La “vera promessa”: Israele-Iran all’indomani dell’attacco di Teheran
Il giorno dopo la rappresaglia annunciata da parte dell’Iran nei confronti di Israele, rimangono aperte una serie di considerazioni e valutazioni di più ampio respiro che in qualche modo potrebbero suggerire una certa evoluzione dello scenario militare e politico regionale, quantomeno, nel breve periodo.
La rappresaglia da parte di Teheran contro il territorio israeliano è stata decisa in risposta allo strike aereo effettuato il 1º aprile dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’Ambasciata iraniana a Damasco, che ha ucciso 11 persone tra cui Mohammed Reza Zahedi, un alto ufficiale dei Pasdaran in Siria e uomo di collegamento tra le milizie iraniane ivi operanti e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Dalla prospettiva iraniana, l’attacco di Israele contro la sede diplomatica viola la “linea rossa” posta dai vertici politici e militari dell’Iran secondo cui un coinvolgimento diretto nel conflitto regionale è giustificabile solo in risposta a un’aggressione diretta contro il territorio nazionale, di cui l’Ambasciata è di fatto parte. Di conseguenza, dopo l’azione delle IDF, la Guida Suprema e le IRGC hanno dovuto affrontare la pressione dei settori ultraconservatori usciti rafforzati dalle recenti elezioni parlamentari, i quali chiedevano una risposta immediata e muscolare, come quella appunto dello scorso 14 aprile.