CeSI update: In Iraq, l’apparato securitario continua a vacillare
Mercoledì 26 maggio le Forze di Sicurezza Irachene (ISF) hanno arrestato Qasim Musleh, comandante del gruppo paramilitare filo-sciita Hashd al-Shaabi, che opera nella provincia di Anbar con il sostegno dell’Iran. Musleh sarebbe stato sequestrato con l’accusa di terrorismo, legata all’uccisione di un importante attivista lo scorso 9 maggio a Karbala, città simbolo dell’Islam sciita in Iraq, ma soprattutto al suo ruolo di spicco durante l’ondata di proteste anti-governative scoppiate nel Paese nell’ottobre 2019. Difatti, tale mandato di arresto rientra nel piano di potenziamento del sistema di sicurezza nazionale che il governo di Baghdad ha cominciato a promuovere proprio a seguito delle manifestazioni del 2019, rinforzatosi ulteriormente dopo la nomina di Mustafa al-Khadimi a Primo Ministro, che ha fatto della sicurezza il caposaldo della sua agenda politica. In realtà, nonostante l’arresto di Musleh costituisca un duro colpo per le fazioni armate legate a Teheran, lo Stato centrale iracheno è ancora lontano dal consolidare il proprio apparato securitario e stabilizzare il Paese.
Il piano di al-Khadimi per irrobustire il sistema di Difesa e sicurezza iracheno si basa su un processo di riorganizzazione interna ai servizi segreti e alle forze di intelligence nazionali, a cui si aggiunge un maggiore dispiegamento di ISF per ampliare i controlli lungo i valichi di frontiera. Un progetto, questo, che mira all’eliminazione delle forze residuali dello Stato Islamico e al-Qaeda, ancora ben radicate sul territorio nazionale, ma soprattutto al contenimento degli attori non statuali che operano in autonomia nel Paese, tra cui rientrano anche le milizie sciite filo-iraniane. Difatti, il Premier vorrebbe servirsi del rafforzamento dell’apparato di sicurezza per cercare di recuperare la sovranità effettiva del governo centrale di Baghdad su tutto il territorio iracheno, così da consolidare il ruolo delle istituzioni nazionali e garantirne l’indipendenza, tanto da attori interni quanto da potenze esterne (soprattutto USA e Iran).
Tuttavia, il clima di tensione emerso all’interno del Paese dopo l’arresto di Musleh dimostra come le intenzioni di al-Khadimi siano di difficile concretizzazione. Subito dopo la cattura del comandante, nuove proteste popolari sono scoppiate a Karbala, portando le fazioni armate ad esercitare forte pressione su Baghdad affinché questi proceda con il suo rilascio, minacciando una possibile escalation di violenze. Infatti, le milizie di Hashd al-Shaabi hanno immediatamente ampliato il contingente militare intorno alla cosiddetta Zona Verde della capitale, luogo dove risiedono la maggior parte dei quartieri generali del governo e delle missioni diplomatiche, costringendo le autorità irachene a blindare la zona. In aggiunta, gli stessi leader delle fazioni armate hanno accusato al-Kadhimi di utilizzare strategicamente la cattura di esponenti di forze parallele non statuali per fomentare la sedizione tra i manifestanti e i gruppi sostenuti dall’Iran e rinviare le elezioni previste per ottobre. Tutti elementi che obbligano il Primo Ministro a dover trovare compromessi con la controparte, a dimostrazione della fragilità del suo ruolo e di come, nonostante gli sforzi, il suo governo non riesca a svincolarsi dall’influenza di forze parallele.
La debolezza intrinseca del governo centrale rende ancora più difficile il disegno di al-Khadimi di limitare l’influenza di attori internazionali sul suolo iracheno. Anche se il colpo è stato applaudito dalle principali potenze arabe e dagli Stati Uniti, i successivi rischi di insurrezioni mettono in luce l’impossibilità del Premier di svincolarsi dall’aiuto militare statunitense, che al momento si limita a fornire addestramento ed equipaggiamento all’ISF ma riconoscendo di non poter ancora lasciare le forze militari irachene ad occuparsi da sole della sicurezza del Paese. Al contempo, l’incapacità del Primo Ministro di imporre la propria postura nelle dinamiche governative gioca a favore dell’Iran, che si serve strategicamente dei suoi proxy per aumentare la pressione nei confronti degli Stati Uniti, ma anche per influenzare, con successo, le dinamiche domestiche irachene.
Di conseguenza, la cattura di Qasim Musleh, insieme a quella di altre figure “pericolose” per l’assetto nazionale iracheno perseguite da inizio anno, costituisce un tentativo di Baghdad di stabilizzare la situazione securitaria del Paese, ma senza successo. La forte reazione di condanna a livello popolare, combinata alla necessità di trovare soluzioni di compromesso con le forze parallele armate spalmate nel Paese e all’incapacità di dissociarsi da influenze esterne, mettono in evidenza la fragilità dell’esecutivo di al-Khadimi e i gravi problemi strutturali del contesto iracheno, che si appresta alle elezioni legislative di ottobre in un clima di forte instabilità.