La guerra degli sciami
Difesa e Sicurezza

La guerra degli sciami

Di Francesco Guastamacchia
28.05.2017

All’inizio di quest’anno, il Pentagono per mezzo del capo dello Strategic Capability Office (SCO), William Roper, ha fatto sapere di aver completato con successo il 16 ottobre 2016 una serie di test con uno sciame di droni. Lo sciame, composto di 103 droni, è stato rilasciato a mezz’aria da tre velivoli F/A-18 Super Hornet. I droni hanno completato quattro missioni assegnate da un operatore remoto, manovrando insieme via un algoritmo di intelligenza artificiale (AI). Hanno dimostrato di poter riorganizzarsi per seguire determinati pattern e completare la missione anche quando una o più unità erano fuori uso. Il risultato è un gruppo di macchine (inter)connesse che hanno facoltà di comunicare, coordinarsi, imparare e adattarsi per raggiungere uno specifico obiettivo. Soprannominati Perdix, probabilmente per la similitudine mitologica con il nipote di Dedalo, i droni furono originariamente progettati da studenti di ingegneria del Massachusetts Institute of Technology (MIT), prima di essere modificati per uso militare. Sono leggeri ed economici, progettati per essere usati in grandi sciami in contrapposizione a quelli intelligenti, costosi e pesantemente armati convenzionalmente usati dai militari USA. Il Pentagono conta di potenziare la tecnologia e arrivare a sciami di 1000 unità. L’idea di swarming non è nuova, ma questi test sembrano essere il più avanzato esempio di come questa tecnologia possa funzionare al giorno d’oggi (ci sono segnali che sembrano indicare la volontà del Dipartimento della Difesa americano di far avanzare rapidamente questa nuova tecnologia dalla fase dimostrativa al campo di battaglia). Secondo la definizione di Wang e Beni, la swarm intelligence può essere definita come: “il comportamento collettivo di unità (non sofisticate) che interagiscono localmente con l’ambiente che produce pattern funzionali globali nel sistema”. Le caratteristiche degli sciami robotici sono principalmente tre e sono valide per tutti i tipi di sciami:

  • Le unità dispongono di capacità limitate rispetto al sistema;
  • Lo stato globale del sistema è sconosciuto alle singole macchine;
  • Non esiste un ente coordinatore locale (l’ape regina non coordina le api operaie sul campo).

