Global Compact on Migration: le priorità europee
Africa

Global Compact on Migration: le priorità europee

Di Chiara Orlassino
06.03.2018

A partire dal 2011, il flusso migratorio proveniente da Africa e Medio Oriente e diretto verso il Continente Europeo ha assunto proporzioni tali da trasformarsi in uno dei principali temi di dibattito dell’opinione pubblica, nonché in una delle criticità politiche maggiori per le istituzioni dell’Unione Europea e per i governi dei Paesi membri. Tale prominenza si è concretizzata anche nella centralità che le migrazioni hanno assunto per l’agenda delle Nazioni Unite.

Dal prossimo 20 febbraio fino a luglio, infatti, le migrazioni saranno al centro di una serie di negoziati intergovernativi al Palazzo di Vetro. L’obiettivo è l’adozione del Global Compact on Migration (GCM), un documento volto a creare un framework mondiale per una migrazione sicura, legale e regolamentata. Per l’Unione Europea, che ha deciso di negoziare come blocco unico, quello per il GCM si prospetta un negoziato estremamente complesso: multilaterale, su un argomento molto delicato e a competenza mista (vale a dire su una materia in cui Bruxelles e gli Stati Membri condividono il potere decisionale). Ne consegue che l’esito non si limiterà a influenzare le politiche migratorie europee e mondiali, ma contribuirà anche a testare le capacità dell’Europa come attore internazionale.

Già nel settembre 2016, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva adottato la “Dichiarazione di New York”, un documento volto a salvaguardare la sicurezza, la dignità, e i diritti fondamentali dei migranti e dei rifugiati. La Dichiarazione aveva rappresentato un forte segnale di impegno politico sul tema delle migrazioni, trasformandolo da emergenza umanitaria a parte integrante dell’agenda politica, da affrontare in modo sistematico. A seguire, lo scorso dicembre, i membri della Comunità Internazionale, ad eccezione degli Stati Uniti, si sono riuniti a Puerto Vallarta, in Messico, per portare a termine discussioni preparatorie in previsione dei negoziati. Infine, a questo quadro si aggiunge il report “Making Migration Work for All” di Louise Arbour, Rappresentante Speciale del Segretario Generale per le Migrazioni Internazionali, un documento influente nella stesura del testo del GCM.

Vista la funzione del report, la reazione dei singoli Paesi ad esso fornisce un indizio importante per prevedere le posizioni che questi adotteranno durante i negoziati. Ad esempio, la risposta dell’UE al report permette di far luce sulle priorità europee nella negoziazione. Tale risposta si è concretizzata nel discorso dall’Ambasciatore europeo João Vale de Almeida alla 72ma Assemblea delle Nazioni Unite, dove il capo della delegazione europea a New York si è espresso favorevolmente sul report nel suo complesso, elencandone al contempo le criticità.

L’Europa ha un approccio complesso al GCM. Da una parte, la posizione europea promuove un’ottica positiva sulla migrazione, l’attenzione ai diritti umani, e l’inclusione di una prospettiva di genere, che affronti il tema dell’empowerment femminile e riconosca la maggiore vulnerabilità delle donne migranti. Su questo fronte, il report ha ricevuto il plauso dell’Unione, poiché riflette la narrativa europea che riconosce la migrazione come caratteristica naturale del genere umano, dunque esente da qualsiasi demonizzazione aprioristica e immotivata. Tuttavia, il report è anche motivo di preoccupazione per Bruxelles, in ragione della mancanza di alcuni argomenti chiave nel discorso sulla migrazione. Ad esempio, il report trascurerebbe l’imperativo della sicurezza nazionale, che garantisce a ciascun Paese il diritto di decidere chi ammettere o espellere dal proprio territorio. Il testo, infatti, non menziona espressamente l’obbligo da parte dei Paesi di origine di collaborare con i Paesi di destinazione sui rimpatri. Inoltre, il documento si focalizzerebbe eccessivamente sugli strumenti legali di soluzione alla migrazione irregolare, senza dare il dovuto peso alle sue cause profonde di origine. A questo proposito, infine, l’Europa auspica una maggiore enfasi sull’impatto positivo che i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo hanno avuto sulle comunità dei Paesi di origine dove sono stati stanziati.

Da questo quadro emerge un’Unione Europea pronta a cogliere le opportunità offerte dai canali di migrazione legali, come mostrano le recenti Direttive sui ricongiungimenti familiari e le iniziative come il Blue Card Scheme per migranti altamente qualificati. Al contempo, il discorso del capo delegazione mostra anche un’Europa determinata a ottenere un GCM bilanciato, che preveda una chiara condivisione delle responsabilità della migrazione tra Paesi di origine e destinazione. Altrimenti, il rischio è quello di incoraggiare la formazione di blocchi antagonistici Nord/Sud, che impedirebbero il raggiungimento di un accordo autenticamente globale.

