Libia, lo scontro tra Bashaga e le milizie indebolisce il fronte di Tripoli
Middle East & North Africa

Libia, lo scontro tra Bashaga e le milizie indebolisce il fronte di Tripoli

By Emanuele Oddi
02.25.2020

Domenica 23 febbraio, durante una conferenza stampa il Ministro dell’Interno del Governo d’Unità Nazionale (GUN) libico, Fathi Bashaga, ha annunciato di aver intrapreso alcune azioni legali contro la milizia Nawasi, uno dei principali gruppi armati a difesa di Tripoli. Secondo le dichiarazioni di Bashaga sarebbero stati emessi dei mandati di arresto contro alcuni membri di spicco della milizia e contro il leader di Nawasi, Mustafa Ibrahim Qaddur.

L’accusa riguarda delle illegittimità che Nawasi avrebbe compiuto nei confronti di alcuni agenti di polizia del GUN. Nello specifico, questi agenti sarebbero stati arrestati per motivi non meglio precisati e soprattutto senza che il Ministero dell’Interno fosse informato o consultato. Tuttavia, il nodo centrale della conferenza stampa del misuratino Bashaga è un altro. Il Ministro, senza mai nominarla direttamente, ha accusato la milizia Nawasi di aver d’intavolato, con i servizi di intelligence italiani a mediare, un incontro con Mohamed bin Rashid, titolare del dossier libico nell’intelligence degli Emirati Arabi Uniti (EAU).

Nell’ambito della guerra civile in Libia, gli EAU sono il principale sponsor del Generale Khalifa Haftar, capo dell’Esercito Nazionale Libico (ENL) con base nell’Est del Paese. Haftar, in conflitto con il GUN di fatto dal 2016, è impegnato in un’offensiva contro la capitale iniziata nell’aprile 2019. Il GUN, invece, che ha base a Tripoli ed è guidato dal Presidente Fayez al-Serraj, ha ricevuto ampio sostegno militare dalla Turchia soprattutto negli ultimi mesi. Tuttavia, già dai primi giorni dell’offensiva del Generale, la difesa della capitale è stata assicurata principalmente da un insieme di milizie locali, riunite nelle Forze di Protezione di Tripoli (di cui fa parte anche la milizia Nawasi), rinforzate da gruppi armati provenienti da Misurata.

Perciò, la dichiarazione di Bashaga non solo è molto significativa per gli equilibri interni del frastagliato fronte del GUN, ma potrebbe avere pesanti ripercussioni nel conflitto con Haftar ed i suoi alleati. La risposta di Nawasi è stata affidata a un ufficiale della milizia, Ali al-Ramli, il quale ha dichiarato che il Ministro dell’Interno, forte del supporto della Turchia, vorrebbe aizzare le altre milizie del GUN contro Nawasi. Inoltre, al-Ramli ha minacciato rappresaglie proprio contro quei combattenti stranieri che sono stati integrati di recente nel fronte tripolino.

Questo scambio di accuse giunge in una fase molto delicata del conflitto libico, con lo schieramento di Haftar pronto a sferrare nuove offensive e forte di copiosi rifornimenti giunti da Emirati, Egitto e Giordania. A ben vedere, questi dissidi interni aumentano i profili di vulnerabilità cui è esposto il GUN. Lungi da essere una semplice schermaglia verbale, la diatriba tra Bashaga e Qaddur dimostra la scarsa coesione del fronte tripolino, composto da milizie locali, spesso in conflitto l’una con l’altra fin dal 2011, e oggi unite soltanto dalla comune opposizione ad Haftar, dettata dalla volontà di difendere i privilegi acquisiti nel post-Gheddafi. Lo stato di conflitto interno è acuito anche dalla difficile convivenza politica e militare nel GUN dei due attori più importanti dell’Ovest, ovvero Tripoli e Misurata, le cui milizie sono state a più riprese fondamentali per fermare l’offensiva del Generale dell’ENL.

In base a queste considerazioni, appare evidente che un eventuale sfarinamento del fronte tripolino potrebbe incidere profondamente sull’andamento del conflitto in corso e rappresentare un vantaggio importante per lo schieramento di Haftar. Scenario che proprio i recenti dissidi tra Bashaga e la milizia Nawasi rendono più probabile.

Infatti, Nawasi è una delle più importanti milizie di stanza a Tripoli sia per numero di effettivi, circa 700 (di cui molti salafiti madkhaliti), sia per la posizione strategica dei quartieri di cui è a difesa. La milizia guidata da Qaddur presidia alcuni dei settori più importanti del fronte oltre all’area di Abu Sitta, che si trova a poche centinaia di metri dall’omonimo porto e dalla sede del Consiglio Presidenziale. Inoltre, Nawasi controlla diversi checkpoint sparsi nella parte vecchia della città, dove sono concentrate altre istituzioni legate al GUN. Soprattutto, già dal 2011, questa milizia ha esercitato un controllo capillare e pressoché costante sia dell’apparato di polizia che dell’intelligence di Tripoli, acquisendo maggiore legittimità politica e l’accesso a maggiori canali di finanziamento rispetto ad altre milizie. Inoltre, la famiglia Qaddur può contare sulle posizioni all’interno degli ambienti politici e istituzionali conquistate da alcuni suoi membri, che ne hanno rafforzato la posizione interna e la credibilità esterna. Tra questi va ricordato Hafed Qaddur, cugino dell’attuale leader miliziano e attuale ambasciatore del GUN presso l’Unione Europea, che è stato in precedenza ambasciatore della Libia in diversi Paesi europei tra cui l’Italia, nonché ex governatore della Banca Centrale Libica. Perciò, gli interessi e le ambizioni della famiglia Qaddur, e quindi della milizia Nawasi, poggiano su solide basi militari, politiche, economiche e diplomatiche, che ne fanno un attore fondamentale per gli esiti del conflitto e, soprattutto, per gli equilibri dell’Ovest. In quest’ottica, le tensioni fra la famiglia Qaddur e Bashaga, esponente del panorama misuratino, rischiano di aprire una falla negli apparati di sicurezza del GUN, sia nella gestione interna delle milizie, sia nella difesa della città dall’offensiva di Haftar.