Nel 2013 è stato coniato il termine networked swarming warfare per indicare un modo innovativo di combattere, che combina azioni militari ad ampio raggio, velocità, flessibilità e letalità grazie alle nuove tecnologie che consentono alle unità di formare un network senziente. Questa modalità unisce le capacità di un combattimento corpo a corpo altamente decentralizzato con mobilità di manovra, organizzazione e coesione, consentendo ad un numero elevato di unità di combattere collettivamente. Lo swarming ha requisiti diversi rispetto alle classiche manovre militari, poiché il numero di unità che combattono e si muovono sul campo è significativamente più grande e complesso da gestire. I vantaggi del combattimento con uno sciame sono molteplici. Innanzitutto, la capacità di comando e controllo decentralizzato permettono ad un solo operatore di assegnare compiti da una postazione remota. Le unità sono poi semi-autonome ed è sufficiente assegnargli ordini-missione che l’AI gestirà sul campo. L’area delle operazioni può essere divisa in settori e sotto-settori, permettendo la creazione di sotto-compiti da parte dell’AI da far completare a gruppi di unità (chiamati per convenzione squadre). Inoltre, questa tecnologia è economicamente conveniente e potenzialmente scalabile all’infinito. Tuttavia, lo swarming presenta dei limiti operativi e dei vincoli che non vanno sottovalutati. Essendo una tecnologia non ancora matura, non si conosce il potenziale di apprendimento degli sciami e si teme essi possano sfuggire al controllo umano selezionando in maniera “intelligente” i propri obiettivi pur seguendo semplici regole. Un ulteriore punto debole da non sottovalutare è la possibilità che i droni vengano hackerati per risalire alla fonte di comando o che vengano riprogrammati per attaccare le forze amiche. L’applicabilità in ambito militare degli sciami è molto discussa, ma ha sicuramente il potenziale di ricoprire tre tipi di ruolo: offensivo, difensivo e di supporto. Il ruolo offensivo è forse il più ovvio, poiché la potenza di fuoco e la massa elevata di unità possono sopraffare le difese nemiche con un alto numero di obiettivi potenziali che i sistemi di difesa non riescono a gestire. La dispersione dei droni rende difficile e costoso al nemico difendersi. Gli sciami possono essere usati anche in modalità difensiva, specialmente per combattere altri sciami o per offuscare i radar nemici creando un disturbo efficace per consentire manovre elusive alle forze amiche. Infine, l’attività di supporto può essere tipicamente rappresentata come attività di raccolta di informazioni, sorveglianza e ricognizione (c.d. ISR). Nel mondo, sono allo studio perlopiù soluzioni offensive, ma sono stati condotti anche test sulle capacità difensive degli sciami. Per quanto riguarda invece l’attività di supporto si hanno già notizie di utilizzo sul campo. Negli Stati Uniti, oltre al test di cui si è discusso all’inizio di questa analisi, sono allo studio prototipi di sciami aerei e navali. Il programma navale al momento conosciuto è denominato Control Architecture for Robotic Agent Command and Sensing (CARACaS), di cui si ipotizza l’utilizzo per la messa in sicurezza dei porti. La US Navy ha inoltre condotto test per verificare l’efficacia delle difese contro sciami aerei. I risultati evidenziano l’insufficienza delle soluzioni difensive tradizionali e sono quindi allo studio sciami difensivi da rilasciare rapidamente per contrastare gli sciami nemici. Una prima soluzione allo studio è denominata Low-Cost UAV Swarming Technology (LOCUST) e prevede il dispiegamento in rapida successione di droni contenuti in tubi da una sorta di “lanciamissili”. La Russia ha testato con successo uno sciame di piccoli droni (non vi sono specifiche sui modelli utilizzati) per attività di supporto sia sul suolo nazionale sia in missioni all’estero. Il Ministero della Difesa russo ha ufficialmente affermato che lo scopo primario per cui gli sciami verranno utilizzati sarà la ISR. I russi hanno dimostrato il potenziale di droni a basso costo e l’emergere di nuove tecniche, tattiche e procedure. È in fase di sviluppo anche una tecnologia difensiva contro sciami di droni, soprannominata Repellent, basata su impulsi elettromagnetici per sopprimere le comunicazioni e gli strumenti di navigazione e telemetria delle unità. È composta da un camion a tre assi con una sala di controllo mobile e un albero telescopico che ospita tecnologie ELINT, di jamming e una telecamera a 360 gradi. Dovrebbe individuare e neutralizzare droni fino a 35 chilometri di distanza. In Cina sono in corso di test sciami di UAV ad ala fissa e multicotteri. Tuttavia, fino a pochi mesi fa non si aveva notizia di alcuno sviluppo da parte del governo cinese di questo tipo di tecnologia. Da quanto mostrato al 11° China International Aviation & Aerospace Exhibition, la Cina ha segretamente sviluppato una capacità significativa nella produzione di droni high-tech, inclusi sciami che possono essere rilasciati da un singolo velivolo. In Italia dal 2012 alcune aziende lavorano su sistemi per la gestione di sciami, quindi di algoritmi e software per sviluppare la capacità di apprendimento e ottimizzazione dei comportamenti degli sciami. Inoltre, l’Enea ha avviato lo sviluppo di Venus Swarm, sciami sottomarini per il monitoraggio ambientale, sorveglianza e sicurezza, soccorso in mare, applicazioni oceanografiche e di archeologia subacquea. Non si hanno notizie sulla “prima applicazione operativa” in ambito di sicurezza o difesa prevista per il 2016, ma è probabile che presto vi saranno novità in merito. Gli sciami robotici sono di grande interesse e ormai prossimi a divenire una realtà operativa di larga diffusione, grazie anche al miglioramento degli algoritmi di AI. L’interrogativo principale è fino a che punto si potrà spingere il potenziale di queste macchine, come trasformeranno il campo di battaglia e quali limiti bisogna porre sin d’ora al loro utilizzo. La questione etico-legale è ben più controversa di quella militare, poiché le tecniche militari si adattano con facilità facendo di necessità virtù. Mentre gruppi di esperti lavorano per comprendere il potenziale dei sistemi d’arma autonomi su mandato delle Nazioni Unite, i Paesi leader nella ricerca in questo settore porteranno questa tecnologia sul campo di battaglia probabilmente già entro due anni.

Articoli simili