Il coinvolgimento delle reti terroristiche nella gestione dei traffici illeciti nella regione del Sahel
Africa

Il coinvolgimento delle reti terroristiche nella gestione dei traffici illeciti nella regione del Sahel

Di Carolina Mazzone
05.03.2017

Lo sviluppo dei traffici illeciti che oggi caratterizzano la regione africana del Sahel costituisce un elemento essenziale per il finanziamento delle reti terroristiche dell’Africa Settentrionale e Occidentale. Per poter definire però, il legame che sussiste tra i gruppi criminali che gestiscono i traffici illegali e il terrorismo, è necessario fare alcune considerazioni riguardo alle caratteristiche del territorio e delle popolazioni che vi risiedono.
La regione del Sahel è, infatti, sempre stata un zona proficua per gli scambi commerciali, un’area dove le principali vie di comunicazione sono controllate dalle diverse tribù nomadi dei Tuareg, dei Fulani, dei Berberi ed dei Tobou. La fluidità dei flussi commerciali è stata resa possibile dalla porosità dei confini tra gli Stati, dove il controllo dei governi centrali è molto debole e dove le popolazioni di medesima etnia risiedono da entrambi i lati delle frontiere, rendendole di fatto facilmente trascurabili e contribuendo alla proliferazione di attività informali. L’economia della regione, dunque, si è sempre sviluppata attraverso delle strutture autonome rispetto a quelle statali tradizionali, che hanno permesso il commercio di beni di ogni genere a partire dalle risorse alimentari fino alle merci destinate al contrabbando. Inoltre, i legami sociali basati sulla logica e l’identità etnico-tribale hanno fatto sì che il controllo delle attività commerciali e dei traffici diventasse frequente motivo di scontro tra le diverse popolazioni della regione.
Nonostante il legame tra organizzazioni criminali e terrorismo nella regione non sia ben tracciabile (a causa della scarsità di informazioni e per la natura fortemente interconnessa tra realtà claniche e i gruppi terroristici) è possibile comunque riconoscere come il controllo delle principali vie del commercio illegale transnazionale della zona sia di grande importanza strategica per il network qaedista e per i suoi franchise regionali. Il contrabbando di merci include una copiosa serie di beni che, passando attraverso il Sahel, raggiungono altre zone del continente, dell’Europa e del Medio Oriente. Per quanto riguarda le rotte più significative per il contrabbando di droga si possono identificare molteplici percorsi che vanno dall’Africa Occidentale, attraverso il Sahel in direzione del Medio Oriente e dell’Europa. La rotta della cannabis proveniente dal Marocco, passa attraverso il nord della Mauritania per poi diramarsi in due canali separati: una parte della merce viene trasportata poi in Mali verso oriente; mentre la restante parte viene convogliata attraverso il Nord-Africa in direzione dell’Europa e dei Balcani.
Il controllo del traffico della cocaina, che proviene dall’America Latina ed entra in Sahel tramite la Guinea- Bissau, rappresenta una significativa fonte di reddito per la popolazione Tuareg del Mali, che ne gestisce il contrabbando sempre attraverso la tassazione o la scorta dei convogli nelle rotte desertiche.
Allo stesso modo il traffico di armi (particolarmente sviluppato dopo lo scoppio della guerra civile in Libia nel 2011 e lo spoglio degli arsenali accumulati dall’Esercito libico durante il regime di Gheddafi), oggi costituisce una delle principali minacce alla sicurezza regionale.
Il traffico di migranti e la tratta di esseri umani coinvolgono un ampio numero di organizzazioni criminali e di cellule terroristiche, che gestiscono il flusso proveniente dall’Africa centro-occidentale. In particolare, i migranti confluiscono in Mali e in Niger, in direzione delle coste libiche dove poi si preparano a raggiungere l’Europa. Infine anche il tabacco è oggetto del commercio illegale ed è una delle merci più controllate anche dalle reti terroristiche, i cui esordi nel mercato nero risalgono agli anni ’80.
Gli sconvolgimenti politici e sociali che hanno caratterizzato alcune zone del continente africano negli ultimi anni, sia il Nord Africa con le Primavere Arabe, sia il Sahel (specialmente il Mali con la rivolta Tuareg spalleggiata da cellule di al-Qaeda nel Maghreb Islamico nel 2011) hanno facilitato le infiltrazioni dei gruppi jihadisti nelle attività di contrabbando e nel tessuto sociale locale. Tale fenomeno è spiegabile grazie a una pragmatica e parziale convergenza di interessi tra le rivendicazioni politiche e di autonomia delle realtà claniche e l’obiettivo della diffusione ideologica jihadista da parte dei network qaedisti. Difatti, la ramificazione dei clan sul territorio del Sahel e la consistente presenza di traffici illeciti nella regione, sono stati identificati da al-Qaeda come un importanti vettori per l’espansione della propria rete ideologica e finanziaria. Sebbene la radicalizzazione jihadista aveva originariamente interessato il Nord-Africa, a partire dai primi anni del 2000, con l’azione di proselitismo dell’algerino Mokhtar Belmokhtar (attuale leader di al-Mourabitoun, le