Tale crisi potrebbe compromettere le capacità difensive di Tripoli, inibendo le capacità difensive del GUN di fronte ad una più incisiva azione militare di Haftar, che potrebbe concretamente sperare di fare ingresso nel cuore della capitale. A prima vista, la scelta del Ministro dell’Interno di operare uno strappo così evidente potrebbe apparire un’iniziativa estemporanea. A ben vedere, tuttavia, la mossa di Bashaga potrebbe rispondere ad una strategia complessiva volta ad avvantaggiare alcune fazioni di Misurata rispetto ai potentati tripolini. Infatti, tra gli obiettivi del variegato fronte misuratino nel garantire un sostegno al GUN figura la garanzia di avere adeguata voce in capitolo sulla conduzione politica ed economica del governo, evitando così di giocare un ruolo subalterno ai gruppi espressione di Tripoli. Tuttavia, la progressiva infiltrazione delle milizie tripoline nel tessuto istituzionale e politico del GUN a partire dal 2016 ha reso più complesso individuare e mantenere un equilibrio accettabile per tutte le parti in causa. Su questo sfondo, la mossa di Bashaga potrebbe riflettere l’indispensabile ruolo strategico che le truppe di Misurata hanno avuto ed hanno nel conflitto, così come un tentativo di proporsi come interlocutore più affidabile nel GUN a fronte di una critica più serrata allo strapotere delle milizie tripoline da parte della Comunità Internazionale che si sta manifestando nelle ultime settimane, in parallelo con l’avvio del processo diplomatico guidato dall’ONU e dalla Germania. D’altronde, la nomina dello stesso Bashaga come Ministro, il 7 ottobre 2018, rientrava in questo processo di progressiva espansione dell’influenza di Misurata e di erosione del primato di Tripoli. Strategia a lungo portata avanti da Bashaga stesso, che ha tentato di marginalizzare Nawasi nella gestione degli apparati di sicurezza, fino ad arrivare allo strappo, forse definitivo, attuato il 23 febbraio.

Il quadro attuale, quindi, è quello di uno scontro interno al GUN, che potrebbe avere delle importanti ricadute sull’evoluzione del conflitto libico. Le tensioni per ora verbali e politiche tra Bashaga e la milizia Nawasi rischiano di degenerare in scontri armati tra gruppi armati finora alleati nella difesa di Tripoli. D’altro canto, lo stesso Ministro dell’Interno il 25 febbraio ha ispezionato il Battaglione 301, una delle milizie provenienti da Misurata più rilevanti nella tenuta del fronte e da tempo attiva nei quartieri meridionali della capitale. Il messaggio di sostegno alle realtà armate misuratine da parte del Ministro potrebbe quindi portare ad una resa dei conti condotta con dinamiche violente.

Ovviamente, tutto ciò favorirebbe l’efficacia delle operazioni dell’ENL, che potrebbe approfittare di questa faglia per penetrare nel centro urbano di Tripoli dopo 10 mesi di tentativi frustrati. L’inasprirsi del confronto fra Tripoli e Misurata potrebbe privare le milizie di Serraj dell’unico collante che le lega, aprendo una fase di rimodulazione degli schieramenti in campo. Va sottolineato che questa fase di cambiamento potrebbe riguardare anche il supporto garantito da alcuni attori esterni. Proprio in virtù di possibili variazioni degli assetti, non sembra essere secondario l’orientamento politico-religioso delle forze in campo. Bashaga, infatti, ha origine turche ed è considerato sensibile alle istanze della Fratellanza Musulmana nel Paese, mentre la famiglia Qaddur, come ricordato, annovera tra i miliziani della Nawasi molti aderenti al salafismo madkhalita.

Per quanto il conflitto libico non sia mai stato caratterizzato da forti rivalità di sfondo ideologico, questo fattore è diventato più rilevante nel corso dell’ultimo anno perché costituisce uno dei principali vettori usati dagli attori esterni per proiettare la propria influenza nel Paese. Infatti, il fronte pro-Haftar (EAU ma anche Arabia Saudita ed Egitto) non ha mai esitato a favorire quelle milizie di orientamento salafita madkhalita che, ad oggi, costituiscono il nerbo degli assetti di punta dell’ENL nonché l’ossatura degli apparati di sicurezza in città come Bengasi e Sirte. Al contrario, nel GUN e tra le milizie che lo difendono sono presenti alcune delle anime del vecchio Parlamento di Tripoli, il disciolto Congresso Generale Nazionale, in cui avevano trovato spazio e voce diverse espressioni della Fratellanza Musulmana. Queste due correnti sono molto differenti fra loro per l’interpretazione politica dell’Islam ma, soprattutto, sono supportate rispettivamente dalla Turchia e da Haftar e i suoi sponsor emiratini in una partita per l’egemonia regionale che ha nella Libia soltanto uno dei suoi capitoli più recenti. In un dossier così complesso come quello libico, un futuro cambiamento della fisionomia dello schieramento tripolino potrebbe essere influenzato anche da questi fattori.

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