Le dimissioni di Bathily nutrono l’instabilità in Libia
Il 17 aprile è giunta la notizia delle dimissioni da parte del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Libia, Abdoulaye Bathily. In attesa di una nuova nomina, la statunitense Stephanie Koury, vice del diplomatico senegalese, dovrebbe insediarsi temporaneamente alla guida di UNSMIL. Bathily era stato nominato nel settembre 2022, dopo le improvvise dimissioni del suo predecessore, lo slovacco Jan Kubis, nel novembre dell’anno prima.
Dopo lunghi mesi di stallo a livello politico e conflittualità latente sul piano di sicurezza, Bathily ha lamentato la riottosità e la ricerca di interessi particolaristici da parte dei diversi attori istituzionali libici, che, di fatto, hanno impedito qualsiasi avanzamento verso una transizione politica ordinata del Paese che potesse, infine, culminare nell’organizzazione di un concreto ciclo elettorale. Ciò nonostante i ripetuti tentativi di Bathily nel promuovere un tavolo negoziale ristretto tra i principali attori coinvolti per sbloccare l’impasse libica. Di fatto, i 18 mesi di mandato del diplomatico senegalese non hanno fatto registrare sviluppi significativi.
La relativa “calma” registrata nell’ultimo quadriennio nel Paese nordafricano non ha impedito agli attori locali di perseguire una propria agenda personalistica, che ha favorito l’insorgere periodico di tensioni politiche, ma anche scontri militari tra la miriade di gruppi armati operativi nelle principali città libiche. A favorire questo status quo, seppur sui generis, hanno contribuito tutte le fazioni in lotta – anche al loro interno – nell’Est e nell’Ovest del Paese. Al centro delle accuse di Bathily vi sono stati i numerosi e profondi contrasti tra il Governo di Unità Nazionale (GNU) – forza riconosciuta legittima dalle Nazioni Unite – e il Governo di Stabilità Nazionale (GNS), affiancato nell’esercizio del potere dalla Camera dei Rappresentanti di Tobruk-Bengasi, quest’ultima guidata da Aguila Saleh.
A questo stato dell’arte vanno aggiunte le tensioni a livello di leadership tra il Premier del GNU, Abdul Hamid Dbeibah, e i rappresentanti delle due principali istituzioni nazionali che lo affiancano, Mohamed al-Menfi, a capo del Consiglio Presidenziale, e Mohamed Takala, Presidente dell’Alto Consiglio di Stato. Non meno rilevanti si sono mostrati i contrasti tra Dbeibah e, rispettivamente, Osama Hammad, nominato nel maggio 2023 Primo Ministro dal GNS al posto di Fathi Bashagha, e e, al-Siddiq al-Kabir, Governatore della Banca Centrale Libica, che lo ha accusato di cattiva gestione nell’utilizzo delle risorse nazionali. A ciò, non va tralasciato il ruolo capillare e centrale acquisito dal Feldmaresciallo Khalifa Haftar, impegnato da tempo, anche con l’aiuto degli attori esterni operanti in loco (in primis, Russia ed Emirati Arabi Uniti), ad espandere influenza e potere non solo in Cirenaica e Fezzan, ma anche alla Tripolitania sotto il controllo del GNU. Infine, seppur meno appariscente ma molto rilevante per l’esercizio del potere politico, vi è la complicata partita per il controllo dei proventi della National Oil Company (NOC, l’ente nazionale del petrolio), che vede coinvolti Ibrahim Dbeibah, parente del Premier del GNU, e Saddam Haftar, uno dei figli del cosiddetto uomo forte della Cirenaica.
In questo complesso, seppur semplificato, quadro operativo si nasconde, ancora una volta, una difficile partita a scacchi, nella quale ogni attore libico ha mostrato interesse nel perseguire azioni volte ad influenzare dinamiche e, possibilmente, a controllare (anche indirettamente) i centri nevralgici del potere politico, finanziario ed energetico del Paese. Emerge, dunque, l’ennesimo fallimento diplomatico nel promuovere un reale processo di transizione politica in Libia, che risulta essere fortemente disincentivato e delegittimato dalle stesse parti in gioco. Queste, infatti, si sono mostrate nel complesso propense a conservare le proprie fette di potere acquisito.
In questa prospettiva, quindi, sembrerebbe incistarsi un particolarismo degli attori locali fortemente sostenuto dai player esterni interessati ad una cristallizzazione della crisi libica. Pertanto, il Paese rimarrà ancora diviso nel breve e medio periodo, in quanto non si intravedono all’orizzonte opportunità per un nuovo e risolutivo inserimento diplomatico delle Nazioni Unite.