al-Assad, è volato negli Emirati Arabi Uniti compiendo la sua prima visita di Stato in un Paese arabo dallo scoppio della guerra civile del 2011. In questa occasione il Presidente siriano ha incontrato a Dubai Mohamed bin Rashid al-Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli EAU, nonché Sovrano di Dubai, per discutere dell’attuale stato delle relazioni tra i due Paesi e, eventualmente, come migliorarle.

La scelta degli EAU come destinazione del viaggio di Assad non sorprende, soprattutto per via del tentativo di riabilitare la Siria all’interno del mondo arabo portato avanti dalla leadership emiratina negli ultimi anni, in particolare dopo l’apertura dell’Ambasciata a Damasco nel 2018. Questo sforzo non è stato però un tentativo isolato: almeno altri tre Paesi, ovvero Algeria, Giordania ed Egitto, hanno cercato di promuovere al pari di Abu Dhabi il ruolo di nuova legittimità dell’establishment siriano nella regione, sia attraverso i canali multilaterali della Lega Araba sia tramite contatti diretti con le potenze internazionali. La visita di Assad possiede inoltre un significato politico e simbolico molto forte alla luce delle attuali dinamiche regionali e internazionali. Da un lato, infatti, in Medio Oriente rimane inalterata la contrapposizione di fondo tra l’Iran e i Paesi arabi che potrebbe comunque avere dei riflessi in sede negoziale a Vienna in termini di un nuovo accordo sul nucleare. Dall’altro lato, invece, Assad e al-Maktoum hanno avuto modo di discutere dei recenti sviluppi internazionali e, in particolare, dell’invasione russa dell’Ucraina.

Nonostante, quindi, la mole di crimini commessi dalle forze di Assad durante la guerra civile, i rapidi riposizionamenti geopolitici avvenuti a livello regionale e internazionale, nonché una combinazione di fatica e disinteresse generali verso il conflitto, sarebbero emerse alcune condizioni – ritenute ideali dalle parti – per favorire una nuova legittimazione di Damasco agli occhi della comunità araba secondo un approccio eccessivamente “realista” e “pragmatico”. Gli interessi in gioco tra gli EAU e Siria sono dunque notevoli. Oltre al già citato tentativo di rinvigorire l’asse anti-iraniano, infatti, il rafforzamento del blocco arabo permetterebbe a questi Paesi di dialogare in maniera più indipendente nei confronti delle principali potenze che hanno interessi in Medio Oriente, ovvero Cina, Russia e Stati Uniti. Inoltre, l’incontro è stato importante per discutere dell’integrità territoriale siriana, ovvero uno dei dossier ritenuti prioritari dalla leadership di Damasco.

Gli Stati Uniti hanno reagito con preoccupazione a questo incontro. La Siria viene infatti percepita da Washington come un avamposto di Mosca nel Mediterraneo, anche per via della presenza navale russa nel porto siriano di Tartus e nella base aerea di Hmeimim. In termini generali, però, questo fatto – assieme alle più recenti criticità emerse nei rapporti tra USA e Arabia Saudita e EAU – ha aumentato il timore di Washington di una ricerca di maggior indipendenza dei Paesi arabi nel perseguimento della loro politica estera, ridimensionando di conseguenza l’influenza esercitata da Casa Bianca nella regione. Allo stesso tempo è bene sottolineare che il processo di normalizzazione delle relazioni intra-arabe rischia non solo di reintegrare pienamente Damasco nell’architettura mediorientale – sebbene permangano molti dubbi da parte di Riyadh e Doha –, ma anche di incoraggiare e lasciare inalterate le pratiche del regime alawita nel suo piano interno, accentuando quindi una perdita di credibilità della comunità regionale e internazionale.

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