Giochi di guerra in Europa
La Stampa

Giochi di guerra in Europa

09.21.2017

Se l’incubo del ministro della Difesa lituano diventasse realtà, sarebbe qui, tra le fitte foreste di pini e betulle del corridoio di SuwaÅ‚ki, che Putin farebbe il primo passo per «riprendersi i Baltici».

La prova di forza di Putin con Zapad-17, le più imponenti esercitazioni militari russe dalla fine della Guerra Fredda, è un messaggio preciso alla Nato: è da qui, lungo i confini dei Paesi Baltici, che Mosca cerca di destabilizzare la compattezza europea e allo stesso tempo di allontanare l’America dai suoi alleati mostrando i muscoli.
Qui, oggi, lungo i 104 chilometri che collegano via terra l’enclave russa di Kaliningrad e l’alleata Bielorussia, si vedrebbero dispiegate le truppe meccanizzate di Mosca, a chiudere l’unica via d’accesso - e di rifornimento - dell’Unione europea alle tre repubbliche baltiche, che così rimarrebbero fatalmente isolate. L’occasione perfetta per ammassare truppe pronte a chiudere il corridoio con un cordone impenetrabile dal Mar Baltico a Minsk, secondo le intelligence lituana, lettone ed estone, è Zapad, la più imponente esercitazione militare russa dalla fine della Guerra fredda, che per una settimana ha causato brividi alle repubbliche ex sovietiche e uno stato di «vigile allerta» nei comandi Nato. «Useranno le esercitazioni come copertura - dice il ministro della Difesa di Vilnius, Raimundas Karoblis - per lasciare a Kaliningrad e in Bielorussia un dispiegamento permanente di truppe e mezzi».  
Ed è così che la prima vittoria sul campo - diplomatico - l’ha portata a casa Mosca, che con il suo sfoggio muscolare lungo i confini di Lettonia, Lituania ed Estonia, e la costruzione di basi di lancio permanenti per missili a medio raggio a Kaliningrad, ha scosso l’imperturbabilità del fronte Est dell’Alleanza e allo stesso tempo ha messo pressione a Svezia e Finlandia. A Vilnius la paura di un’«invasione» è tangibile: «Abbiamo paura, sì, certo che abbiamo paura - dice Karoblis -. Abbiamo visto come sono andate le cose in Georgia, e poi in Crimea, sappiamo bene cosa sia una guerra ibrida e come la sappiano fare bene». Negli ultimi mesi, oltre alle violazioni degli spazi aerei da parte dei caccia russi - «test per valutare i tempi di reazione Nato» -, sono aumentati i cyber attacchi e la propaganda si è fatta più aggressiva: «I russi iniziano a dire che il nostro porto sul Baltico, Kalipeda, è un regalo di Stalin alla Lituania, esattamente come dicevano che la Crimea era un regalo di Krushev all’Ucraina».  
Se l’incubo del ministro della Difesa lituano diventasse realtà, sarebbe Kybartaidi, l’ultimo centro abitato lituano sul «corridoio» prima del blindatissimo confine con Kaliningrad, a essere «invasa». Meno di cinquemila anime, un’unica strada su cui si affacciano basse casette di legno, e il nodo ferroviario di quel «treno fantasma», che tanto ha preoccupato gli osservatori internazionali, il convoglio blindato che dall’oblast russo arriva fino a Minsk e a San Pietroburgo. «Ogni tanto sentiamo i cannoni», racconta Jola Reza, contadina, che oggi, incurante del freddo e della pioggia battente, è venuta in città a vendere bacche rosse e mirtilli sul ciglio della strada. «Qui non c’è niente da prendere, perché vorrebbero farci la guerra? Ma un po’ di paura c’è». Il nipote di Jola è soldato: «Lui dice di stare tranquilla, che sappiamo difenderci».  
 