I negoziati per il GCM si prospettano complessi e, in una certa misura, conflittuali. L’Unione Europea è stata bersaglio di aspre critiche su diversi fronti, dall’accusa di incoraggiare la xenofobia a quella di promuovere politiche migratorie esclusive che avrebbero trasformato Bruxelles in una “fortezza”. Queste critiche denunciano, rispettivamente, la retorica nazionalista di alcuni partiti europei e i limiti delle vie legali per immigrare in Europa. I leader di movimenti come la tedesca AfD (Alternativa per la Germania), il francese Fronte Nazionale e l’italiana Lega Nord non fanno mistero della propria opposizione a politiche migratorie più aperte, dipingendo spesso il fenomeno migratorio in luce negativa. Sempre secondo i detrattori dell’approccio europeo, la legislazione e le principali iniziative vigenti (come il Blue Card Scheme sopra menzionato) prediligerebbero i lavoratori qualificati a scapito dei migranti con minori competenze. È prevedibile che tali questioni saranno sollevate in sede di negoziato, dove l’Unione dovrà difendere la propria posizione.

A queste difficoltà esterne si aggiunge un’ulteriore sfida interna: ogni mossa europea deve passare al vaglio dei suoi 28 Stati membri, che devono approvarla all’unanimità. Ciò può diventare problematico quando, come nel caso dell’immigrazione, l’Unione Europea si presenta divisa. Infatti, se da una parte gli Stati dell’Europa meridionale come l’Italia e la Grecia sperano in un tanto atteso sollievo dall’enorme pressione che il massiccio arrivo di migranti esercita sulle loro capacità di accoglienza, non è chiaro se Stati del Nord come la Danimarca saranno disposti ad assumersi oneri più gravosi di quelli attuali. Inoltre il Regno Unito, prossimo alla Brexit, potrebbe adottare sin dall’inizio dei negoziati un’ottica da attore indipendente, dando la priorità ai propri interessi nazionali e restringendo così la base d’accordo per una posizione comune. È però l’Ungheria a minare maggiormente la coesione del blocco europeo: dopo la pubblicazione del report “Making Migration Work for All”, Budapest ha minacciato di abbandonare il tavolo dei negoziati qualora la prima bozza del GCM non fosse stata radicalmente diversa dal documento della Arbour. Per ora, la cosiddetta zero draft sembra un punto di partenza in grado di soddisfare tutti gli Stati membri, ma è innegabile che la prospettiva della defezione ungherese ha un impatto tangibile sull’approccio europeo al GCM, gettando un’ombra di precarietà sulla figura dell’Europa e sul suo operato. L’Europa si trova quindi di fronte a un doppio negoziato: uno interno e uno esterno al Continente.

Paradossalmente, però, proprio le divergenze esterne potrebbero rivelarsi utili per rafforzare la posizione europea. Le recenti evoluzioni dei flussi migratori, infatti, hanno trasformato Paesi tradizionalmente di origine in mete di transito e/o destinazione. Così, blocchi generalmente uniformi come ad esempio il continente africano si sono frammentati, sviluppando interessi diversi, alcuni in linea con quelli europei. Il Niger rappresenta un esempio emblematico di questa evoluzione: anche in virtù del suo confine con la Libia, questo Stato del Sahel è uno dei maggiori Paesi di transito per la rotta africana centrale e occidentale. Stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, nel maggio 2016 più di 60000 persone sono passare per la regione di Agadez. Queste caratteristiche hanno reso il Niger un alleato prezioso dell’Europea, che gli ha destinato buona parte dei fondi stanziati per l’Emergency Trust Fund for Africa per la lotta alla migrazione irregolare. Come risultato, da maggio a metà novembre 2017 hanno avuto luogo più di 3600 rimpatri volontari dal Niger. Attualmente, il Niger intrattiene una cooperazione estesa con l’Unione Europea, ed è probabile che questo rapporto si traduca in un appoggio solidale durante i negoziati.

La somma di questi fattori rende lo sviluppo dei negoziati sul GCM più imprevedibile, ma non per questo meno promettente. Nel Global Compact c’è tanto in gioco per l’UE: il suo equilibrio interno, le sue coalizioni esterne, e, non da ultimo, il suo ruolo come attore internazionale indipendente. Per questa ragione, i negoziati rappresentano sicuramente una grande sfida da affrontare con cautela, ma anche un potenziale punto di svolta di cui cogliere le opportunità.

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