Geopolitical Weekly n. 286
Corea del Nord
Fra il 25 e il 28 marzo scorso, Kim Jong Un si è recato in gran segreto a Pechino per un incontro informale con il Presidente cinese Xi Jinping. Si è trattato della prima volta dal 2011 che il leader della Corea del Nord ha organizzato una vista all’estero, nonché la prima volta in cui ha avuto modo di incontrare direttamente un altro capo di stato.
Il tema principale dell’incontro è stato la denuclearizzazione della penisola coreana. Kim ha ribadito la propria disponibilità a rinunciare alla deterrenza atomica in cambio di una serie di rassicurazioni da parte della Comunità Internazionale, tra cui l’abbandono della penisola da parte delle truppe statunitensi. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno commentato l’incontro positivamente, rimarcando come il duro approccio delle sanzioni abbia dato i suoi frutti. Il Presidente Trump ha tuttavia ribadito come le sanzioni siano destinate a restare fino a quando non si arriverà ad un accordo definitivo fra le parti in causa.
La sorprendente visita di Kim in Cina è l’ultimo di una serie di segnali di apertura da parte della Corea del Nord, e anticipa l’imminente incontro con il Presidente sudcoreano Moon Jae-in previsto per il prossimo 27 aprile ma anche, e soprattutto, l’incontro con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto per maggio. Proprio in vista di questi incontri storici, che potrebbero segnare un punto di svolta nella relazione fra le due Coree, ma anche nella relazione fra Pyongyang e gli Stati Uniti, Kim Jong Un ha scelto la Cina come tappa per il suo primo viaggio all’estero. I due paesi sono legati da un’alleanza che risale alla Guerra di Corea. Inoltre, la Cina è sempre stata l’unico fornitore stabile di energia e aiuti umanitari per la Corea del Nord. Nonostante questo, i rapporti fra i due Stati si erano recentemente deteriorati: l’applicazione di rigide sanzioni economiche da un lato e l’aggressività dei test missilistici di Pyongyang dall’altro hanno messo a dura prova la tenuta del dialogo.
La vista dei giorni scorsi, dunque, sembra testimoniare una nuova convergenza tra Pyongyang e Pechino in vista dell’avvio dell’apparente processo di normalizzazione dei rapporti tra Corea del Nord e Comunità Internazionale. Tuttavia, solo la gestione dei dialoghi dei prossimi mesi potranno lasciar trasparire se il leader nordcoreano si sia recato a Pechino per concordare le norme di linguaggio da utilizzare con Moon e Trump o se l’incontro bilaterale sia stato il tentativo di Kim di ribadire l’importanza del proprio ruolo per gli equilibri nella regione.
Russia
A partire dal 26 marzo, alcuni Paesi membri dell’Unione Europea e della NATO hanno disposto l’espulsione di personale diplomatico russo come forma di solidarietà nei confronti del governo britannico in seguito all’avvelenamento dell’ex doppio agente del GRU (servizio militare russo) Sergei Skripal, avvenuto lo scorso 4 marzo a Londra. Al 28 di marzo, sono quasi 140 i diplomatici del Cremlino espulsi da oltre 26 Paesi, insieme con altri 7 espulsi dal quartier general della NATO a Bruxelles. Il Regno Unito aveva deciso, per primo, di espellere 23 diplomatici russi lo scorso 17 marzo. Infatti, secondo Downing Street, l’avvelenamento di Skripal, avvenuto tramite un agente nervino di tipo “Novichok”, sarebbe stato ordinato espressamente da Mosca e rappresenta un attacco diretto alla sicurezza nazionale. Si tratta della maggiore espulsione di personale diplomatico russo dai tempi della Guerra Fredda.
Il maggior numero di espulsioni è avvenuto negli USA, dove 60 diplomatici sono stati fatti rimpatriare ed è stata ordinata la chiusura del consolato di Seattle. Nell’Unione Europea, quasi tutti i Paesi si sono schierati a fianco della Gran Bretagna, espellendo da 1 a 4 diplomatici, eccezion fatta per Austria e Portogallo, che hanno preferito non espellere nessuno e mantenere aperto un canale di dialogo. Anche l’Ucraina, che nei confronti della Russia è estremamente ostile per via delle questioni di Crimea e Donbas, ha espulso 13 persone.
Da par suo, la Russia ha respinto categoricamente tutte le accuse su un suo eventuale coinvolgimento, sottolineando la mancata esposizione delle prove e definendo le reazioni dei Paesi UE e NATO come il tentativo di screditare l’immagine internazionale del Paese al fine di isolarlo. Tuttavia, non è la prima volta che il Cremlino viene accusato di eliminare, all’estero, personalità invise all’apparato di potere. In questo senso, occorre ricordare i casi Litvinenko e Berezovsky. Gli avvenimenti di Londra e la crisi diplomatica anglo-russa rischia di peggiorare ulteriormente i rapporti tra Russia e Paesi occidentali, decisamente a ribasso dopo la crisi ucraina e la guerra in Siria a causa delle visioni divergenti sulle rispettive soluzioni politiche.
Spagna
Lo scorso 25 marzo, l’ex-Presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, è stato arrestato in Germania. Puigdemont si era precedentemente recato a Helsinki per tenere una conferenza e da lì sarebbe ripartito in macchina alla volta di Bruxelles, dove vive in un esilio auto-imposto dal novembre dello scorso anno. Oltrepassato il confine fra Danimarca e Germania, sarebbe stato bloccato dalle autorità tedesche e messo subito in stato di fermo. Su di lui era infatti stato riattivato da poco un mandato di arresto europeo, sospeso dalla Spagna lo scorso dicembre.
Puigdemont si trova attualmente in carcere, con l’accusa di ribellione, sedizione e uso improprio di fondi pubblici. La Germania ha ora 60 giorni di tempo per decidere se procedere o meno con l’estradizione ma, perché ciò avvenga, è necessario che le accuse di Madrid trovino un corrispettivo nella legge tedesca. I capi d’accusa più gravi di cui è imputato Puidgemont, ribellione e sedizione, non sono tuttavia esplicitamente previsti dall’ordinamento tedesco. Toccherà alla magistratura esprimersi a riguardo. Tuttavia, la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite potrebbe intervenire a breve per svolgere un ruolo di mediazione: dopo aver accolto il ricorso di un altro politico catalano, Jordi Sanchez, lo scorso 27 marzo ha accolto anche quello dell’ex Presidente Puigdemont, a due giorni dal suo arresto in Germania.
In seguito all’arresto, la reazione in Catalogna è stata dura. In tutta la regione sono scoppiate proteste di piazza e scontri con le forze di polizia, che hanno portato a più di 80 feriti. Escludendo l’ipotesi di un gesto frutto dell’ingenuità del leader catalano, l’arresto di Puidgemont potrebbe rientrare all’interno di un disegno volto a riaccendere la fiamma indipendentista, proprio in un momento in cui la causa catalana sembrerebbe attraversare una momento di crisi. Attualmente, l’amministrazione della Comunità Autonoma è ancora affidata a Madrid, sulla base all’art. 155 della Costituzione, dal momento che il Parlamento locale non è stato ancora capace di esprimere una leadership. Jordi Turull, ex-braccio destro di Puigdemont, è infatti solo l’ultimo dei candidati alla Presidenza ad essere uscito sconfitto dalle votazioni interne all’Assemblea catalana.