A Vilnius, nel quartier generale dell’Nfiu (Nato Force Integration Unit), il comandante colonnello Jakob Sogard Larsen ripete come un mantra due parole: «prevenzione», «forza deterrente». «Il nostro messaggio alla Russia è chiaro - dice -: noi siamo uno per tutti, tutti per uno». Il comandante si riferisce alla forza multinazionale impegnata nell’Nfiu: «Attaccare un singolo Paese significherebbe attaccare tutti quelli dell’Alleanza, non credo il gioco valga la candela». Zapad - secondo le fonti ufficiali - ha coinvolto 12.700 militari, meno quindi dei 13 mila oltre ai quali è necessario, secondo la convenzione di Vienna, invitare osservatori internazionali. Ma secondo diverse fonti di intelligence i soldati sarebbero almeno 100.000. Larsen non vuole confermare i numeri, ma chiede: «Non le sembra strano, in 17 anni la Russia non ha mai invitato osservatori internazionali, l’ha fatto questa volta, ma indicando un giorno e un luogo preciso in cui potevano andare». L’«evento», sotto gli occhi della crema della stampa straniera, si è celebrato martedì al poligono Luzhsky (Leningrado) al cospetto dello stesso Putin.  
«Mosca lancia un messaggio, la Nato ne lancia un altro: rappresentiamo 29 Nazioni, l’alleanza più forte al mondo. Non abbiamo intenzione di attaccare nessuno, ma siamo come una famiglia, e se qualcuno ne aggredisce un membro lo difenderemo». L’Alleanza usa la deterrenza dell’articolo 5, Putin rilancia con i numeri: nell’ultimo anno oltre 60.000 soldati sono stati impegnati in 50 esercitazioni militari dei Paesi occidentali vicino ai confini russi. 
 
Siamo ai messaggi e alle risposte da una parte all’altra dei confini, come due pugili sul ring che, per ora, si studiano e si provocano, sempre più vicini. Siamo anche alle manovre e contromanovre militari. Mentre Putin e Zapad pretendono l’attenzione totale, più a Sud, dove l’Europa e la Federazione russa si sfiorano, quindici Paesi si esercitano in Ucraina, mentre la Polonia, a fine settembre, inizierà «Dragon» (17.000 soldati) e la Svezia - che non fa parte dell’Alleanza - porta avanti le sue più vaste esercitazioni militari degli ultimi 23 anni, alle quali parteciperanno anche gli Usa e alcuni Paesi della Nato cosa che, come ha detto il ministro della Difesa Peter Hultqvist, è già da sola «una dichiarazione di intenti». Putin non ha mancato di avvisare Stoccolma: se la Svezia entrerà nella Nato «cambieremo strategia nei sui confronti». 
 
A Rukla c’è uno dei 4 battaglioni multinazionali (tre sono nei Baltici, uno in Polonia) composto da 1.000 soldati, 500 mezzi. Sono i «boots on the ground» dell’Alleanza in Lituania. «Se attaccassero il corridoio di SuwaÅ‚ki saremmo lì in poche ore - assicura il capitano della brigata Iron Wolfe, Povilionis -. Ma ora non muoviamo un dito, non vogliamo provocare Putin». La «breccia» tra Lituania e Polonia è uno dei punti caldi su cui si concentra la Nato: «SuwaÅ‚ki è fondamentale - spiega Francesco Tosato, analista militare del Centro Studi Internazionali -, essendo l’unica strada percorribile, visto che la via marina è preclusa dall’ipermilitarizzata Gotland».  
 
«Con Zapad Mosca ci sta mandando un chiaro messaggio - spiega il maggiore Martijn Pothuizen - e anche noi ne stiamo mandando uno, che la Nato è forte». A Rukla tutti concordano: Putin non vuole un’altra Crimea, per ora. «Ma la situazione è delicatissima - aggiunge Pothuizen -. La storia ci insegna che quando si mettono imponenti forze armate una vicino all’altra può succedere qualsiasi cosa: basta un errore, è sufficiente che un tank superi un confine perché la situazione precipiti. Spero che i ragazzi laggiù, sia i russi sia i nostri, non perdano la calma. Che abbiano sempre ben chiaro che le guerre sono un disastro sociale irrimediabile».

Fonte: La Stampa

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