Caccia di 6° generazione: una sfida politica e tecnologica in seno all'Europa
Lo studio, lo sviluppo e la produzione di una nuova generazione di aerei da caccia non segna soltanto un significativo progresso sul piano tecnologico, ma costituisce un evento in grado di ridefinire la geografia industriale del settore aerospaziale, con importanti riverberi in ambito strategico, militare e politico. Circoscrivendo il campo di indagine al solo contesto europeo, si osserva come la 4° generazione di caccia abbia confermato l’importanza fondamentale della cooperazione tra le diverse realtà industriali nazionali, a fronte di requisiti tecnologici sempre più sofisticati, con particolare riferimento all’evoluzione della sensoristica e dell’avionica. Emblematico, in tal senso, è il caso del consorzio Eurofighter, che ha unito quattro grandi Paesi (Germania, Spagna, Regno Unito e Italia) all’interno di un unico progetto. Con l’ingresso nella 5° generazione, anche in luce di tempistiche e requisiti diversi da parte delle Forze Armate dei singoli Paesi, il colosso americano Lockheed Martin si è inserito con preponderanza all’interno delle dinamiche industriali europee, ridefinendo il framework di cooperazione industriale a favore di un modello più centralistico, che relegava di fatto gli Stati aderenti al programma F-35 al ruolo di sub-contractor, produttore su licenza o direct-buyer. Negli ultimi anni, tale sostanziale dipendenza dalla tecnologia americana è a più riprese problematizzata da diversi governi europei, desiderosi di accelerare la costruzione di un’industria della difesa europea integrata, che sia in grado non solo di soddisfare i requisiti strategici interni all’Unione, ma anche di competere sul piano internazionale con i corrispettivi americani. Francia e Germania, in particolare, si sono fatti principali portavoce di questa istanza. La 6° generazione di caccia, che dovrà segnare uno scarto significativo rispetto all’attuale benchmark tecnologico, costituito dall’F-35 Lightening II, ha offerto una preziosa occasione in tal senso. Nonostante fosse ipotizzabile che il consorzio Eurofighter (eventualmente con un ingresso della Francia, per quanto problematico) potesse fisiologicamente costituire la piattaforma industriale di base per lo sviluppo del nuovo velivolo, l’emergere di sensibilità politiche particolari e di interessi nazionali divergenti ha contribuito ad alterare la precedente configurazione della cooperazione europea nel settore aerospaziale.