Sentinelle) e alla predicazione dell’ideologo Abdul Razzaq el-Para, alcuni clan Tuareg e Fulani si sono avvicinati alla rete di al-Qaeda. La radicalizzazione delle tribù del Sahel è passata anche attraverso la stipulazione del sodalizio matrimoniale, che ha consolidato il legame tra i miliziani del terrore e le realtà locali. Basti pensare che, attualmente, i miliziani di al- Mourabitoun provengono principalmente da realtà di tribù ed etnie non algerine, ma Tuareg, Saharawi, Ciadiane, Sudanesi e Fulani. I diversi gruppi jihadisti si sono così insediati nel tessuto sociale ed economico della regione e attualmente, ne controllano gran parte dei traffici illegali. Difatti, le rete jihadista di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI)e i suoi gruppi affiliati come al-Mourabitoun hanno creato, attraverso il sistematico utilizzo della violenza, delle zone di protezione nella regione saheliana, dove sostituiscono totalmente lo Stato nel controllo della scurezza e dell’economia ricalcando modelli di stampo mafioso.
Attraverso la tassazione del commercio illegale che si sviluppa nelle zone di protezione, le diverse organizzazioni terroristiche si sono assicurate una fonte di finanziamento piuttosto stabile. AQMI si è insediata principalmente nella rete di contrabbando di droga proveniente dall’America Latina, per cui i miliziani qaedisti, sempre attraverso una serie di imposte, ne agevolano il passaggio in diverse zone della regione e ne proteggono il trasporto. Mentre la presenza di al-Morabitoun invece, è più forte nel contrabbando di tabacco e di armi, non solo in Sahel ma anche in Nord-Africa. Inoltre Belmokhtar (noto anche come Mr. Marlboro per il suo ruolo preponderante nel traffico di tabacco), ha prediletto un’attività di maggiore coinvolgimento diretto dei suoi miliziani nella gestione dei traffici illeciti, non limitandosi alla mera attività di tassazione. Questa impostazione gli ha permesso di rafforzare il potere di al-Morabitoun a livello regionale anche tramite un sistema di networking e alleanze molto forte. Allo stesso modo, con l’inclusione del Movimento per l’Unicità del Jihad Occidentale (MUJAO) nella sua organizzazione, Belmokhtar ha infiltrato in modo sostanziale il commercio di sostanze stupefacenti, in cui il MUJAO (che operava principalmente in Mali) ricopriva un ruolo rilevante. Per indicare il frequente coinvolgimento delle cellule del terrore nel contrabbando di droga, si è utilizzato spesso il termine narco-terrorismo, che però non permette di cogliere pienamente le peculiarità e complessità del fenomeno. Infatti, non risulta sempre possibile identificare pienamente i terroristi con i trafficanti, ma anche non è sempre definibile una chiara delimitazione tra motivazione ideologica ed esigenza economica, che spinge i giovani ad arruolarsi tra le fila delle reti terroristiche. Dalle dichiarazioni più recenti provenienti dalle Nazioni Unite si evince come il valore della cocaina che transita in Africa Occidentale e in Sahel sia di circa 1 miliardo di dollari. Inoltre per quanto riguarda invece i ricavi che AQMI ottiene dalla gestione dei traffici illeciti alla luce dei pochi dati disponibili si parlerebbe di 117 milioni di dollari.
Ispirandosi ad AQMI, si è sviluppato anche il modello di finanziamento del gruppo jihadista Boko Haram, che controlla la una pozione di territorio a nord est della Nigeria. L’organizzazione terroristica nigeriana gestisce la tassazione del traffico di droga, di tabacco, sia quella di risorse energetiche (carburanti) ed ittiche provenienti dalla zona del lago Ciad. Specificatamente, Boko Haram, deve gran parte dei suoi finanziamenti al controllo di quelle vie di comunicazione che attraversano lo Stato del Borno, che diventano degli snodi essenziali per i traffici illeciti da e verso l’Africa orientale.
Sebbene il complesso degli interventi francesi in Mali e in Nord Africa (Operazioni “Serval” e “Berkhane”) sembrasse aver inflitto un colpo significativo all’’avanzata del dominio jihadista nella regione, le capacità logistico-organizzative dei diversi gruppi, comprovate dall’efficacia dei recenti attentati che hanno colpito il Sahel nel 2016, hanno messo in discussione la strategia e i mezzi adottati da Parigi. Inoltre, dopo l’azione delle truppe francesi, si è assistito a un progressivo sviluppo di vie di comunicazione alternative, che passano principalmente nei territori a sud della Libia.
In questa situazione, qualsiasi programma di contrasto ai traffici illeciti non può prescindere dal ruolo dei governi centrali. La debolezza e la profonda corruzione degli Stati della regione hanno infatti, creato terreno fertile e addirittura aree di connivenza per la proliferazione delle economie parallele controllate dalle reti del terrore. Inoltre, alcuni Paesi, come il Mali o la Nigeria, si sono dimostrati poco attenti nel provvedere ai bisogni primari dei cittadini e all’inclusione sociale delle diverse etnie (Tuareg in Mali e Kanuri in Nigeria), favorendo così la radicalizzazione di spinte autonomiste sotto l’egida dei movimenti jihadisti.

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