Le nuove offensive turche contro il PKK minano la stabilità dell’Iraq
Domenica 6 giugno, il Presidente turco Recep Tayyip ErdoÄŸan ha affermato che la Turchia ha sferrato un attacco aereo sul campo profughi iracheno di Makhmour, riuscendo a “neutralizzare” Selman Bozkir, un alto funzionario del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nonché tra le principali figure all’interno del campo. Solo una settimana prima, lo stesso ErdoÄŸan aveva palesato le sue intenzioni nel prendere di mira Makhmour, poiché visto come “centro di incubazione” di tanti militanti del PKK, organizzazione ritenuta terroristica da Ankara e con la quale quest’ultima porta avanti un conflitto ultra-decennale, che fino ad ora ha comportato la morte di oltre 40.000 persone. Se la Turchia non è dunque nuova ad offensive lungo i confini settentrionali iracheni, roccaforte del PKK, la decisione di attaccare per la prima volta il campo, localizzato a sud a 180 chilometri dal confine turco, mette in luce l’intenzione di Ankara di spingere i propri interventi contro l’organizzazione sempre più all’interno dell’Iraq, creando un ulteriore fattore di instabilità al già precario apparato di sicurezza del Paese.
Vista la presenza del PKK nel Kurdistan iracheno, la Turchia, che detiene diverse basi militari nella regione (di cui una a Bashiga, a nord di Mosul, e a Metina, vicino al confine turco, e diversi outpost minori lungo tutto il confine turco-iracheno per monitorare l’attività del PKK), nel corso degli ultimi mesi ha intrapreso con una certa insistenza incursioni ed offensive dirette nelle zone transfrontaliere, schierando spesso droni contro i combattenti nelle loro roccaforti di montagna ma limitando gli attacchi fino a 30 chilometri dal confine. Di conseguenza, la scelta turca di spingersi oltre il limite rispettato fino ad ora potrebbe essere dovuta al rischio che le milizie sciite filo-iraniane, presenti in Iraq, possano cercare una qualche forma di cooperazione con il PKK in chiave anti-turca. Infatti, dopo che lo scorso febbraio Ankara ha lanciato l’incursione militare Claw-Tiger nel nord dell’Iraq, alcuni proxy iraniani (tra cui Harakat Hezbollah al-Nujaba) hanno minacciato la Turchia di intraprendere controffensive militari qualora avesse continuato gli attacchi contro il PKK a Ninive e Sinjar, dove anch’essi sono in parte localizzati. Visto che Ankara punta da tempo ad estendere il proprio ruolo geopolitico nell’area, il monito della controparte iraniana non può che incentivare il suo interventismo. Inoltre, l’attacco al campo di Makhmour potrebbe anche essere funzionale ad ErdoÄŸan per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica turca dai gravi problemi economici del Paese, strategia già utilizzata in passato anche in assenza di offensive del PKK.
Al contempo, gli attacchi diretti di Ankara compromettono il sistema di sicurezza di Baghdad. Nonostante il governo centrale iracheno condivida la minaccia del PKK con la Turchia e si sia fino ad ora servito dell’interventismo turco nel contrasto al terrorismo (soprattutto nel Sinjar), altri interventi simili all’attacco di Makhmour, che quindi mirino territorialmente al cuore del Paese, possono causare ulteriori tensioni in un contesto securitario nazionale già fragile, compromesso da attori non statuali (come le stesse milizie sciite filo-iraniane) e dal sedicente Stato Islamico. Senza dimenticare che lo stesso confronto geopolitico tra Iran e Turchia per ottenere maggiore influenza sul suolo iracheno – così da guadagnare terreno nelle dinamiche regionali – può esacerbare ancor di più le frizioni esistenti tra Teheran e Baghdad, creando ulteriori driver di tensione. Tutti elementi che dovrebbero preoccupare il governo di Mustafa al-Khadimi, il quale tuttavia non ha ancora reagito alle incursioni turche, forse anche a causa del fatto che Ankara detiene ormai oltre 5.000 truppe dispiegate nell’intera regione curdo-irachena e non sembra intenzionata ad un eventuale arretramento, ostacolando i tentativi di Baghdad di far valere la propria sovranità territoriale e nazionale.
L’attacco aereo di Makhmour potrebbe dunque aprire un precedente poco rassicurante per l’Iraq, dando modo alla Turchia di allargare in profondità le proprie offensive militari contro il PKK, con ripercussioni sull’intero apparato di sicurezza nazionale. Considerazioni che potrebbero portare ad un qualche cambio di passo da parte del governo centrale di Baghdad, mettendo da parte l’atteggiamento attendista assunto fino ad ora nei confronti di ErdoÄŸan.