L'azzardo italiano in Libia

L'azzardo italiano in Libia

01.23.2017

Roma si è schierata col governo di Tripoli senza se e senza ma:

una scelta che potremmo pagare cara

C’era una volta la Libia, colonia dell’Italia. Storia finita. Poi c’era la Libia, riconciliata con Roma grazie al Patto d’amicizia Berlusconi-Gheddafi. Ma dopo la guerra scatenata nel 2011 da Parigi e Londra con l’appoggio “dalle retrovie” degli Stati Uniti, la Libia non è più uno Stato nazionale sovrano. È preda delle tribù, smembrata fra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, divisa in aree d’influenza di Francia, Italia, Regno Unito, Russia, Egitto, Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Qatar… Ma vediamo come si sono schierate le grandi potenze sullo scacchiere libico.

Equilibrismi francesi
Mentre l’Italia si affannava a promuovere a Tripoli un governo di unità nazionale riconosciuto dall’Onu, la Francia faceva il “doppio gioco”. Da un lato con il premier Fayez al Sarraj, dall’altro sul terreno militarmente schierata con l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Russia ed Egitto. I Rafale egiziani che bombardavano in Tripolitania “parlavano francese”. Parigi poi ha corretto il tiro, ma resta legata a Haftar per tutelare i propri affari, specie militari, con l’Egitto di Al Sisi. A Sud, le truppe speciali francesi proteggono i geologi in cerca di terre rare e controllano i corridoi da e verso il Mali, usati dai jihadisti.

Giri di valzer inglesi
Ufficialmente anche Londra sostiene al Sarraj. Ma i britannici hanno forti interessi petroliferi offshore nella Libia orientale e una presenza di truppe speciali in Cirenaica, dove esercitarono il mandato post-coloniale. In modo meno spavaldo dei francesi tengono rapporti con Haftar, che a differenza di al Sarraj in Tripolitania non ha rivali nel suo feudo di Tobruk. Truppe speciali di Sua Maestà presidiano anche altre zone, per esempio il confine con la Tunisia, in chiave anti-terrorismo.

Mire russe su Bengasi
La sponsorizzazione russa di Haftar è sotto gli occhi di tutti. Il generale è stato portato in elicottero (russo) sulla nave militare (russa) Kuznetsov. E Mosca ha annunciato forniture militari imponenti, né fa mistero di volere una base nel Mediterraneo a Bengasi, come già ai tempi di Gheddafi, che farebbe il paio con quella siriana di Tartus.

Stati Uniti disimpegnati
Mentre Gran Bretagna, Francia e Russia difendono in Libia gli interessi nazionali, gli Stati Uniti hanno deciso che Nord Africa e Medio Oriente non sono strategici per loro come il Pacifico e la Cina. Di conseguenza, osserva il presidente del Ce.S.I. Andrea Margelletti, in Libia gli americani tutelano non i propri interessi, ma la “sicurezza nazionale”, colpendo con gli aerei dalle navi, in modo chirurgico, i capisaldi del jihadismo islamico e dell’Isis. E i corpi speciali a terra servono soltanto a individuare i bersagli. Il “cavallo” americano è politicamente il nostro: al Sarraj.

Italiani con il governo Sarraj
E infine l’Italia, con i suoi 200 medici e militari a protezione di un ospedale da campo a Misurata (missione Ippocrate). Smentite le notizie su truppe speciali di scorta al premier Al Sarraj, abbiamo riaperto l’ambasciata. I nostri interessi, concentrati nella Libia occidentalee targati Eni, sono soprattuttoa Sabratae Mellitah, da dove parte il gasdotto Greenstream nella cornice del più vasto progetto Eni, Western Libyan Gas Project. Nella stessa area sarà riattivato il campo petrolifero Elephant. Interessi pure nella mezzaluna petrolifera, fra Tripolitania e Cirenaica. La nostra azione diplomatica deve fare i conti con Haftar e con i tentativi golpisti dei Fratelli musulmani contro al Sarraj. Né riusciamo ad arginare i flussi migratori dalle coste. Investiamo in due missioni anti-scafisti, Mare Sicuro e l’europea EunavForMed, che hanno sbarcato in Italia decine di migliaia di boat-people. ( Marco Ventura)

Fonte: Panorama

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